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Il Quirinale e i tre “infarti” della politica secondo Borghi

L’esponente di Base Riformista dopo la candidatura proposta da Conte: “È un nome rispettabile, ma preferisco parlare del profilo piuttosto che sparare nomi”. Il Pd avrà dai 140 ai 150 grandi elettori, Come partito avremo dai 140 ai 150 grandi elettori. “Mi aspetto che sappia essere all’altezza della sfida e lavori in modo unanime”

Lui si definisce “un animale in via d’estinzione”. Perché, ancora e nonostante tutto, “mi rifaccio ai criteri della politica e non alle chiacchiere da corridoio”. Ne, tantomeno “a quello che sembra sempre di più il calciomercato tardo agostano”. Enrico Borghi, deputato del Pd ed espressione di Base Riformista, si presenterà con le idee piuttosto chiare alla riunione dei dem il prossimo 13 gennaio. Tema? Quirinale, chiaramente. Ai nomi preferisce il metodo, alle incertezze paventate antepone i punti saldi sui quali far leva. A partire dai numeri: “Come partito avremo dai 140 ai 150 grandi elettori che designeranno il prossimo capo dello Stato. Con questi numeri noi dobbiamo fare i conti cercando di dare un impulso sul nome che raccoglierà il più ampio consenso possibile”.

Questo nome potrebbe essere quello di Silvana Sciarra, lanciata nell’agone dal presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte?

Tutte le ipotesi che sono emerse in queste settimane hanno una loro dignità e sono rispettabili. Credo però che si debba ragionare sul profilo in senso ampio del prossimo presidente della Repubblica, evitando di partire dalla fine. Quindi dai nomi.

E quale sarebbe secondo lei il profilo ideale per il successore di Mattarella?

Una persona di alto profilo che sappia lavorare, al pari di Mattarella, nella direzione della coesione sociale e della politica del confronto alternativa a quella dell’urlo, e che sia apprezzato e rispettato anche oltre i confini italiani. Quantomeno dal punto di vista dello stile, mi immagino un prossimo presidente che si muova nel solco di quello attuale.

Il centrodestra sembra convergere sulla figura di Silvio Berlusconi. 

Quella è una candidatura che, per antonomasia, è inopportuna. E mi pare che in realtà, il centrodestra non si poi così compatto nel sostenere il nome di Berlusconi per la partita quirinalizia. Anzi, spero che la coalizione prima di intavolare il dialogo faccia chiarezza al suo interno.  Fermo rimanendo che il leader di Forza Italia sta facendo in queste ultime settimane una campagna acquisti che si commenta da sé. Ma al di là di questo, il fatto stesso di proporre la candidatura del leader di Forza Italia, rappresenta in qualche modo una delle concause del fallimento della politica.

Cosa intende dire?

Mi pare che si stia realizzando una teoria di Dossetti: siamo di fronte a uno scenario nel quale, mentre si sono esaurite le culture del Novecento, la politica tenta in tutti i modi di replicare se stessa mentre tutto il mondo attorno sta cambiando anziché sforzarsi di innovare e rinnovare se stessa. Non a caso la politica italiana, negli ultimi anni, ha avuto tre ‘infarti’. Prima con Ciampi, poi con Monti e ora con Draghi (sebbene questo ultimo esecutivo abbia in seno una grande valenza politica). Per questo non ci sono parentesi da chiudere per tornare a mitologiche stagioni dell’oro, ma c’è da andare avanti.

Dunque dalla riunione del 13 gennaio che cosa si aspetta?

Mi aspetto che il Pd sappia essere all’altezza della sfida, nel solco di quell’unità alla quale il segretario Enrico Letta sta lavorando alacremente. Quindi la pre condizione per partecipare al voto per il presidente della Repubblica, è la compattezza dei dem. Il ragionamento poi, verrà fatto prima di tutto con le forze di maggioranza che sostengono il Governo estendendolo poi alle forze di opposizione.

Si dice che Base Riformista non appoggi in toto l’idea di Draghi al Quirinale.

Non è così. Noi siamo perfettamente in linea con il Pd e con le decisioni che verranno prese durante la riunione del 13. Lavoriamo per l’unità del partito, non per dividerlo. Peraltro in un contesto nel quale le proporzioni fra la rappresentanza attuale in parlamento – il 12% – non rispecchia quella che, stando ai sondaggi, ci attesta come primo partito in Italia al 21%.

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