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Covid, chi si ammala di più e per più tempo

Diversi studi scientifici indagano sui fattori di rischio che aumentano la probabilità di finire in ospedale per colpa del virus. E di restare con affaticamento, nebbia cerebrale e battito cardiaco accelerato, tra gli altri sintomi, dopo essere guariti. C’entra la genetica e anche l’intestino…

A due anni dall’inizio della pandemia, il Covid-19 resta una malattia misteriosa. C’è chi supera il virus come una semplice influenza e chi finisce attaccato al ventilatore meccanico in terapia intensiva. Ricercatori in tutto il mondo sono impegnati nello studio dei fattori che rendono più grave la malattia e anche i sintomi che restano nel paziente guarito, condizione conosciuta come Long Covid.

RICERCHE SULLA GRAVITÀ DEL VIRUS

Qualche passo in avanti è stato fatto. Ci sono infatti alcuni dati che dimostrano come esiste un fattore genetico nell’evoluzione del Covid. Un gruppo di ricercatori dell’Università Medica di Bialystok ha individuato un nuovo gene vincolato con un rischio più alto di gravità del virus.

L’agenzia Reuters ha spiegato come i ricercatori hanno identificato il gene come quarto fattore più importante nella determinazione della gravità del Covid-19, duplicando il rischio rispetto ad altri pazienti. Gli altri tre fattori di rischio sono l’età, il peso e il genere.

I GENI “COLPEVOLI”

Su questo tema anche l’Università di Oxford ha pubblicato alcune scoperte. Il gene si chiama LZTFL1, è poco studiato e duplica il rischio di insufficienza respiratoria per Covid-19. Secondo Business Insider, che ha ripreso la ricerca del professore Marcin Moniuszko, questo gene è presente nel 9% della popolazione europea; il 60% della popolazione del sud dell’Asia e il 27% della popolazione in India.

Altre ricerche pubblicate da Science Immunology sostengono che anche il TLR7 potrebbe essere la chiava sulla risposta (positiva o negativa) del sistema immunitario contro il Covid-19. Questo gene è presente nel 20% dei decessi provocati dal virus.

FATTORI DEL LONG COVID

Altre ricerche indagano sui fattori che aumentano la predisposizione a soffrire dei sintomi del Long Covid dopo avere superato il virus, e sulle cure più efficaci. “Asma. Batteri intestinali malsani. E la presenza di malattie autoimmuni, solitamente associati a condizioni autoimmuni. Questi sono alcuni dei fattori di rischio per sviluppare il Long Covid, una condizione con sintomi come affaticamento, nebbia cerebrale e battito cardiaco accelerato che persistono mesi dopo un’infezione iniziale da Covid-19”, si legge sul quotidiano The Wall Street Journal.

Questa ricerca sostiene che i pazienti con malattie autoimmuni, per esempio, potrebbero essere trattati con cure già esistenti, come il caso del lupus. Il fatto che alcune persone si ammalano molto gravemente, e altre no, ha portato i ricercatori ad individuare cure specifiche, dipendendo dalla condizione del paziente.

In una ricerca pubblicata sulla rivista Cell, gli esperti hanno identificato quattro fattori di rischio: “Il più diffuso era la presenza di alcuni auto-anticorpi, che sono anticorpi che attaccano erroneamente il corpo in condizioni autoimmuni come il lupus. I ricercatori hanno trovato gli auto-anticorpi in circa il 60% dei pazienti che hanno sviluppato il Long Covid”.

L’IMPORTANZA DELL’INTESTINO SANO

Un altro fattore di rischio è il virus di Epstein-Barr riattivato, lo stesso che causa la mononucleosi. In alcuni pazienti che hanno avuto il Covid, questo virus si riattiva, provocando il Long Covid. Come fattori di rischio c’è anche il diabete di tipo 2 e il rilevamento di materiale genetico da SARS-CoV-2 nel sangue, che significa che il virus è sfuggito ai polmoni e si continua a diffondere in altre parti e organi.

Infine, c’è l’intestino. I pazienti con un microbioma intestinale sano, vario e abbondante, hanno più possibilità di combattere il Covid-19 e di non soffrire di Long Covid.



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