Skip to main content

Intelligence, l’Italia alla guida del college europeo

Lanciato due anni fa a Zagabria, l’Intelligence College in Europe raduna gli 007 di ventitré Paesi europei e nel 2022 sarà presieduto dall’Italia. Ecco come e perché Roma può fare scuola (anche a Bruxelles)

Visto da Bruxelles, il 2022 inizia sotto il segno della Francia di Emmanuel Macron. Il semestre della presidenza francese che apre il nuovo anno darà ancora una volta all’inquilino dell’Eliseo, alle strette per una corsa alle elezioni che non promette benissimo, una assoluta centralità nelle dinamiche di politica estera europea.

Anche l’Italia però avrà una sua occasione per farsi sentire in Europa, dentro e fuori l’Unione. A Roma andrà infatti la presidenza di un’istituzione europea (ma non dell’Ue) che ha solo due anni di vita e però ha progetti ambiziosi. Si tratta dell’Intelligence College in Europe (Ice), la struttura lanciata a Zagabria nel febbraio del 2020 con una lettera di intenti firmata da 23 Paesi che riunisce le rispettive agenzie di intelligence nazionali.

Il “collegio” delle spie europee rappresenta un unicuum nel suo genere: è infatti il primo caso di un organismo intergovernativo di queste dimensioni che mette sul tavolo esperienze e best practice dei Servizi segreti di Paesi diversi, sia pure a livello non operativo.

Anche l’Ice nasce in realtà nel segno dell’Eliseo. E più precisamente da un discorso di Macron alla Sorbona del 2019 sull’opportunità di dare vita a una forma di “intelligence europea”. L’Italia però è stata in prima linea nella definizione dell’istituzione, inviando a Zagabria una delegazione del Dis, allora guidato da Gennaro Vecchione, e delle due agenzie, Aisi e Aise.

A Roma l’onere di dirigere i lavori per il 2022, dopo due anni in cui alla guida del College si sono alternati prima la Croazia e poi il Regno Unito. Dopotutto l’idea all’origine della nascita dell’Ice – dar vita a una cultura dell’intelligence europea – è stata abbracciata con largo anticipo dalle istituzioni italiane.

Da più di dieci anni i nostri 007 hanno avviato un percorso di apertura dell’intelligence al mondo esterno, a partire dalle università e dalle imprese, favorendo il passaggio da una “cultura della segretezza” a una “cultura della sicurezza”. Il college europeo dell’intelligence non è una rivoluzione: fin dalle premesse iniziali gli Stati aderenti hanno concordato una struttura snella e poco costosa, con un segretariato a Parigi, per lo più impegnata nell’organizzazione di seminari e occasioni di incontro tra le agenzie nazionali.

Ha nondimeno aperto una strada che potrà tornare utile anche per le istituzioni europee. Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha anticipato l’istituzione di un “Centro comune di conoscenza situazionale” dell’Ue. Il progetto non è banale: prenderebbe le mosse dall’esperienza dell’anti-terrorismo dell’Intcen (Eu Analysis Intelligence Centre) e del Cepol di Budapest.

Chi lavora al dossier sa che non sarà una passeggiata. Un centro situazionale dell’Ue dovrebbe infatti far capo alla presidente della Commissione in quanto vertice dell’esecutivo, con un canale privilegiato, sulla scia del brief giornaliero di intelligence con cui i presidenti americani si svegliano al mattino. Un ampiamento dei poteri che potrebbe essere mal visto da alcuni Stati membri e dal presidente del Consiglio europeo.

Con la guida dell’Ice, l’intelligence italiana potrà in ogni modo tracciare una road map di riferimento per i colleghi europei nei campi in cui eccelle, dall’antiterrorismo al contrasto al crimine organizzato. Una responsabilità che chiude un anno di grandi riassetti nel comparto, con una riforma della governance cyber sotto la regia dell’Autorità delegata Franco Gabrielli e la nascita dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, pronta nel 2022 ad alzare l’asticella della sicurezza tecnologica.


×

Iscriviti alla newsletter