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Occhio ai tassi, la Bce usi i guanti o per il Pnrr saranno guai. Parla Messori

Intervista all’economista e saggista: una stretta fuori tempo e fuori misura potrebbe mettere in discussione la buona riuscita dei piani di ripresa e resilienza nazionali, per questo è un errore farsi prendere dall’emotività in scia alla Fed. Mps? Bisogna riscrivere un modello bancario che non regge più il passo dei tempi

Bisogna andarci piano con le strette monetarie. Che qualcuno ai piani alti della Banca centrale europea abbia ormai cambiato passo, è appurato. Un’inflazione intorno al 5% nella zona euro non può, d’altronde, lasciare indifferenti. Entro questa primavera partirà l’addio agli stimoli, a cominciare dal programma di acquisto titoli, con la ragionevole prospettiva di una prima stretta sui tassi al principio del 2023.

Tanto è bastato al presidente dell’Eurotower, Christine Lagarde, per mettere un po’ di pepe sulla coda dei mercati, come dimostra anche la piccola fiammata dello spread Btp/Bund. Ma forse il problema è un altro, dice a Formiche.net l’economista e saggista Marcello Messori. E cioè che una stretta mal calibrata e troppo anticipata può compromettere il Pnrr, italiano ma non solo.

La Bce sembra aver finalmente rotto gli indugi, aprendo la strada a una stretta monetaria anche se non nel breve termine. Si aspettava e condivide un simile timing?

Mi pare ormai assodato che, nella riunione di marzo 2022, la Bce avvierà un graduale riassorbimento dei programmi di acquisto di titoli, specie del debito pubblico, nei segmenti secondari dei mercati finanziari. Poi, a seconda degli andamenti del tasso di inflazione nell’euro-area, deciderà se e quando seguire la banca centrale statunitense innalzando i tassi di interesse. Credo invece che la Bce si sia legata le mani fino al termine del 2024 quanto alla dimensione del suo bilancio.

Che cosa intende dire?

E’ assai improbabile che imiti la Fed nella sua possibile e quasi annunciata scelta di ridurre la dimensione del balance sheet. Dato tale quadro, è difficile valutare l’efficacia delle presunte mosse future della Bce. Continuo a ritenere che l’attuale tasso di inflazione europeo, pur essendo maggiore delle attese, abbia radici solo in parte comuni con quello statunitense.

Sono in molti a dirlo. Dove sta la differenza tra Usa ed Europa?

Negli Usa, oltre a varie strozzature nell’offerta che hanno portata internazionale, sembra essersi ormai affermata un’inflazione da domanda che rischia di alimentare la ben nota spirale aumento dei prezzi – aumento dei salari monetari. Nell’euro-area invece, prevalgono impatti esogeni e vincoli settoriali. Prova ne sia che una causa molto rilevante dei tassi europei di inflazione è data dagli aumenti nei prezzi dell’energia e dalle sue conseguenze dirette. Tali aumenti sono assai più elevati di quelli statunitensi. Inoltre, specie nei paesi fragili, le condizioni nel mercato del lavoro dell’euro-area portano ancora a cadute nei salari reali.

Ma la Fed potrebbe a questo punto innescare un po’ di emotività nella Bce? Quasi un effetto emulazione…

Mi aspetto che la stretta monetaria negli Usa avrà effetti sui tassi di interesse di mercato nell’euro-area, di conseguenza, la Bce è costretta a prendere iniziative di breve-medio termine per non essere scavalcata dagli andamenti di mercato. La situazione descritta rende estremamente difficile il compito della Bce. Come ho già avuto modo di dire, mi chiedo però se la Bce stessa non potrebbe agire sui suoi tassi di interesse, oggi largamente negativi, prima di ridurre e, in prospettiva, azzerare la sua domanda netta di titoli pubblici.

Messori, dopo tanti anni di deflazione, molti esperti hanno fatto notare come un po’ di inflazione serva in realtà in Europa, se non altro perché sintomo di ripresa. Ma non crede che alla lunga il gioco non valga la candela?

Il mio precedente ragionamento tende proprio a sottolineare che il gioco può farsi pericoloso. Oggi, l’Unione europea e, in particolare, i Paesi più fragili dell’area euro sono chiamati a varare riforme e investimenti per attuare i loro Piani nazionali di ripresa e resilienza. I Pnrr richiedono profonde riorganizzazioni produttive, penso alle transizioni verde e digitale e ricomposizioni nella domanda di lavoro, che creeranno nei prossimi anni altre temporanee strozzature nell’offerta. Inoltre, sarà necessario aumentare le protezioni sociali e la formazione delle risorse umane. Infine, sarà necessario incentivare quella parte della ricchezza finanziaria che sarà disposta a finanziare gli investimenti produttivi privati.

Dunque?

Non sarebbe né efficace né efficiente procedere a una stretta monetaria di portata tale da impedire lo svolgimento dei Pnrr, compresa l’inclusione sociale. Anzi, nei prossimi anni, sarà essenziale disporre di programmi di acquisto di titoli che facilitino il successo nell’attuazione dei Pnrr e che accompagnino i successivi aggiustamenti dei bilanci nazionali e il graduale affermarsi di una capacità fiscale centralizzata a livello europeo. Insomma, una restrizione, anche moderata, della politica monetaria europea è destinata a compromettere quelle prospettive di sviluppo aperte dalla nuova combinazione fra politiche della Bce, politiche fiscali nazionali e nuova politica fiscale accentrata.

Allora meglio l’inflazione, oppure no?

Non proprio. Sarebbe illusorio affidarsi all’inflazione per ampliare la capacità nazionale di spesa pubblica, in quanto la conseguente situazione di incertezza ostacolerebbe sia l’effettuazione delle riorganizzazioni produttive sia il riorientamento dei flussi finanziari verso impieghi inevitabilmente più rischiosi.

Parliamo di banche. Per il Monte dei Paschi di Siena potrebbe aprirsi una nuova stagione dopo il ricambio al vertice. A questo punto è lecito aspettarsi una soluzioni di sistema, pilotata dallo Stato con più soggetti bancari coinvolti?

Vi è uno stretto legame fra la discussione, che abbiamo fatto fino ad ora, e i problemi ancora aperti nel settore bancario italiano. Non so se Mps sia pronta a una nuova stagione e se il ministero italiano dell’Economia, in quanto azionista di maggioranza assoluta di questo gruppo bancario, abbia già individuato soluzioni di mercato e le abbia condivise con le istituzioni europee per evitare la caduta in illeciti aiuti di Stato. So però che la soluzione ai persistenti e gravi problemi di Mps, che hanno radici intricate negli anni passati, dovrebbe essere coerente con l’inevitabile e imminente processo di trasformazione del nostro settore bancario e di quello europeo.

Si riferisce a un modello che non è più sostenibile? E non solo per Siena…

Mps ha un modello tradizionale di attività, come molte altre banche italiane grandi e piccole. Per di più, la banca ha ereditato un modello tradizionale inefficiente da banca regionale che non è specializzata, non ha specifici punti di forza nell’erogazione di servizi e non seleziona efficacemente il credito. In una Unione europea proiettata verso la transizione verde e le economie digitali, le attività tradizionali delle banche sono ancora utili ma devono soddisfare elevati criteri di efficienza e realizzare importanti economie di scala. Inoltre, devono includere la gestione della ricchezza finanziaria su una scala consistente così da avvicinare le scelte dei detentori di ricchezza alle esigenze dell’economia produttiva. soprattutto, non possono essere il solo e, a mio avviso, neppure il prevalente modello di attività degli intermediari presenti nel mercato finanziario europeo.

Insomma, Mps è un l’emblema della necessità di un cambiamento più profondo, ampio…

Un rinnovato ruolo europeo nel contesto internazionale richiede un’evoluzione profonda del mercato finanziario dell’area: la forte crescita di segmenti non bancari e/o di attività bancarie non tradizionali.

Scusi se insisto ma la soluzioni o le soluzioni quali potrebbero essere a questo punto?

Se la soluzione del caso Mps deve essere in continuità con il modello tradizionale di questa banca, il percorso è vincolato: si tratta dunque di incorporare la banca senese in un gruppo bancario europeo, ovviamente, incluse opzioni nazionali, di dimensione e di efficienza adeguate. In alternativa, Mps dovrebbe porsi l’obiettivo di attuare una radicale ristrutturazione delle sue attività; temo però che, oggi, non vi siano le risorse per procedere in una direzione tanto ambiziosa sotto il profilo sia degli impegni pecuniari che del disegno strategico.



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