Intervista alla deputata del Movimento 5 Stelle, vicepresidente del Copasir e relatrice del rapporto sulla sicurezza energetica. Italia troppo dipendente da Russia e Cina, nel breve-medio periodo sfruttiamo il nostro gas ma no a nuove trivellazioni. Da rifare le gare sulle rinnovabili
La transizione verde non avverrà dalla notte al giorno. Prima di assicurarsi un futuro green, l’Italia deve garantirsi un presente energetico che tenga conto di tutti i fattori in causa: inquinamento, risparmio, sicurezza. È questo il messaggio che emerge tra le righe della nuova relazione del Copasir sulla sicurezza energetica. Federica Dieni, deputata del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del comitato di Palazzo San Macuto, ha firmato un documento che farà parlare di sé.
Qual è il cuore della relazione?
Le minacce alla sicurezza nazionale non sono solo fisiche. Di energia sentiamo parlare molto ultimamente per il caro bollette e l’impatto sulla vita dei cittadini. Ma c’è una dimensione strategica che deve preoccuparci altrettanto.
Il Copasir avvisa: nel settore energetico l’Italia è dipendente. Da chi?
I numeri parlano: non siamo un Paese autonomo. Subiamo la pressione di attori politici diversi, Russia in testa. In questo modo tensioni geopolitiche come la crisi in Ucraina possono avere un impatto diretto sulla nostra sicurezza energetica. Un blackout in Europa o in Italia non è fantascienza.
Ci sono davvero alternative al gas russo?
Ci sono nel medio periodo. La transizione ecologica rimane la meta, ma non sarà un processo immediato: oggi in Italia le fonti rinnovabili coprono circa il 20% del fabbisogno energetico.
Quindi?
Quindi una via c’è: aumentare temporaneamente la produzione interna di gas. Non con nuove trivellazioni, ma sfruttando al massimo il potenziale esistente. Oltre a dare sollievo al costo del gas e al caro bollette, permetterebbe di ridurre le importazioni, con un calo dell’inquinamento dovuto alla produzione di CO2 durante il trasporto dall’estero.
Tabelle alla mano, il gas italiano può fare poco…
Certo, non è sufficiente. Come ho detto però parliamo di una prospettiva di breve periodo. Nel medio-lungo termine dobbiamo investire sulle rinnovabili e sulla loro filiera, a partire dagli accumulatori di energia. Le nostre società devono essere assistite per dotarsi di questi strumenti di produzione e accumulo.
Dieni, sentir parlare di trivellazioni in una relazione firmata da una parlamentare dei 5 Stelle fa un certo effetto. Avete cambiato idea?
Assolutamente no. Non c’è un via libera a nuove trivellazioni. Il messaggio è semplice: siamo in mezzo a una crisi energetica, il gas che importiamo costa di più e ha un alto impatto ambientale. Possiamo recuperare parte del gap sfruttando i giacimenti già in funzione.
Ma non si parla solo di gas…
No, il comitato traccia una road map per altri settori. Penso all’idrogeno verde, o all’idroelettrico. Qui in particolare sottolineiamo il rischio che alcune norme del Ddl concorrenza creino pregiudizio alle imprese nazionali.
Il comitato lancia un altro monito: la transizione green rischia di fare un assist alla tecnologia cinese. Come si può mitigare il rischio?
Il primo passo è dotarsi di una struttura di intelligence economica. In altri Paesi europei esiste e dà sostegno alle imprese nazionali. Non scopriamo oggi che l’Italia deve comprare dall’estero buona parte della componentistica necessaria alla transizione. Ma abbiamo anche aziende di eccellenza che possono essere valorizzate, dalla costruzione dei pannelli allo smaltimento.
Aziende che però non fanno a spintoni per presentarsi alle gare. Qualcosa non funziona?
Sì, lo diciamo chiaramente. Le gare devono essere ripensate e riscritte, stiamo perdendo tempo prezioso.
Sul nucleare sospendete il giudizio. Vi aspettavate una linea più coerente dal governo?
Partiamo dai fatti: non c’è oggi la volontà di portare il Paese verso il nucleare, almeno nel medio periodo. Servono cinquant’anni, tempi troppo lunghi. Noi rimettiamo la decisione al legislatore, e ci limitiamo a sottolineare l’eccellenza della ricerca italiana, anche nella nuova frontiera della fusione nucleare.
A proposito di tempi lunghi: nel rapporto sollevate il punto della pianificazione. Si può fare di più?
Sì, in questo settore la pianificazione di lungo periodo, come dimostra la Russia nel mercato del gas, è fondamentale. Per questo proponiamo la stesura di un piano energetico nazionale che non cambi al cambiare dei governi.