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Dalla crisi immobiliare alla crisi sistemica. Il bivio davanti a Xi Jinping

La bolla immobiliare si è rivelata essere un problema più grosso di quello che si pensava. E alla fine ci ha rimesso il Pil del Dragone. Ora Pechino può decidere se affidarsi al fato o aumentare la propria presenza nel mercato

Dalla crisi del mattone a un rallentamento generalizzato della seconda economia globale. La Cina della bolla immobiliare, del Pil al rallentatore e della repressione tecnologica vive settimane difficili, con i piani di crescita di Xi Jinping saltati un poco alla volta. La colpa? Sempre lui, il mercato immobiliare. China Briefing ha appena redatto un report sulla crisi del Dragone, da cui emerge il filo rosso che collega il collasso del mattone, di cui il caso Evergrande è emblema, alla frenata dell’economia.

Premessa. Il Pil cinese è cresciuto solo del 4,9% nel terzo trimestre. E “la crisi immobiliare del Paese è all’origine di questi problemi, per il semplice motivo che il mercato del mattone è diventato l’investimento dominante in Cina, anche perché non esiste una tassa sulla proprietà: ciò significa zero costi per mantenere gli appartamenti quando i prezzi aumentano. Di conseguenza, l’80% della ricchezza delle famiglie è oggi legata al settore immobiliare”, si legge nell’analisi di China Briefing.

“In Cina non sono mancati negli anni progetti per tassare la casa ma nessuno di questi poi ha davvero visto la luce. E questo nonostante la volontà di Xi Jinping, che più volte ha fatto capire di voler mettere un’imposta sulla casa. Ora, la crisi immobiliare sta diventando nel tempo non solo un’ipoteca sulla crescita cinese, ma anche un problema politico per lo stesso governo”. Perché?

“A questo punto della situazione il governo ha due strade davanti. Da una parte potrebbe lasciare che l’intero comparto immobiliare fallisca, sull’onda dei default dei vari gruppi. Questo però si tradurrebbe presto in un colpo devastante e micidiale per l’economia del Paese, facendo esplodere il debito. Dall’altra parte, Xi, potrebbe invece aumentare la presenza dello Stato e il controllo sul mattone, cercando di eliminare tutti i fattori di rischio. Questo secondo approccio al problema consentirebbe allo stesso presidente cinese di ergersi a salvatore dell’economia, magari cavandosela con qualche accusa di corruzioni verso i vertici dei gruppi oggi insolventi. Il problema è che per salvare il mercato immobiliare dal baratro servono centinaia di miliardi”.

Intanto dal fronte Evergrande continuano ad arrivare brutte notizie.  Dopo il fallimento della trattativa con Hopson Development Holdings, il titolo del gruppo è crollato di quasi l’11% alla borsa di Hong Kong. Hopson avrebbe dovuto comprare alcuni asset di Evergrande, tuttavia, il gruppo di Shenzhen, con debiti per 305 miliardi di dollari, ha ufficializzando il fallimento delle trattative con il gruppo Hopson Development sulla vendita del 50,1% della controllata Evergrande Property Services, attiva nei servizi di gestione immobiliare, al prezzo rivisto di 2,58 miliardi di dollari. Non stupisce, dunque, che Evergrande, proprio ieri, abbia avvertito che non vi è alcuna garanzia che il gruppo sarà in grado di far fronte ai propri obblighi finanziari a fronte di una situazione critica della liquidità.



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