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Draghi, le bollette e l’inflazione che morde la ripresa. La versione di Cottarelli

Intervista all’economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici: da Francoforte nessuna ambiguità, lo spread è salito perché i mercati hanno percepito la preoccupazione dell’Eurotower, niente di più. Lagarde ha fatto bene a non anticipare la stretta ma se tra due mesi l’inflazione non rallenta allora bisognerà rivedere la tabella di marcia. Draghi? Meno male che non è andato al Quirinale

I tempi sono maturi o quanto meno cominciano a diventare stretti. E allora, se è vero che la Banca centrale europea ha fatto bene a non anticipare una stretta monetaria per arginare un’inflazione oltre il 5%, allora è altrettanto vero che la scelta non è più rimandabile. Di questo è convinto l’economista Carlo Cottarelli, oggi a capo dell’Osservatorio dei conti pubblici in seno alla Cattolica di Milano. I prezzi mordono, bisogna agire, ma attenti a come lo si fa. E comunque, è un bene che Mario Draghi sia rimasto a Palazzo Chigi, uscito tutto sommato indenne dalle Forche Caudine del Mattarella bis.

La Banca centrale europea finora si è dimostrata piuttosto cauta verso una possibile stretta sui tassi. Ma c’è chi invece invocava un suo intervento più tempestivo. Come stanno le cose?

La Bce ha fatto bene a non intervenire troppo in fretta. Tuttavia adesso il tempo stringe, se avessimo altri due mesi di crescita dell’inflazione, mese su mese, intorno allo 0,4%, allora sì che un anticipo del disimpegno dall’acquisto di titoli pubblici e dell’aumento dei tassi sarebbe da prendere in considerazione. Ripeto, certamente fino ad oggi la tempistica di Francoforte è stata azzeccata, ma per come si stanno mettendo le cose, lo spazio di manovra per una ulteriore cautela si è quasi esaurito.

Avverto una leggera preoccupazione nelle sue parole…

Io ragiono coi numeri. E le dico che l’inflazione che i millennials non avevano mai conosciuto, è di nuovo tra noi. E non solo tra noi. Negli Stati Uniti l’aumento annuale dei prezzi al consumo viaggia al 7%. Nell’area dell’euro, comprese Germania e Italia, al 5%. Nei Paesi emergenti e in via di sviluppo il Fondo monetario internazionale stima una media del 6%.

C’è chi sostiene che l’aumento dello spread Btp/Bund di questi giorni sia in qualche modo riconducibile a una certa ambiguità di Francoforte. Prima colomba, poi falco…

Ma no, non è così. La Bce ha semplicemente fatto capire che per ora non cambieranno le cose, ma prima o poi succederà. Semplicemente Lagarde ha detto che rispetto a prima c’è un po’ più di preoccupazione e i tassi sono saliti un pochino. Si immagini se all’improvviso avesse detto che la stretta era imminente, allora sì che i mercati avrebbero reagito malissimo. Ricordiamoci sempre, poi, che stiamo parlando di tassi di interesse reali sui titoli di Stato italiani, che sono ancora largamente negativi, intorno al 2%, rispetto all’inflazione, che è al 5%.

Cottarelli nei giorni scorsi lei ha detto che l’Italia nel 2022 crescerà un po’ meno del previsto. Perché?

Sia la Banca d’Italia, sia il Mef hanno rivisto un minimo la crescita, non dimentichiamoci che la crisi del gas pesa molto. Nessuno dice che si finisca in recessione, però dire che si cresce un po’ meno ci sta. Lo scorso anno l’Italia è cresciuta più del previsto, se quest’anno invece del 4,7% il Pil aumenta del 3,5-3,8% non è la fine del mondo.

Lei ha parlato di gas. E allora prendo la palla al balzo. Le bollette stanno diventando ogni giorno sempre più insostenibili per famiglie e imprese. Colpa di una politica energetica latitante da troppo tempo?

Sì, ma vede, ci sono dei vincoli alla stessa politica energetica. Faccio un esempio, pensiamo ai vincoli ambientali su cui non bisogna esagerare. Serve uno sguardo che vada un po’ oltre, non dobbiamo abbandonare l’idea del nucleare, dobbiamo puntare sulle rinnovabili ma mi creda, nell’immediato la bacchetta magica non ce l’ha nessuno.

Potremmo, tanto per cominciare, produrre più gas che peraltro abbiamo sotto i piedi…

Potrebbe essere una soluzione, ma certamente niente di davvero strutturale e risolutivo. Torno sempre ai vincoli ambientali, pensando all’estrazione del gas. E se proprio vogliamo insistere, anche il nucleare ha tempi lunghi, minimo dieci anni. E nel breve termine che facciamo? La situazione è complessa.

Mario Draghi, diciamocelo, era meglio tenerlo a Palazzo Chigi. E così è stato. Lei che dice?

Dico che è stato molto meglio così. Se c’era qualcuno che può tenere insieme questa maggioranza fino al 2023 è proprio lui. I miracoli non riescono a nessuno, sia chiaro, ma se volevamo darci una possibilità allora abbiamo fatto bene a non mandarlo al Quirinale.

 

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