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Debito cinese (non) ti conosco. Il nuovo anno parte in salita

Nell’anno del collasso di Evergrande gli investitori si sono accorti di non potersi più fidare delle grandi società cinesi e del loro debito. E ora sono pronti a ridurre l’acquisto di azioni e bond nel 2022

Un anno se ne va, un altro ne arriva. E per la Cina è tempo di fare due conti, dandosi una prospettiva, o almeno provandoci. Il 2021 che si sta per chiudere verrà ricordato come l’anno della grande crisi del debito, che ha trovato nel collasso di Evergrande la sua massima espressione. Un imbuto che nei lunghi e drammatici mesi della pandemia ha inghiottito banche, imprese, fornitori ma, soprattutto, centinaia di migliaia di risparmiatori e obbligazionisti che a Evergrande e alle sue promesse avevano creduto. Al punto da prestargli decine di miliardi di dollari.

Fiducia mal ricambiata, visto come sono andate le cose. Ma il conto per Pechino è servito: gli investitori globali non si fidano più della Cina e nel 2022, salvo massicce iniezioni di fiducia nei mercati, qualcuno starà alla larga dai titoli cinesi. L’effetto Evergrande che diventa sistemico. Lo ha scritto Reuters, chiaro e tondo. Il 2022 non sorriderà al Dragone, almeno sul terreno del debito.

E questo perché  le “turbolenze del debito del settore immobiliare cinese sono destinate a tenere a freno la sottoscrizione di obbligazioni societarie ad alto rendimento, nella prima metà del prossimo anno, dopo che una serie di inadempienze da parte di società immobiliari (Evergrande, ma non solo, ndr) ha lasciato gli investitori globali a leccarsi le ferite”. Insomma, l’offerta di titoli non mancherà, semmai verrà meno la domanda.

D’altronde, il calcolo è presto fatto. Oggi le società immobiliari rappresentano il polmone cinese in termini di emissioni, con centinaia di miliardi piazzati sul mercato, ogni anno. E se tale settore perde colpi e, soprattutto, credibilità, sono dolori. Non può stupire dunque che “il volume di tali emissioni è stato gravemente intaccato dalle preoccupazioni sulla salute finanziaria dei colossi immobiliari cinesi”, scrive l’autorevole agenzia.

In realtà, la crisi di fiducia è già in atto, un po’ in tutta la regione Asia-Pacifico, dove quest’anno sono stati emessi 50,4 miliardi di dollari di obbligazioni societarie ad alto rendimento rispetto ai 63,9 miliardi di dollari del 2020, il valore più basso dal 2018 secondo i dati di Refinitiv. E, nemmeno a dirlo, la Cina ha rappresentato la maggior parte del declino regionale, poiché gli investitori hanno iniziato a chiudere i loro libri contabili in anticipo per evitare il contagio e le ricadute sui loro portafogli per colpa del collasso del settore immobiliare. In altre parole, meglio vendere subito o non comprare affatto per andare incontro a svalutazioni (le azioni di Evergrande oggi valgono qualcosa in più della carta straccia).

E che il 2022 sarà un anno difficile lo si capisce anche dalla crisi, quasi gemella a quella di Evergrande, di Kaisa Group. Il canovaccio è sempre quello: debito accumulato per finanziare progetti che non hanno trovato risposta dal mercato. E così Kaisa non ha effettuato diversi pagamenti previsti su bond in dollari in scadenza e ha avviato trattative con i creditori su un piano di ristrutturazione di ampio respiro. Il gruppo ha fatto sapere di non avere pagato capitale e interessi su un bond da 400 milioni di dollari scaduto il 7 dicembre e di avere mancato anche il pagamento di interessi su altri tre bond, per un totale di oltre 105 milioni. E ad oggi Kaisa ha in circolazione obbligazioni in dollari per circa 11,8 miliardi. Addio 2021, benvenuto 2022.



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