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Al summit di Gaia-X, Huawei e Alibaba fanno alzare qualche sopracciglio

Alcuni membri del progetto digitale, che pensa di rendere l’Europa indipendente sul piano del cloud, sono scettici sul ruolo delle Big Tech partner dell’evento di Milano. Ma le sponsorizzazioni sono state approvate dal Board. Segno di come la confusione e le lacerazioni interne non accennano a diminuire

“Ci sono modi migliori per aumentare i nostri ricavi. Tuttavia, ora è impossibile fare un passo indietro senza conseguenze dannose”. Le parole dell’ex presidente di Gaia-X Hubert Tardieu, riguardo la presenza come sponsor di Huawei e Alibaba all’evento annuale del progetto digitale europeo, trasudano preoccupazione. La stessa che si è diffusa tra i membri del consiglio. Nelle email scambiate tra di loro – e lette da Politico – emergono infatti forti dubbi su come le grandi aziende tecnologiche cinesi, allo stesso modo di quelle statunitensi come Amazon Web Services e Microsoft, possano figurare tra i promotori del piano sul cloud condiviso, che dovrebbe portare a una sovranità tecnologica europea. Oltre a queste, tra gli sponsor ci sono altre 16 società di cloud (anche extra europee), tra cui l’italiana Aruba, la spagnola OpenNebula e le tedesche SysEleven e B1 System.

“Abbiamo deciso fin dall’inizio di coinvolgere i membri di tutto il mondo, disposti a seguire le nostre regole e a sostenere la nostra missione rigorosamente guidata dai principi e dai valori europei garantiti dal nostro Consiglio europeo”, ha sottolineato il CEO di Gaia-X, Francesco Bonfiglio. “Il nostro approccio è sempre aperto, trasparente e inclusivo e pienamente in linea con le leggi sulla concorrenza” ha continuato, ribadendo come le norme interne per la sponsorizzazione sono uguali per chiunque abbia deciso di prender parte all’evento, al via oggi a Milano.

A Bonfiglio ha fatto eco il dirigente tedesco di Siemens nonché membro del consiglio di amministrazione di Gaia-X, Thomas Hahn, che in una email chiede ai suoi colleghi di accettare la realtà in quanto “abbiamo offerto la possibilità di sponsorizzazione a tutti”. Insomma, non si può piangere sul latte versato dato che l’approvazione sugli sponsor è arrivata direttamente dal Board. Eppure le lamentele non mancano, specie tra i membri più anziani, e rafforzano la frammentazione interna, uno dei grandi scogli che il progetto si trova ad affrontare.

Gli scettici si interrogano su come possa essere garantita l’indipendenza dalle Big Tech nel momento in cui queste appaiono come partner. La paura è che muovendosi in tal maniera si venga meno all’idea di fondo di Gaia-X, quale quella di creare “un’infrastruttura digitale affidabile e sovrana per l’Europa”, come si legge nel documento firmato dal gruppo nel settembre di un anno fa. Il progetto, d’altronde, è nato dall’idea congiunta di Germania e Francia per far sì che i dati degli utenti europei rimangano all’interno del Vecchio Continente, senza dover fare affidamento a enti terzi e stranieri, che siano essi americani o cinesi.

Tuttavia, come scrivevamo neanche un mese fa, i soliti ritmi lenti con cui si sta procedendo sono i perfetti alleati delle Big Tech, che dominano il mercato del cloud. Solo Amazon, Google e Microsoft detengono il 69% del totale, tanto per capirci. E la possibilità che in futuro vengano stipulati accordi sullo stesso filone di quello firmato tra Londra e AWS sul cyberspionaggio è sempre più concreta. Anche perché l’unico paletto che è stato posizionato è quello del rispetto dei valori democratici e dei dati sensibili: chiunque avrà idee su come migliorare il progetto, infatti, sarà ascoltato, senza badare al fatto se il consiglio arrivi da fuori l’Europa.

Al momento, però, sembrerebbe che i membri di Gaia-X stiano lavorando a nuove regole che dovrebbero allontanare “lo straniero” dai dati europei. Ad esempio, oltre a elaborare ed immagazzinarli in Europa, questi dovrebbero risultare soggetti alle sole leggi continentali, diventando di conseguenza immuni a qualsiasi legislazione non europea. Una norma che parla alle forze di sicurezza americane, che intendono poter aver accesso ai dati per ragioni di sicurezza nazionale, terrorismo e riciclaggio, ma anche al regime di Pechino che pretende di avere controllo assoluto su quello che viene immagazzinato dalle società cinesi.

Alcune novità saranno svelate sul palco del Summit milanese, dove saliranno il ministro dell’Economia tedesca, Peter Altmaier – che insieme al suo omologo francese Bruno Le Maire ha partorito l’idea generale del progetto -, i ministri spagnolo e portoghese per la trasformazione digitale e Roberto Viola, Direttore Generale di DG Connect, la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie presso la Commissione europea.

“Sono successe molte cose dal vertice dell’anno scorso che si è svolto esattamente nelle stesse date”, aveva affermato a ottobre Bonfiglio. Da allora, “abbiamo evoluto il concetto di Gaia-X nell’architettura tecnica. Abbiamo definito decine di casi d’uso di Data Space. Abbiamo avviato progetti faro. Abbiamo specificato la tabella di marcia per i nostri risultati finali che vedranno la luce entro la fine di quest’anno. Questo summit”, concluse, “sarà un’opportunità unica per vedere Gaia-X prender vita nel modo in cui è stato promesso”.

Le promesse, però, sembrerebbero venir meno. Le lacerazioni interne sono una prerogativa europea e Gaia-X non fa eccezione, suo malgrado. Se a queste si aggiungono i ruoli poco chiari delle aziende che prendono parte all’iniziativa e, quindi, una conseguente confusione sugli obiettivi fissati, si può ben capire come non sarà facile raggiungere un’indipendenza digitale europea. Il cammino è tortuoso e il Summit di Milano è un’ulteriore tappa per capire cosa Gaia-X vorrà fare da grande.

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