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Il Giappone sanziona la Russia e si schiera più a Occidente dell’Europa

Interesse a regolare conti aperti con Mosca, volontà di allinearsi al flusso occidentale mosso da Washington, pensiero strategico sulla Cina. Le ragioni della scelta di Tokyo

Il primo ministro giapponese Fumio Kishida annuncia che il suo governo ha varato un pacchetto di sanzioni contro la Russia per le sue azioni in Ucraina — dove i soldati russi hanno violato la sovranità territoriale di Kiev inviando alcune unità nei territori occupati del Donbas, una mossa che segue una decisone del presidente Vladimir Putin annunciata in un discorso televisivo in cui non solo ha riconosciuto l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, ma è anche arrivato a mettere in discussione l’esistenza stessa dell’Ucraina.

Kishida ha definito le mosse di Mosca una “violazione inaccettabile della sovranità ucraina e del diritto internazionale”, e ha allineato la sua scelta sanzionatoria con quelle di Washington e Londra. Qui sta un primo elemento: il Giappone dimostra con questa decisone di allinearsi sul fronte primario di coloro che intendono contenere la Russia, e che nel farlo dimostrano completa integrazione nel meccanismo della Lega delle Democrazie pensata da Joe Biden come vettore di politica internazionale.

Un posizionamento che per Tokyo ha tre interessi: primo, essere nel Tier-1 dei grandi alleati americani, sfruttando titubanze emerse tra gli europei e dimostrando che nel concetto di Occidente Democratico (bideniano) parti di Oriente, come Giappone, Corea del Sud o Taiwan sono centrali; secondo, sfrutta la situazione innescata dalla Russia ai confini ucraini con una proiezione che potrebbe riguardare la propria competizione strategica con la Cina (davanti alla quale c’è in formazione un allineamento complesso con Usa, Regno Unito e Unione europea e in cui sente la necessità di giocare un ruolo da protagonista); terzo, usa la crisi per regolare conti aperti con Mosca, con cui Tokyo condivide questioni irrisolte e recentemente inasprite (anche per le ragioni ai primi due punti) su contese territoriali come quelle delle isole Chishima rettō (le Curili).

Le sanzioni del Giappone contro Mosca, i cui dettagli saranno presentati nei prossimi giorni, includono il divieto di emissione di obbligazioni russe in Giappone (non poco, se si considera quanto il mercato finanziario giapponese sia importante per il finanziamento del debito a livello internazionale) e il congelamento dei beni di alcuni individui russi, oltre a limitare i viaggi nel paese. “Ancora una volta critichiamo queste mosse e invitiamo fortemente la Russia a tornare alle discussioni diplomatiche”, ha dichiarato Kishida, aggiungendo che “la situazione rimane abbastanza tesa e continueremo a monitorarla da vicino”.

Se parte (maggioritaria) dell’interesse per cui il Giappone si pone in mezzo alla crisi — con consapevolezza che questa posizione creerà conseguenze — è come detto di carattere solo parzialmente diretto, ci sono anche elementi più immediati. La crisi militare in Europa complica le relazioni economico-commerciali con l’Ue, aprendo però anche spazi per nuovi deal come quello che gli Stati Uniti hanno forzato in materia energetica. Tokyo ha sufficienti riserve di petrolio e di gas naturale liquefatto (lng) da non temere un impatto significativo sulle forniture nel breve termine, ha spiegato Kishida visto che la Russia è un fornitore anche giapponese (il governo sta prendendo in considerazione tutte le misure possibili per limitare l’impatto su aziende e famiglie, ha specificato). Anzi, parte dei surplus potrebbero essere rivenduti all’Unione europea come parte di un articolato sforzo per farla essere meno dipendente da Mosca.

“Se la situazione dovesse peggiorare, ci muoveremo rapidamente per prendere ulteriori misure”, ha aggiunto il primo ministro prendendo una posizione simile a quella occidentale (“è solo l’inizio”), spiegando che tutto quello che fa Tokyo è allineato alle dinamiche all’interno del G7 (che in una riunione straordinario deciderà giovedì se aumentare l’intensità della reazione) e della Comunità internazionale. Sono tutte precisazioni necessarie, le sanzioni sono un atto di guerra (sebbene di carattere economico-commerciale) che va giustificato e spiegato alle proprie collettività. L’annuncio non a caso è arrivati ieri, mercoledì 23 febbraio, quando i mercati giapponesi erano chiusi per il Tennō Tanjōbi, il compleanno dell’Imperatore Narhuito, festa nazionale. L’intento era evitare un effetto isteria, come si è visto sulle piazze azionarie in questi giorni, crollate davanti a ogni parola storta e rimbalzate davanti a ogni speranza di de-escalation.

L’inasprimento della posizione giapponese contrasta con l’approccio diplomatico più morbido nei confronti di Mosca adottato dai governi di Tokyo in passato. Ma d’altronde i tentativi di ottenere la restituzione delle isole occupate dalle forze russe alla fine della Seconda guerra mondiale sono sempre andati male (Mosca non ne vuol sentir parlare perché, come dimostra anche la vicenda attuale del Donbas, per il regime putiniano la difesa idealista dei territori russofili è parte della narrazione strategica che ne permette la permanenza al potere da un ventennio).

Inoltre il contesto generale è cambiato: tra Washington, Pechino, Mosca e Bruxelles si sta costruendo una forma di bipolarismo — Democrazie contro Autoritarismi — che interseca con vari pesi e sfumature tutti i dossier di politica internazionale. Scenario generale su cui Tokyo vuol trovarsi pronta anche perché coincide con una nuova stagione di interessamento alle questioni geo-strategiche per l’Arcipelago (un rinnovato senso di volontà imperiale, per dirla con termini roboanti).

Le relazioni del Giappone con Mosca sono state plasmate anche dalla sua dipendenza dalla Russia per il fabbisogno energetico. Nel 2021, la Russia ha fornito più del 12 per cento del carbone termico del Giappone e quasi un decimo del suo gnl, ma forse Tokyo valuta la scelta di campo più importante.



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