Il gruppo immobiliare simbolo della crisi del Dragone chiede una tregua ai creditori per avviare una ristrutturazione a suon di cessioni. Una strategia destinata a fare scuola, come dimostra l’asta da 10 miliardi intrapresa da Shimao. La fine del gigantismo cinese?
La caduta dei giganti. Quelli cinesi, simbolo della potenza del Dragone, costruita in anni di crescita forsennata, a doppia cifra. Ma anche un Pil a debito, realizzato a base di prestiti non rimborsati e di emissioni obbligazionarie che scadono senza essere onorate. E ora il conto è servito. La crisi di Evergrande, il colosso immobiliare cinese la cui agonia è diventata il simbolo dei grandi mali del Dragone, è giunta a un punto di svolta.
Sì perché il gigante del mattone, schiacciato da oltre 300 miliardi di dollari di debiti e con le azioni quotate a Hong Kong ridotte a carta straccia, ha chiesto ai suoi creditori di pazientare in vista di una profonda ristrutturazione del gruppo. La quale, non è certo un mistero, prevede la progressiva dismissione degli asset per far sì che si possa generare la cassa con cui pagare i creditori, risparmiatori e obbligazionisti in testa.
Il cantiere, a dire il vero, si è aperto già nell’agosto scorso quando Evergrande ha aperto formalmente le trattative per cedere alcuni asset di pregio ad alcuni investitori interessati. In particolare, tra i pezzi messi sul mercato, ci sarebbero Evergrande New Energy Vehicle ed Evergrande Property Services. E in dismissione sarebbero finiti anche la maggior parte dei progetti di rinnovamento urbano di Evergrande nella città meridionale di Shenzhen, dove il gruppo ha il suo quartier generale.
Che Evergrande si avvii al ridimensionamento è quasi certo. Altrimenti non si spiegherebbe la richiesta esplicita della società ai creditori, affinché almeno per un po’ depongano le armi, soprattutto legali. Come a dire, se verrà concesso a Evergrande di essere fatta a pezzi ci saranno rimborsi per tutti. E così Evergrande “ha esortato i creditori a concedere più tempo” e ad astenersi da qualsiasi azione legale radicale in vista di un piano di ristrutturazione completo. In particolare, la richiesta è indirizzata agli obbligazionisti offshore (quelli internazionali, che hanno investito nei bond in dollari), chiedendo non adottare azioni legali aggressive sui rimborsi.
La compagnia di Shenzhen ha dichiarato ai creditori esteri che il consiglio di amministrazione, il comitato per la risoluzione dei rischi e l’intero gruppo “non stanno risparmiando sforzi per valutare la situazione aziendale, stabilizzare la produzione e il funzionamento”. Attenzione però, perché le dismissioni di Evergrande non saranno ne le prime ne tanto meno le ultime. Ma forse l’inizio di un generale ridimensionamento dell’intero comparto immobiliare cinese.
Anche un’altra big, Shimao, con una situazione finanziaria precaria, ha messo in vendita asset per oltre 10 miliardi di euro per garantire il suo flusso di cassa. Il gruppo, il tredicesimo conglomerato immobiliare cinese per vendite a contratto, ha messo sul mercato 34 progetti in 17 città, tra cui Pechino e Shanghai. Si tratta di progetti residenziali e di uffici, nonché un complesso alberghiero a Shanghai. Fine di un’epoca?