Il governo non si fida dei colossi del mattone insolventi e impone alle banche di chiudere i rubinetti, fermando i prestiti al settore. Ma così facendo si mandano a gambe all’aria le amministrazioni locali, che proprio su case e infrastrutture si reggono
Li si potrebbero chiamare effetti collaterali indesiderati. La grande crisi immobiliare cinese che ha trovato nel crack di Evergrande la sua massima espressione è arrivata fino alle lontane province cinesi, persino quelle più rurali. Ma sotto altre forme, non certo meno letali di quella originale. L’ondata di insolvenze che ha colpito il real estate del Dragone, con decine di colossi in debito con risparmiatori e investitori, ha avuto come primo effetto quello di spingere il governo di Xi Jinping a ridurre drasticamente i prestiti delle banche all’industria del mattone.
Il motivo è semplice. Che senso ha prestare denaro a chi non riesce nemmeno a rimborsare i creditori che hanno sottoscritto le obbligazioni di Evergrande&Co, finanziando a loro volta i giganti del mattone? I soldi, si sa, o si raccolgono dal mercato o si chiedono alle banche. Pechino non si fida, forse c’è di mezzo anche l’inatteso rallentamento della ripresa cinese, tanto è che l’unica mossa per fronteggiare il dilagare della crisi è stata finora quella di invitare caldamente i gruppo insolventi a vendere i propri asset e dismettere i portafogli per fare un po’ di cassa da girare ai creditori.
Il problema è che la stretta sul credito pensate per il settore immobiliare rischia di lasciare a secco anche le economie locali, che peraltro si reggono in larga parte sul mattone e le infrastrutture. Non sono pochi gli economisti cinesi per i quali è probabile che la repressione di Pechino sui prestiti al comparto immobiliare farà alla fine più male che bene alle economie provinciali. Addirittura, molti esperti hanno definito le politiche più restrittive di Pechino troppo dure e potenzialmente autodistruttive, con il risultato che i governi locali si ritroveranno molto presto lottare per sbarcare il lunario.
Il problema non è banale. Come ha scritto il South China Morning Post, per un’economia nazionale che si basa per non meno del 25% sulle costruzioni, una stretta sui finanziamenti può essere letale. E le immense regioni cinesi non fanno eccezioni. “La regolamentazione decisamente più severa di Pechino sui prestiti ai governi locali e alle società immobiliari locale aumenta il rischio che le stesse amministrazioni locali possano rimanere senza liquidità, aggravando significativamente il rallentamento economico”, ha messo in guardia Xu Gao, capo economista della Bank of China International.
Insomma, la cura messa in campo da Pechino rischia di dare più danni dei debiti stessi accumulati da Evergrande&Co. I cui obbligazionisti, secondo quanto riferito all’agenzia Reuters, non hanno nemmeno ricevuto il pagamento della cedola programmato per lo scorso 6 novembre, da parte di Scenery Journey, una controllata del colosso cinese.