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L’ombra russa sulla corsa al Quirinale

Il Presidente della Repubblica è il garante della politica estera italiana. Sorprende allora che i partiti, impegnati a sbrogliare la partita del Quirinale, tacciano sulla minaccia russa al confine ucraino e sull’ombra di una nuova guerra europea. Alcuni silenzi fanno più rumore di altri

C’è un fattore “R” nell’equazione che deciderà la partita del Quirinale. Dove R sta per Russia, il partner-rivale su cui di nuovo sono puntati i riflettori della comunità internazionale.

Fa rumore in queste ore il silenzio della politica italiana sui fatti che coinvolgono l’Europa dell’Est. Centosettanta mila soldati russi in tenuta da combattimento sono schierati a poche decine di chilometri dal confine ucraino. Il dejavu è eloquente. Sette anni fa ne sono bastati meno, circa un quarto, per invadere e annettere la Crimea. Ne è nata una guerra che continua oggi, sul suolo europeo. Ogni mese conta morti, sfollati, spesso dimenticati dalle cronache. Centosettantamila uomini potrebbero invadere l’Ucraina entro gennaio, avvisano gli Stati Uniti di Joe Biden.

Che siano queste le vere intenzioni di Vladimir Putin, la sostanza non cambia. Ancora una volta l’Europa si trova a fare i conti con una prova di forza dello zar. Forse – c’è da augurarselo – non ci sarà un’azione militare, come pure schiere di strateghi prevedono. Il ricatto sì, quello c’è già. Contro la Nato, di cui Mosca vuole una definitiva presa di distanze dal governo ucraino. Contro l’Ue e la sua dipendenza energetica dai gasdotti russi, di nuovo agitati come strumento di pressione dal Cremlino.

Lo stallo ad Est tiene col fiato sospeso le cancellerie di Europa e America. Passa in sordina, salvo rare eccezioni, nei palazzi romani, che piuttosto trattengono il fiato sul cambio della guardia al Colle il prossimo febbraio e il futuro del governo Draghi. Eppure le due vicende non sono sconnesse.

Il Presidente della Repubblica è il garante dell’Italia nel mondo. Il Quirinale un osservatorio privilegiato sulla politica estera. Lo sa bene l’attuale presidente Sergio Mattarella, che come tale ha interpretato il suo mandato, intervenendo più di una volta negli ultimi anni per riportare “sui binari” la postura internazionale del Paese.

Una presa di posizione dei partiti sulle manovre al confine orientale e l’ennesimo azzardo russo sulla sicurezza europea non è un dettaglio. Aiuterebbe anzi a misurare le posizioni delle forze in Parlamento intorno a una questione che ha, avrà un impatto sulla scelta del prossimo candidato al settennato.

Alcuni silenzi, dentro e fuori dall’aula, sono più assordanti di altri. Per il centrodestra, in particolare, una parola sulla minaccia da Est può offrire l’occasione per diradare dubbi e sospetti delle cancellerie estere, non sempre infondati. Come ha confidato recentemente a Formiche.net l’ex consigliera della Casa Bianca Fiona Hill, l’immagine di una liason speciale con Mosca dei “sovranisti” italiani, Lega e Fratelli d’Italia in testa, rimane impressa all’estero. Né aiuta a smentirla il silenzio, anche questa volta, dei rispettivi partiti di fronte alla polveriera ucraina che torna ad accendersi.

E pensare che un percorso è stato avviato. A Bruxelles, dove lo sguardo si allarga oltre le vicende romane, gli europarlamentari di Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno già maturato una diversa posizione di fronte agli eccessi russi. A settembre, ad esempio, hanno votato a favore per buona parte del “Rapporto Kubilius”, il documento dell’Europarlamento che auspica una evoluzione democratica dell’autocrazia russa. Più volte hanno espresso solidarietà ad Alexei Navalny, l’oppositore di Putin prima avvelenato, poi incarcerato.

Ma nel valzer filorusso, ad ogni “ravvedimento” sulla via per Bruxelles, corrisponde un passo indietro sulla via per la Piazza Rossa. Di qui l’auspicio di Salvini, alla vigilia del G20 di Roma, che l’Europa “torni a dialogare” con la Russia, nella speranza di sottrarla all’abbraccio cinese: una tesi cui pochi danno credito, a Washington come a Mosca. Poi ancora un emendamento dei leghisti per modificare la risoluzione Ue contro la Wagner, il gruppo di mercenari russi che semina caos in Nord Africa e Medio Oriente. Quindi l’assenteismo sull’ammassamento di soldati e mezzi militari russi a ridosso della frontiera europea, gli allarmi delle intelligence occidentali, il rischio di una nuova guerra.

Di queste vicende non c’è traccia fra una velina e l’altra delle segreterie dei partiti per la corsa al Quirinale. Non rientrano nei calcoli della politica alla vigilia di un anno che deciderà il corso dei prossimi sette. Ma i calcoli, a volte, si possono e devono rifare.



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