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Tim, la nomina di Labriola apre la strada alla rete unica

Come previsto il board nomina il manager di Tim Brasil successore di Luigi Gubitosi alla guida del gruppo telefonico. Un voto unanime che può sancire il nuovo corso e l’accelerazione verso un piano industriale che guarda alla rete unica con la regia di Cdp e che punta a fermare Kkr

La strada italiana verso la rete unica è meno in salita. Pietro Labriola è ufficialmente il successore di Luigi Gubitosi al vertice di Tim. Non che ci fossero particolari dubbi o resistenze alla vigilia del board odierno, cominciato nel primo pomeriggio, nel corso del quale l’ormai ex direttore generale che dopo il passo indietro di Gubitosi, un mese e mezzo fa, ha preso le redini del gruppo telefonico, è stato cooptato ceo.

Il comitato nomine, riunitosi ieri, aveva sul tavolo una rosa di tre nomi, accuratamente selezionati dall’advisor Spencer Stuart. Ma i giochi erano fatti. E così, al termine di un board tutto sommato asciutto (2 ore scarse), Labriola è stato nominato ad di Tim con voto unanime. Un manager che il gruppo lo conosce bene: nato ad Altamura il 1 ottobre 1967, è entrato in Telecom Italia nel 2001. E dal 3 aprile 2019 è ceo di Tim Brasil, società nella quale aveva assunto la carica di Chief operating officer nel 2015.

Colmata la casella più importante nell’ex monopolista, è abbastanza probabile che si vada incontro a un’accelerazione verso la creazione di un’infrastruttura di rete unica, da mettere sotto il cappello dello Stato, a mezzo Cassa Depositi e Presiti, azionista al 9,8% di Tim, o mediante la controllata della fibra (60%), Open Fiber. E questo oltre 15 anni dopo il progetto che Angelo Rovati, consigliere economico dell’allora premier Romano Prodi aveva inviato in via confidenziale al presidente dell’allora Telecom, Marco Tronchetti Provera, concepito per staccare l’infrastruttura di rete e attribuirla a una nuova società partecipata dalla Cassa.

Come raccontato più volte da Formiche.net, la nomina di Labriola apre non solo formalmente la strada verso un piano industriale con cui fermare l’avanzata di Kkr, il fondo americano pronto a offrire 50 centesimi ad azione, 8 in più dell’attuale valore in Borsa del titolo. Il prossimo 26 gennaio, infatti, Labriola illustrerà agli azionisti di Tim il piano industriale che punta alla separazione dell’infrastruttura dalla parte commerciale, per metterla a sistema con l’asset in fibra di Open Fiber. Un’operazione che piace al governo, darebbe a Cdp la governance della nuova società e soprattutto verrebbe vista di buon occhio dal socio di riferimento (23,7%) dell’ex Telecom, Vivendi.

La media company del raider bretone Vincent Bolloré, che dai tempi della scalata di 7 anni fa è il perno del gruppo, nel rigettare l’offerta di Kkr, si è sempre detta disponibile a rimanere socio di peso e di lungo periodo, pur in una logica di spin-off. Una saldatura tra azionisti che, unita al piano industriale di Labriola e al probabile placet del governo, che mal digerirebbe un approccio da fondo di private equity quale Kkr è, costituisce un ostacolo non da poco alle pretese del fondo statunitense, che potrebbe persino arrivare a decidere di ritirarsi.

E così, dopo tanti anni di discussioni teoriche ora la strada verso la separazione della rete di Tim dalla sua attività commerciale sembra aver imboccato una strada condivisa. Davanti a Labriola restano ancora degli ostacoli. Intanto c’è da approvare e far digerire al mercato un bilancio 2021 su cui pesano ben tre profit warning. E poi c’è da rimettere in carreggiata il titolo, che negli ultimi ha subito pesanti discese, toccando un minimo di 41 centesimi. Anche oggi il mercato non è stato clemente, chiudendo a -1,5%. Ora però, si volta pagina?

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