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Chi è l’anti Erdogan che si candida alle presidenziali turche del 2023

Kilicdaroglu ha dichiarato che il presidente turco in carica non potrebbe candidarsi per un terzo mandato presidenziale secondo la costituzione del Paese, a meno che non si tengano elezioni generali anticipate

È il principale leader dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu, l’anti Erdogan che si candida alle presidenziali turche del 2023. Il governo sta provando in tutti i modi a gestire la peggiore crisi economica del Paese nei quasi 20 anni di potere erdoganiano, ma secondo i sondaggi l’inflazione e il crollo della lira hanno inferto un duro colpo a Erdoğan e alla popolarità del suo governo. Kilicdaroglu ha dichiarato che il presidente turco in carica non potrebbe candidarsi per un terzo mandato presidenziale secondo la costituzione del Paese, a meno che non si tengano elezioni generali anticipate.

Chi è e cosa ha fatto

Quarto di sette figli, economista, è in politica dal 2002 quando è stato eletto per la prima volta in Parlamento. Si è subito distinto per aver raccontato in tv casi di corruzione in cui erano coinvolti alti funzionari del Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) come Şaban Dişli e Dengir Mir Mehmet Fırat. Nel gennaio 2016 è stato processato per aver insultato il presidente Erdoğan e per aver espresso parole forti contro l’arresto di oltre 20 accademici, che avevano firmato una petizione per la pace e contro la repressione militare verso i curdi. L’anno dopo ha promosso una la marcia per la giustizia, da Ankara a Istanbul, per protestare contro l’arresto di Enis Berberoğlu a seguito del tentativo di colpo di Stato del 2016. Inizialmente alla marcia erano presenti solo poche decine di persone, ma si è giunti in poche ore a migliaia di partecipanti.

Ha detto pubblicamente che si è sempre rifiutato di fare politica sulle identità etniche e sulla religione. “Sono un alevita. Da quando è un crimine essere aleviti in questo paese?”.

Oltre Kilicdaroglu

Dietro Kilicdaroglu gli altri nomi spendibili, oggi o domani, sono quelli del sindaco di Ankara Mansur Yavas, dell’ex presidente Abdullah Gul e del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu. Erdogan continua a rifiutare le elezioni anticipate sia perché vuole più tempo per cogliere i frutti del suo nuovo programma economico, sia perché subito dopo si terranno quelle locali che ne verranno fisiologicamnete influenzate.

Quale opposizione

L’evoluzione del Partito popolare repubblicano socialdemocratico (CHP) lo ha portato prima a strutturare alleanze con un insieme diversificato di partiti per rivolgersi a un pubblico più ampio. Poi si è approcciato ad una retorica laica, antireligiosa e nazionalista, comprese misure repressive come il famigerato divieto del velo degli anni ’90. Adesso con la guida Kılıçdaroğlu, il partito si è gradualmente allontanato da quell’approccio, scusanosi pubblicamente con coloro che il suo partito aveva offeso in passato. Ha inoltre imboccato una precisa direzione di marcia, segno che per la prima volta nella storia della repubblica turca, la ricerca di un consenso politico è al primo posto nella graduatoria di mosse e contromosse. Le alleanze politiche saranno, quindi, determinanti sia prima che dopo le urne.

Golpe e scricchiolii

Del possibile cambiamento di scenario politico in Turchia si è avuta contezza solo dal 2016 in poi: quello è stato un anno spartiacque, iniziato con il fallito golpe di luglio che ha interrotto una narrazione che era centrata solo su Erdogan. E da quel momento in poi si è diffusa l’opinione (sia al di qua che al di là del Bosforo) che Erdoğan potesse essere sconfitto in un’elezione politica come dimostra il trend del 2019. Lo stato di emergenza repressivo che è seguito al golpe ha scritto una pagina nuova nella storia turca, dando fiato ad una narrativa inimmaginabile fino a pochi anni prima, sfociata nei risultati delle elezioni amministrative del 2019, quando l’opposizione vinse nella maggior parte delle città metropolitane, comprese Ankara e Istanbul.

Da qui alle urne

Le prossime elezioni presidenziali e parlamentari sono previste per giugno 2023, ma non si possono escludere le urne anticipate, vista la difficoltà di Erdoğan a dare per scontata non solo la rielezione ma anche la gestione di emergenze quotidiane come l’inflazione e la ripartenza post pandemia. Inoltre il passaggio da un sistema di governo parlamentare a uno presidenziale non stanno dando i risultati sperati per il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP).

Due gli elementi che potranno incidere. In primis, il Fondo monetario internazionale ha fissato il tasso di crescita della Turchia nel 2021 al 9% e nel secondo trimestre del 2021, secondo i dati Ocse, la Turchia è diventata la seconda nazione in più rapida crescita tra i membri. Oltre ciò spicca il dato sulle esportazioni: nel novembre scorso, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, sono aumentate del 33,44%, raggiungendo quasi 21,5 miliardi di dollari. Di contro se è vero come è vero che la pandemia ha colpito duramente l’economia turca, è aumentata di pari passo anche l’inflazione a causa della diminuzione dei tassi di interesse decisa dalla banca nazionale turca teleguidata dal Sultano.

@FDepalo

(Foto: Kemal Kılıçdaroğlu on Flickr)

 

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