Dopo mesi di colloqui senza esiti e la recente intesa alla Cop26, faccia a faccia virtuale tra i leader di Stati Uniti e Cina. Ecco le posizioni in campo prima dell’incontro
Le premesse per una ripresa del dialogo sembrano esserci. Si riparte dalla recente intesa sul clima alla Cop26 di Glasgow, favorita anche dalla telefonata di settembre tra Joe Biden e Xi Jinping, che era stata pensata dalle diplomazie proprio per trovare una soluzione alle incomprensioni sbloccando l’impasse grazie al rapporto tra i due presidenti. Ma al centro del colloquio virtuale tra i leader di Stati Uniti e Cina ci sarà Taiwan. Un dossier prioritario, al pari di commercio, tecnologia e Xinjiang, per entrambe le parti.
LA POSIZIONE DI WASHINGTON…
Venerdì c’è stato un contatto introduttivo tra i capi delle due diplomazie. Secondo quanto reso noto dal dipartimento di Stato americano, il segretario Antony Blinken (in partenza per l’Africa) ha osservato con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi che l’incontro tra i leader rappresenta un’opportunità di discutere su come gestire in modo responsabile la concorrenza tra gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese mentre si lavora insieme in aree in cui gli interessi si allineano. Il segretario ha sottolineato “l’interesse di lunga data degli Stati Uniti per la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”, continua il comunicato, e ha espresso preoccupazione “per la continua pressione militare, diplomatica ed economica della Cina contro Taiwan”, invitando Pechino a impegnarsi in un dialogo significativo per risolvere le questioni dello Stretto in modo pacifico e coerente con i desideri e i migliori interessi del popolo di Taiwan. Il segretario ha inoltre sottolineato l’importanza di adottare misure per garantire che l’approvvigionamento energetico globale e la volatilità dei prezzi non mettano in pericolo la ripresa economica globale.
… E QUELLA DI PECHINO
La posizione cinese arriva dagli organi della propaganda del Partito comunista cinese, che ha anticipato che Xi avvertirà Biden di “fare un passo indietro” sulla questione Taiwan. È probabile che Xi faccia capire a Biden che Pechino è decisa a “realizzare la riunificazione nazionale nel prossimo futuro, a ogni costo”, ha scritto il China Daily. “La questione Taiwan è l’ultima linea rossa della Cina”, secondo il Global Times. “Per ridurre il rischio di uno scontro strategico tra la Cina e gli Stati Uniti, questi ultimi devono fare un passo indietro dalla questione di Taiwan”, aggiunge.
LE ANALISI DEGLI ESPERTI
Secondo Li Mingjiang, professore associato alla S. Rajaratnam School of International Studies di Singapore, “i leader cinesi sono consapevoli che la Cina non ha completato la sua modernizzazione e deve ancora affrontare molte sfide nella sua economia interna”. “Una guerra potrebbe interrompere questa modernizzazione e ritardare la sua ascesa”, ha detto a Reuters. “Anche se un’invasione cinese di Taiwan potrebbe non essere imminente, per la prima volta in tre decenni è il momento di prendere sul serio la possibilità che la Cina potrebbe presto usare la forza”, ha scritto Oriana Skylar Mastro alcuni mesi fa su Foreign Affairs all’inizio di quest’anno. E le possibilità per scoraggiare un attacco sono limitate. “L’unico modo in cui gli Stati Uniti possono garantire la sicurezza di Taiwan è rendere un’invasione impossibile per Pechino o convincere i leader cinesi che usare la forza li farà diventare dei paria”.
LE DIMENSIONI INTERNE
I problemi economici e politici interni in entrambi i Paesi hanno frenato il dialogo tra l’amministrazione Biden e il governo della Repubblica popolare cinese durante l’intero anno in corso. Basti pensare agli scarsi risultati dei colloqui di marzo di Anchorage, in Alaska, e della complessa visita di luglio a Tianjin di Wendy Sherman, numero due del dipartimento di Stato americano, per alcuni incontri con i vertici della diplomazia cinese. La telefonata di settembre tra i leader, durata un’ora e mezza e intrapresa da Biden dal suo studio privato al secondo piano della Casa Bianca, era pensata proprio per sbloccare quell’impasse. Con il presidente americano che lotta interamente per le politiche di rilancio e quello cinese reduce dalla consacrazione del plenum del Partito comunista cinese servita anche a rispondere ad alcune difficoltà interne, l’incontro virtuale allargato alle diplomazie servirà anche a rispondere a una domanda: riusciranno Stati Uniti e Cina a “gestire in modo responsabile la concorrenza”, per usare le parole di Washington, evitando escalation – verbali e non – a Taiwan?