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Buio a Hong Kong, tra parlamentari “patrioti” e siti oscurati

A pochi giorni dagli arresti dei giornalisti del sito “Stand News” chiude anche “Citizen News”, piccola testata nota per la copertura dettagliata dei tribunali e della politica locale. Il motivo è la preoccupazione per il peggioramento dell’ambiente dei media negli ultimi due anni e l’impossibilità di lavorare senza violare le leggi imposte dal governo cinese

In seguito alle elezioni legislative, il governo di Hong Kong ha insediato i 90 nuovi deputati del Consiglio legislativo. Un gruppo di candidati che hanno superato l’esame delle autorità elettorali e sono stati considerati “patrioti” perché rispettano le linee politiche del Partito Comunista Cinese.

I candidati che sono riusciti a correre nelle elezioni del mese scorso sono stati esaminati per la loro lealtà politica e solo 20 dei 90 seggi sono stati assegnati tramite elezione diretta (qui l’articolo di Formiche.net). Il resto dei deputati è stato scelto dai comitati pro-Pechino. In questo modo, la leader dell’amministrazione sostenuta dalla Cina, Carrie Lam, non avranno alcuna opposizione al Parlamento per i prossimi quattro anni.

Sono state silenziate anche altre voci critiche al governo di Pechino. Dopo cinque anni di attività nel settore dell’informazione, il sito indipendente Citizen News ha cessato oggi le pubblicazioni. Il motivo: il controllo sempre più stringente da parte delle autorità di Hong Kong. Sono anche stati congelati circa 7,5 milioni di euro del loro patrimonio.

Con un comunicato ufficiale, la testata ha spiegato la chiusura. Il caporedattore, Chris Yeung Kin-hing, ha dichiarato che è molto difficile lavorare senza incorrere in violazioni delle leggi e azioni giudiziarie: “Dal caso di Stand News abbiamo notato che molti articoli e notizie sono considerati sediziosi. Siamo preoccupati di aver violato la legge a nostra insaputa. Non lavoriamo in un ambiente sicuro. Anche i giornalisti sono umani e hanno famiglie e amici. Non vogliono trovarsi in questo dilemma semplicemente a causa del loro lavoro”.

Citizen News ha sottolineato che questo è un momento di “crescente preoccupazione per la libertà di stampa a Hong Kong […] Purtroppo i drastici cambiamenti nella società e il peggioramento dell’ambiente dei media negli ultimi due anni hanno fatto sì che non possiamo più perseguire i nostri ideali senza preoccupazione”.

Sul quotidiano The New York Times si legge che Citizen News era un piccolo sito di notizie online di Hong Kong noto per la sua copertura dettagliata dei tribunali e della politica locale.

“L’ultima chiusura è il capitolo finale della fine dei media indipendenti a Hong Kong – prosegue il NYT -, dove una volta c’erano alcuni dei media più liberi e aggressivi dell’Asia. Oggi Pechino continua a reprimere la città e i giornalisti che un tempo riferivano delle proteste e della politica della città vengono sempre più arrestati o perdono il lavoro senza rivelarlo da nessuna parte”.

Lokman Tsui, ex professore di giornalismo all’Università cinese di Hong Kong, crede che questa repressione fa parte di un più “ampio progetto del governo per smantellare tutti i media importanti di tutti i media indipendenti di Hong Kong”.

Pochi giorni fa era stato chiuso un altro sito indipendente, Stand News, dopo sette anni di attività. Il 29 dicembre la polizia ha arrestato sette membri della redazione incriminati per associazione a delinquere finalizzata alla diffusione di pubblicazioni sedizione. A Hong Kong, questi reati sono punibili con due anni di carcere e una multa di 5000 dollari (qui l’articolo di Formiche.net sulla repressione ai media a Hong Kong e il ruolo dell’Occidente).

Amnesty International ha condannato la “campagna repressiva nei confronti della libertà di stampa a Hong Kong” e ha chiesto “l’immediata scarcerazione di tutti gli operatori dell’informazione arrestati solo per aver svolto il loro legittimo lavoro giornalistico”.

Sulla vicenda, Lam ha affermato che la chiusura di due testate giornalistiche indipendenti non è conseguenza dello stato della libertà di stampa, perché sono state invece decisioni prese dai media.

“Per nessuno di quei media abbiamo fatto qualcosa. Non sono mai stati contattati dall’agenzia di sicurezza – ha dichiarato -. Se hanno deciso di cessare le attività per proprie preoccupazioni, penso non sia nulla di insolito […] Finché i media non s’impegnano in azioni illegali, possono continuare a dare notizie a Hong Kong”.

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