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Unione europea, l’autonomia strategica passa per materie prime e chip

La riunione dei ministri dell’Industria e del mercato interno, sotto la presidenza francese del Consiglio europeo, ha rimesso al centro delle discussioni il ruolo delle materie prime critiche e dei semiconduttori. Sono le fondamenta del futuro dell’Europa verde e digitale: serve prepararsi per le future crisi, geopolitiche e non solo…

I Paesi europei vogliono ridurre la dipendenza su Paesi terzi per l’approvvigionamento di materie prime critiche. La questione è di importanza strategica, per la competitività dell’industria 4.0, dalle batterie agli ambiziosi piani per ampliare la quota europea nella produzione di chip fino all’idrogeno, e per la salvaguardia delle filiere da futuri shock, come la pandemia.

A confermare l’importanza di questo dossier è stato l’incontro tenutosi a Lens tra i ministri europei con delega all’industria e al mercato interno, in cui si è discusso di come rafforzare l’autonomia strategica dell’Unione europea e ridurre le vulnerabilità esterne. I partecipanti hanno sottolineato l’importanza di assicurare gli approvvigionamenti, interni ed esterni, di materiali critici per l’industria europea presente e del futuro.

Sono passati quasi cinque anni dal famoso discorso alla Sorbona di Emmanuel Macron sulla “sovranità europea”, nella quale venne delineata la visione per un’Europa che potesse imporsi nel mondo a difesa dei suoi interessi e valori. Due aspetti che si intrecciano nell’agenda digitale, verde e sociale della Commissione europea che negli ultimi due anni ha visto scontrarsi con la dura realtà della pandemia, della crisi energetica e logistica, e di un’inflazione che ha toccato il +5,1% nel mese di gennaio. Ma tra le priorità della presidenza francese del Consiglio europeo vi è la convinzione di poter rilanciare i temi del digitale, della transizione ecologica e della giustizia sociale.

Ma per farlo serve partire dalle basi materiali della transizione in un contesto geopolitico sempre più irrigidito e che espone la base industriale europea, e dunque la sua competitività e i posti di lavoro, a più vulnerabilità. La spinta francese in questo senso, che ha di recente presentato un piano nazionale in seguito al “Rapporto Varin”, si fa sentire. E lo ha confermato a marzo 2021 uno studio stilato insieme alla Strategia Industriale Europea, che ha individuato 137 prodotti in cui l’Ue è fortemente dipendente. Una lista che comprende settori come la salute, la difesa, i materiali critici e l’elettronica avanzata.

All’incontro, il Commissario al mercato interno Thierry Breton, fermo sostenitore della necessità di adottare strumenti per affrontare “la geopolitica delle catene del valore”, ha rimarcato come tra le priorità vi sia il passaggio dell’European Chips Act, che dovrebbe stimolare la produzione sul continente del 20% di semiconduttori a livello globale entro il 2030. Seppur vi siano ancora dubbi sui contenuti della misura, l’intervento legislativo, previsto per l’inizio di questo mese, accelererà la transizione dalla ricerca alla manifattura, gli investimenti nelle attività produttive e la sicurezza delle forniture in caso di crisi.

L’Europa deve prepararsi ai prossimi eventi improvvisi, specialmente sul fronte delle materie prime. “Non è una questione del se, ma di quando” ha rimarcato Maros Sefcovic, vicepresidente della Commissione agli affari interistituzionali, a margine dell’incontro. “L’autonomia strategica è vitale per assicurare che l’Europa rimanga una delle più grandi economie del mondo. In un mondo sempre più complesso a livello geopolitico, dove la competizione si allarga a nuovi settori, dobbiamo forgiare il nostro destino abbracciando una visione a lungo termine”.

Si tratta di sforzi che la politica dovrà coordinare necessariamente con l’industria. E tra i settori che più risentiranno di queste dinamiche, e tra i più strategici in Europa, vi è quello dell’automotive, travolto tanto dalla carenza di semiconduttori quanto dalla crescente spinta verso la mobilità elettrica che richiederà ingenti quantità di materie prime. Non sono passate inosservate le dichiarazioni di Ola Kaellenius, CEO di Mercedes-Benz, che in un’intervista di ieri al quotidiano tedesco Die Zeit ha affermato: “L’industrializzazione delle miniere e delle capacità di raffinazione potrebbero non stare al passo della domanda. Se ciò accadesse, potrebbe rallentare la transizione elettrica, ma non prevenirla”.

Dal litio alla grafite, passando per il magnesio alle terre rare. La lista della Commissione, che comprende 30 materiali critici, verrà aggiornata nel 2023 e ha già indotto ad importanti iniziative. Tra le proposte discusse a Lens, spicca la necessità di affidarsi alle riserve domestiche e di accelerare i permessi. Sono stati identificati 260 importanti depositi di materiali per le batterie, così come tecnologie all’avanguardia per attività di esplorazione e d’estrazione sostenibili e in linea con gli standard ambientali. In secondo luogo, i ministri hanno discusso la possibilità di lanciare nuove iniziative d’investimento per materiali primari (frutto dell’attività mineraria) e secondari (riciclo). L’European Battery Alliance, lanciata nel 2017, ha stabilito un nuovo fondo pubblico-privato da 400 milioni di euro da impiegare su circa 10 progetti. L’European Raw Materials Alliance (ERMA) ha invece creato una Clean Technology Materials Task Force, coinvolgendo l’European Investment Bank e l’European Bank for Reconstruction and Development. Infine, sfruttare al meglio le possibilità dell’economia circolare. “Ad oggi, solo 12% delle materie prime utilizzate nell’industria europea proviene dal riciclo. Dobbiamo fare meglio”, ha concluso Sefcovic.

Una discussione che dovrà allinearsi anche alle raccomandazioni degli altri organi istituzionali dell’Unione Europea, che vigilano sul dossier materie prime da più prospettive, sociale e ambientale. A novembre 2021, era stato il Parlamento a pronunciarsi con l’approvazione di un rapporto stilato dall’europarlamentare Hildegard Bentele.

Lunedì è stata invece l’occasione per il Comitato economico e sociale europeo (EESC) di discutere sul tema, durante la conferenza Critical Raw Materials: an essential building block for the future of Europe. Hanno partecipato importanti esponenti delle istituzioni europee e diversi stakeholders dell’industria continentale. Tra i punti nodali affrontati, la necessità di assicurare l’open strategic autonomy europea nel campo dei materiali critici e l’importanza di soluzioni circolari, oltre a rilanciare l’industria e le conoscenze minerarie europee. “Questo decennio è critico, il tempo di agire è ora” ha commentato Bernd Schafer, CEO di EIT Raw Materials, intervenuto durante l’introduzione all’evento.

In quest’ottica, serviranno cinque azioni fondamentali secondo l’associazione di categoria, Eurometaux: gettare le basi per un Important Projects of Common European Interest (IPCEI) per materie prime chiave; lanciare un fondo per gli investimenti dedicato per supportare nuovi progetti; adottare misure per filiere sostenibili e responsabili; assicurare un contesto favorevole (level playing field) al business e gli investimenti europei; e infine assicurarsi partnership estere laddove le risorse domestiche non siano sufficienti. Parliamo di Ucraina e Canada, con i quali la Commissione ha già stabilito accordi di fornitura, e in prospettiva paesi africani.

Un accesso sicuro, stabile e sostenibile alle materie prime necessarie per l’adozione delle nuove tecnologie, digitale ed energetiche, “sarà la chiave per permettere al proprio sistema-Paese o alla propria area economica di ottenere un vantaggio di competitività rispetto ad altre aree concorrenti”, ne è convinto Matteo Codazzi, amministratore delegato di Cesi, raggiunto ieri dal Corriere della Sera.


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