Un colloquio telefonico fra il capo della Cia William Burns e il presidente russo Vladimir Putin per spegnere le tensioni al confine ucraino. I satelliti mostrano le truppe ammassarsi a Nord, si rischia una nuova escalation
Accade raramente che un presidente russo parli direttamente con un direttore della Cia. E quando accade c’è un buon motivo.
È successo la scorsa settimana fra Vladimir Putin e William Burns. Una telefonata, ha confermato oggi il Cremlino, per discutere “di relazioni bilaterali, della crisi diplomatica tra i due Paesi, di conflitti regionali e cybersicurezza”, ha fatto sapere il portavoce Dmitry Peskov.
In realtà il colloquio, a margine di una visita istituzionale di Burns a Mosca dove ha incontrato il capo del Consiglio per la sicurezza russa Nikolai Patrushev e il capo dell’Svr Sergey Naryshkin, ha avuto al centro il ritorno delle tensioni militari fra Russia e Ucraina, svela la Cnn citando alte fonti dell’amministrazione Biden.
Da mesi gli Stati Uniti condannano l’ammassamento di truppe militari russe al confine orientale ucraino. Un allarme culminato lo scorso aprile con la denuncia, anche da parte di Kiev, di più di 100.000 soldati schierati a pochi chilometri dalla frontiera.
Sei mesi dopo il pericolo non è rientrato, anzi. Sono circa mille i veicoli militari stanziati nei dintorni della città russa di Yelna, 250 chilometri a Nord del confine ucraino, hanno svelato una settimana fa le immagini satellitari della compagnia aerospaziale americana Maxar Technologies.
Carri armati, convogli militari, artiglieria pesante “hanno iniziato ad arrivare nella zona a fine settembre”, ha spiegato l’azienda a Reuters. Il tempismo non è casuale: a metà settembre, al confine occidentale russo, è andata in scena Zapad, la tradizionale esercitazione militare congiunta fra Russia e Bielorussia che ogni quattro anni convoglia a “Occidente” (“Zapad”) migliaia di truppe.
Questa volta ha avuto dimensioni imponenti: nei pressi di Kaliningrad si sono radunati 200mila soldati, 760 veicoli terrestri, 80 tra aerei ed elicotteri e una quindicina di unità navali. Una parte delle truppe russe, però, non ha mai fatto ritorno a casa. I satelliti non mentono: la quarantunesima Armata combinata, solitamente di stanza a Novosibirsk, in Siberia, ha invertito la rotta ed è finita a ingrossare le fila delle truppe russe a Nord dell’Ucraina. Allo stesso destino, sostiene il Washington Post, è andata incontro la prima Armata carri della guardia russa, unità d’élite con base a Mosca.
L’allerta è massima e la Casa Bianca segue da vicino gli sviluppi. Anche se Mosca nega – quel che succede dentro ai confini russi “sono affari nostri”, chiosa il Cremlino – Washington teme una nuova escalation come quella che la scorsa primavera ha portato Russia e Ucraina sull’orlo di uno scontro aperto. Massima è anche la cautela. “Abbiamo visto cose simili in passato – dice il capo di Stato maggiore Mark Milley – non sappiamo ancora cosa significhi, è troppo presto”. Anche Kiev ha optato per una linea prudente, e altalenante. Dopo aver negato movimenti preoccupanti delle truppe russe, il ministero della Difesa ha ammesso martedì scorso che ci sono 90.000 militari russi a Nord del confine ucraino.
Presto per dire se la visita di Burns, accompagnato dalla sottosegretaria Karen Donfried per discutere con il governo russo, fra le altre cose, di un imminente allarme terrorismo jihadista, sia riuscita a buttare acqua sul fuoco. Di certo per il fronte Est-europeo è stata un’estate caldissima.
Putin non ha mai smesso di lanciare strali contro l’Ucraina e il suo presidente, Volodimir Zelensky, mettendo in dubbio la stessa sovranità del Paese. E il governo russo considera un affronto la richiesta di membership nella Nato avanzata da Kiev, “una vera minaccia per la Federazione russa”, ha tuonato Putin dal Valdai Club. Rimane alta la tensione nel Donbas, dove si registrano continue violazioni del cessate-il-fuoco. Tra le ultime, un attacco sferrato dal governo ucraino contro una postazione separatista attraverso un drone turco.
Agli scontri alla frontiera ucraina si aggiungono le accuse degli Stati Uniti per la gestione russa della partita del gas. Ora che il Nord Stream 2, il gasdotto di Gazprom che unisce la Germania al Mar Baltico, è stato completato ed è pronto a entrare in azione, il governo americano teme che l’Ucraina sia volutamente tagliata fuori dalle rotte del gas russo in Europa.
Una preoccupazione espressa anche dai vertici del sistema di trasporto del gas dell’Ucraina (Gtsou), numeri alla mano: a ottobre il sistema di trasporto del gas ucraino verso i Paesi europei è stato pari a 2,634 miliardi di metri cubi, con un calo di 623 milioni di metri cubi rispetto allo stesso periodo del 2020.