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Giochi pericolosi. Putin dice sì alle Olimpiadi di Xi ma su Taiwan e Ucraina…

Mosca sostiene Pechino 2022 e il presidente sarà in Cina per un incontro con Xi. Ma per entrambi la videoconferenza rispondeva a una necessità più che a un’alleanza: una dimostrazione agli Stati Uniti. Ecco di cosa

“Caro amico, sono molto felice di vederti”. Arriva da Vladimir Putin il primo sì all’invito di Xi Jinping per le Olimpiadi invernali di Pechino. Nel corso di un colloquio in videoconferenza, il presidente russo ha auspicato di incontrare di persona l’omologo cinese nel febbraio 2022 a Pechino in occasione della cerimonia di apertura dei Giochi. Poi si è detto sicuro che la manifestazione si svolgerà ai massimi livelli e ha ribadito la contrarietà della Russia alla politicizzazione dello sport. Un messaggio chiaro da Mosca di vicinanza a Pechino, dopo che Washington ha annunciato il boicottaggio diplomatico.

L’incontro tra i due presidenti, che segue quelli di entrambi con l’omologo statunitense Joe Biden, ha rappresentato un’occasione per Cina e Russia di rispondere al Summit per la democrazia organizzato una settimana fa dalla Casa Bianca. Per farlo, i due leader hanno nuovamente piegato i concetti di democrazia, diritti umani e multilateralismo – concetti occidentali che di cui, sfruttando le attuali difficoltà delle democrazie, sia Pechino sia Mosca stanno cercando di influenzare sostenendo, per esempio, che non esistano diritti umani assoluti ma che questi hanno declinazioni diversi in base ai Paesi di riferimento.

E la risposta è arrivata così: Cina e Russia “sono divenute i pilastri del vero multilateralismo e della tutela di equità e giustizia a livello internazionale”, ha dichiarato Xi Jinping. La Russia, ha continuato, “ha sostenuto fermamente la Cina nella difesa dei suoi interessi fondamentali e si è opposta a qualsiasi tentativo di divisione”. Poi ha espresso gratitudine per il sostegno di Mosca. Pechino, ha proseguito, intende investire nello sviluppo “duraturo e di qualità” del partenariato. Xi ha inoltre manifestato soddisfazione per i risultati raggiunti dagli scambi bilaterali, “che per la prima volta hanno superato la soglia dei 100 miliardi di dollari nei primi tre trimestri e che potrebbero raggiungere nuovi massimi nel corso dell’anno”. I due Paesi hanno quindi “dimostrato attivamente la loro responsabilità di grandi potenze, unendo la comunità internazionale nel contrasto dell’epidemia di Covid-19 ed esponendo il corretto significato di democrazia e diritti umani”, ha aggiunto.

Putin, da par suo, ha sostenuto che i legami tra Russia e Cina rappresentano un esempio di come dovrebbero svilupparsi le relazioni tra gli Stati nel XXI secolo. “Sono lieto di avere l’opportunità di essere in una linea diretta di comunicazione con lei, questo ci consente di discutere a fondo lo sviluppo delle relazioni sino-russe, la partnership globale e l’interazione strategica”, ha detto rivolgendosi a Xi.

Diversi i punti di convergenza: l’alleanza militare Aukus tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti mina gli equilibri; Pechino sostiene l’iniziativa di Mosca volta a creare un sistema di garanzie di sicurezza con la Nato. Senza dimenticare le necessità delle due parti verso gli Stati Uniti: per la Russia ottenere garanzie dalla Nato dimostrando un potenziale ruolo anti Cina; per la Cina dimostrare di avere un alleato importante al suo fianco.

Ma ci sono anche le spine, come ha spiegato all’HuffPost Giorgio Cuscito, analista di Limes sulla Cina e l’Indo-Pacifico: “I due leader hanno cercato di dimostrare che la loro è un’alleanza solida e di lungo periodo. In realtà, questo rapporto difficilmente diventerà una vera e propria alleanza perché – al di là della condivisa opposizione agli Stati Uniti – sul piano strategico permangono dei rilevanti fattori di attrito”. A partire dall’ambiguità reciproca su Donbass e Taiwan: “Se Pechino non ha riconosciuto ufficialmente il referendum per l’ingresso della Crimea nella Federazione russa, è stato anche per evitare di alimentare le spinte secessioniste a Hong Kong”, ha spiegato Cuscito. “Allo stesso tempo, però, ha visto l’argomento come uno spunto di riflessione per la conquista di Taiwan, su cui invece i russi – furbescamente – si sono schierati: tempo fa [il ministro degli Esteri russo Sergej] Lavrov aveva detto ‘per noi Taiwan già fa parte della Cina’, ma era un modo per parlare agli americani e dimostrare di avere un ruolo nella questione, dato che dalla prospettiva russa non è affatto conveniente che la Cina diventi ancora più potente prendendo Taiwan”.

(Foto: Cremlino)



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