Il ruolo di Huawei in uno smart hub ferroviario e la pressione per rivelare le carte di un collegamento Budapest-Belgrado finanziato dalla Cina. Stavolta l’opposizione si fa sentire
In questa fase la Lituania è il Paese membro dell’Unione europea con la posizione più dura rispetto alla Cina. Che, ha detto Andrius Kubilius, ex primo ministro lituano ed esponente di spicco del Partito popolare europeo, in una recente intervista con Formiche.net, “ha una penetrazione economica e politica insidiosa, dovremmo ascoltare attentamente i moniti dagli Stati Uniti”.
La Lituania, spiegavamo alcune settimane fa su queste pagine, ha da tempo preso una posizione molto critica nei confronti della Cina. Ultimamente è uscita dal “17+1”, il sistema di dialogo che Pechino aveva creato con i Paesi dell’Europa centrale e orientale come forma di divide et impera, e ha permesso l’apertura di una sede diplomatica taiwanese nella capitale Vilnius che rafforza le capacità di crearsi connessioni internazionali a quella che il partito-stato considera una provincia ribelle.
Dall’altra parte rispetto alla Lituania della premier Ingrida Šimonytė c’è un altro Paese membro dell’Unione europea e della Nato: l’Ungheria di Viktor Orbán, che a livello europeo negli ultimi mesi si è messa in mostra per aver bloccato alcune decisioni sulla Cina, dalla condanna degli abusi a Hong Kong alle iniziative nel Mar Cinese Meridionale.
Negli ultimi giorni ci sono da registrare due notizie relative al settore dei trasporti.
La prima: il colosso cinese Huawei, bandito dagli Stati Uniti per sospetto spionaggio per conto del governo di Pechino, ha firmato un accordo con l’ungherese East-West Intermodal Logistics e l’operatore di telecomunicazioni britannico Vodafone per costruire a Fényeslitke, città nel Nord-Est del Paese, il primo smart hub ferroviario d’Europa gestito da una rete privata 5G che sarà potenziata da Huawei. Xiang Ligang, direttore generale dell’Information Consumption Alliance con sede a Pechino, ha detto al Global Times, giornale della propaganda cinese, che la decisione di includere Huawei è “lungimirante”. “Ci aspettiamo che altri Paesi europei seguano l’esempio”, ha aggiunto a metà tra l’analisi e l’auspicio.
La seconda: un tribunale ha ordinato al governo ungherese di desegretare e pubblicare entro 15 giorni il contratto della ferrovia Budapest-Belgrado, finanziata da aziende statuali cinesi per collegare il porto greco del Pireo all’Europa centrale sulla Via della Seta. I documenti sono stati tenuti riservati per 10 anni, per volere di Pechino, ha detto Budapest.
Come ricordava l’Ispi qualche settimana fa, “le statistiche delle Nazioni Unite mostrano che il surplus commerciale della Cina con l’Ungheria nel 2020 è stato di circa 5,7 miliardi di euro e negli ultimi dieci anni Orban ha firmato una serie di contratti per oltre 5 miliardi che si traducono, in sostanza, in una ‘trappola del debito’ con la Cina”.
Ma, come dimostra la questione del campus dell’Università Fudan, che sarà finanziato da un prestito di 1,3 miliardi di euro dalla China Development Bank, in Ungheria qualcosa è cambiato negli ultimi tempo. Alle preoccupazioni statunitensi ed europee si è aggiunta una voce forte da parte dell’opposizione al governo di Orbán, che in primavera dovrà affrontare le urne con il fronte dell’opposizione che si sta compattando.