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Infowar sull’Ucraina a Roma. Scontro diplomatico Usa-Russia

Accuse di “false flag”. L’ambasciata di Mosca in Italia risponde a quella di Washington sull’ipotesi invasione: “Mistificazioni ossessive”. La conferma, dopo l’incontro Putin-imprenditori, che il ruolo dell’Italia è cruciale

Il ruolo politico, diplomatico e militare dell’Italia nella crisi ucraina e nella Nato appare cruciale, anche a giudicare dal braccio di ferro diplomatico in corso tra Stati Uniti e Russia.

“L’Italia darà il suo contributo e farà la propria parte, riaffermando il valore della coesione” della Nato, aveva dichiarato Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, in un colloquio con la Repubblica. Così dicendo aveva ribadito la posizione italiana poche ore prima dell’incontro del 26 gennaio tra il presidente russo Vladimir Putin e una delegazione di imprenditori italiani.

Un’occasione che è stata al centro dell’attenzione in Italia: un’“iniziativa privata”, è filtrato da Palazzo Chigi; non si può “compromettere la affidabilità transatlantica”, hanno avvertito tre membri del Copasir, esponenti della maggioranza di governo. Preoccupazioni sono state espresse anche all’estero: l’incontro è stato bollato come “inopportuno” dalle istituzioni europee secondo fonti citate dell’agenzia Ansa; dagli Stati Uniti è trapelato il timore di divisioni nel fronte euroatlantico sulle risposte alle mosse russe (tra cui le sanzioni).

È in questo clima che a Roma va in scena un braccio di ferro diplomatico tra Washington e Mosca.

Il 21 gennaio l’ambasciata statunitense a Roma ha diffuso un documento del dipartimento di Stato dal titolo “Come la Russia conduce operazioni false flag”. Lo stesso hanno fatto le altre rappresentanze diplomatiche degli Stati Uniti in Europa. Secondo Washington, “il Cremlino potrebbe tornare al suo vecchio playbook” in Ucraina orientale. Il rapporto cita precedenti come i disordini in Georgia nel 2008, l’occupazione della Crimea nel 2014 e perfino il bombardamento da parte dell’esercito dell’Unione Sovietica di un villaggio russo di Mainila, vicino alla Finlandia, con Mosca che poi puntò il dito contro quest’ultima come pretesto per avviare la cosiddetta guerra d’inverno.

Il documento richiama quanto Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, aveva dichiarato il 14 gennaio scorso sostenendo che l’intelligence ha dimostrato come la Russia stia gettando le basi anche attraverso una campagna di disinformazione sui social che fornisce il quadro di un’Ucraina aggressore che sta preparando un imminente attacco alla Russia. Mosca, aggiungeva, avrebbe già inviato operatori addestrati alla guerriglia urbana che potrebbero fingere attacchi di sabotaggio alle forze russe — facendo ricadere la colpa degli atti sull’Ucraina — se il presidente russo Putin dovesse decidere per un’invasione.

“Finora, tutte queste affermazioni sono state infondate e non sono state confermate da nulla”, aveva replicato a stretto giro Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino.

Il 27 gennaio, cioè all’indomani dell’incontro tra Putin e gli imprenditori italiani, l’ambasciata russa a Mosca ha pubblicato una nota dal titolo “La ‘falsa bandiera’ degli Usa”. Il documento di Washington è definito un “ennesimo esempio di propaganda semi-militare statunitense cortesemente presentato al pubblico dall’ambasciata degli Stati Uniti in Italia”. Parlando di “fantasie e mistificazioni ossessive” ed evitando per questo di discuterle, la diplomazia russa non viene meno al suo noto approccio pungente, invitando a occuparsi del caso gli esperti del Walter Reed National Military Medical Center, in Maryland, “proprio quello dove nel 1949 mise fine alla sua vita l’ex primo segretario alla Difesa James Forrestal, ripetendo più volte prima del suicidio la frase ‘i russi stanno arrivando!’”.

Secondo la diplomazia russa gli Stati Uniti stanno seguendo un approccio già suggerito da “un noto esponente nazista che però non raggiunse il Processo di Norimberga” mescolando “alla menzogna delle semi-verità e persino la verità, per ottenere un effetto di credibilità”. Come Washington, anche Mosca va indietro nel tempo alimentando le teorie del complotto dietro l’esplosione della USS Maine nel 1898 e citando “il famigerato discorso” dell’allora segretario di Stato americano Colin Powell alle Nazioni Unite del 2003, quando “agitava energicamente una fiala con polvere bianca a conferma del possesso da parte dell’Iraq di armi di distruzione di massa” (vicenda scelta dall’ambasciata russa a Roma per “fotografare” la nota). Poi cita episodi “italiani”, come “il rapimento dell’imam Abu Omar a Milano, compiuto per mano degli agenti della CIA nel 2003 e il suo illegale trasferimento dall’Italia nello stesso anno”.

Nona Mikhelidze, ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali, aveva spiegato su Formiche.net che incontri come quello con gli imprenditori italiani servono al presidente russo Putin a cercare “un’interlocuzione diretta con blocchi di potere che possano fare pressioni sui governi e spingerli a prendere posizioni più sfumate” davanti a “incursioni minori” come può essere il riconoscimento formale di aree separatiste. Infatti, ricordava l’esperta, la narrativa occidentale attorno alle sanzioni “è costruita sulla possibilità di una campagna di larga scala”.

E con la nota di risposta all’ambasciata statunitense a Roma, episodio unico in Europa, quella russa sembra decisa a utilizzare i suoi canali mediatici per fare pressione anche sull’opinione pubblica italiana.



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