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Inflazione, la lezione Usa che non vogliamo imparare. Parla Fitoussi

Intervista all’economista e professore emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi. Basta con il panico da inflazione, i prezzi aumentarono anche dopo la crisi finanziaria di dieci anni fa. E poi finché le retribuzioni sono al palo non c’è un vero pericolo. Mi preoccupa molto di più un’Europa solleticata dal Patto di Stabilità. La global tax? Solo un inizio, la vera svolta sarà nella sua applicazione

La global tax non sarà quella forma di giustizia sommaria e sociale da molti invocata, ma certamente è un primo atto di equità. Semmai, messa in cassaforte la prima vera tassazione degli utili delle grandi multinazionali, maturati a prescindere dal luogo della sede legale e fiscale, il vero problema è un altro: l’inflazione post-pandemica che ha messo in allarme le economie di mezzo mondo.

Un po’ la crisi energetica in Cina, un po’ il rincaro delle materie prime, un po’ il ritorno alla normalità dopo i lunghi lockdown stanno surriscaldando i prezzi, compromettendo la ripresa stessa, gonfiando le bollette e gettando intere famiglie sul lastrico. Presso le banche centrali, come ha fatto capire in modo eloquente il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, c’è apprensione: prima o poi bisognerà aumentare il costo del denaro, stringendo i cordoni della borsa. Formiche.net ne ha parlato con Jean-Paul Fitoussi, economista e professore emerito all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi e alla Luiss di Roma.

Il mondo sembra avere un grosso problema e non è il Covid. L’inflazione…

Sì, ma per favore non facciamoci prendere dal panico. Questo scenario lo abbiamo già visto all’indomani della crisi finanziaria del 2008-2009, quando aumentò il prezzo del petrolio, riducendo il potere di acquisto delle classi medie e basse. Però non bisogna considerare tutto questo come l’inferno in terra e questo nonostante oggi i lavoratori stiano perdendo quote di reddito non banali. Ma è proprio questo che mi spinge a non avere troppa paura dell’inflazione.

Scusi, i lavoratori perdono reddito, potere d’acquisto, i prezzi salgono e lei dice di non essere troppo preoccupato? 

Esatto, ma glielo spiego subito. L’inflazione non mi fa quasi mai paura, soprattutto in questo caso, dove l’aumento dei prezzi è temporaneo perché manca, per ora, la capacità da parte dei consumatori di ottenere una crescita delle loro retribuzioni. Se non crescono in modo strutturale gli stipendi, non ci sarà inflazione duratura e strutturale.

Insomma Fitoussi, dobbiamo stare tranquilli?

Per il momento non vedo inflazione, e in effetti non c’è: abbiamo, come in ogni crisi, un aumento dei prezzi delle materie prime, del petrolio e degli alimentari, va bene. Nelle crisi del 2008 e 2012 abbiamo registrato un tasso di inflazione del 3% in Europa e del 4% in Usa ma non fu duraturo. Si tratta anche questa volta di un fenomeno temporaneo, perché per resistere nel tempo, l’inflazione necessita di una corsa dei prezzi e dei salari. E quest’ultima non si sta verificando.

Le bollette però salgono e sugli scaffali dei supermercati la merce costa un po’ di più. Non sarà inflazione ma qualcosa bisogna fare. Magari l’Europa, non crede?

Guardi, se c’è qualcosa che deve fare l’Europa è cambiare la sua politica economica e sociale. Qui siamo reduci da una crisi spaventosa, da una pandemia globale e c’è ancora chi parla di debito, deficit, rigore. Abbiamo una politica monetaria che si sta chiedendo se aumentare il costo del denaro, aumentando i tassi, mi dica se le pare normale in questo momento.

Veramente qui le domande le faccio io…

E allora le rispondo. Non lo è. Come non è normale parlare di riduzione del debito. Negli Usa hanno un’inflazione al 5% e non mi pare siano andati fuori di testa. Di più. Se l’inflazione aumenta anche del 3% negli Stati Uniti e la Fed alza il costo del denaro dell’1%, ecco che in realtà il tasso reale del costo del denaro diminuisce di 2 punti. Un aumento finto. Dunque, perché ci preoccupiamo tanto? Preoccupiamoci di un’Europa che parla di rigore sui conti, di debito. Questo è il problema, il rigore ci è costato 10 anni di crescita, non lo dimentichi.

Se le parlo di global tax, che effetto le fa?

Una svolta, ma è solo l’inizio. La differenza si fa nei dettagli. Sa quale è il vero problema oggi in Europa?

Me lo dica lei.

Che al suo interno ci sono tanti paradisi fiscali. Come si può accettare questo? Le cose vanno indicate per quello che sono: coloro che usufruiscono di questi paradisi fiscali, sono dei ladri. Ladri di denaro pubblico sottratto al miglioramento di quelle condizioni stesse che poi determinano i benefici per le imprese stesse. È un circolo vizioso che deve essere spezzato se si vuole dare concretezza alle buone intenzioni professate dalla presidente della Commissione europea.

La global tax può essere la fine dei paradisi fiscali, allora…

Come le ho detto è un primo passo. Ma ora va tutto implementato, nei singoli Paesi che vi hanno aderito, insomma è un accordo sulla carta e poco più. Difficile adesso dire se i paradisi fiscali spariranno, intanto cominciamo a ridurre i paradisi fiscali, dentro l’Europa.

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