Skip to main content

Ucraina, cercasi Italia. Analisi di un silenzio rumoroso

Salvini tifa Putin, Grillo Xi. Palazzo Chigi osserva, modera, ma non prende iniziativa. L’Italia ha un ruolo nella crisi ucraina? E la Nato può contare sul suo alleato? All’estero, da Washington a Kiev, c’è chi nutre qualche dubbio

Scena uno, febbraio 2021, Senato della Repubblica: il presidente del Consiglio Mario Draghi chiede la fiducia alle Camere e promette: “Nei nostri rapporti internazionali questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite”. Applausi in aula.

Scena due, febbraio 2022. Con una invasione militare russa in Ucraina alle porte, Matteo Salvini, leader della Lega, partito di maggioranza, dice che è “fondamentale” avere “buoni rapporti” con la Russia e chiede al suo governo di assumere un “impegno totale e assoluto per evitare la guerra ai confini dell’Europa”. Sul blog di Beppe Grillo, fondatore del Movimento Cinque Stelle, partito di maggioranza, compare l’ennesimo articolo di sperticate lodi al “successo” e la “lungimiranza” della Cina di Xi Jinping.

Insomma, dove sta l’Italia? Difficile biasimare chi tra gli osservatori esteri si stropiccia gli occhi alla ricerca, se non di una prova, almeno di un indizio. Per molti il test della crisi ucraina potrebbe suggerire una risposta: un po’ qui e un po’ là.

Per tre mesi il Quirinale ha messo in stand-by l’attenzione della politica italiana verso le vicende internazionali. Fatta eccezione per il lavoro dietro e davanti alle quinte della Farnesina e della Difesa, e le prese di posizione dei ministri degli Esteri e della Difesa Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, attesi domani in audizione al Parlamento, in zona Montecitorio l’escalation a suon di fucili e missili al confine ucraino è stata poco più di un’ombra.

Fuori se ne sono accorti. Specie dall’altra parte dell’Oceano, dove è ormai diffusa la percezione che l’Italia, se non assente, sia poco rilevante ai tavoli delle trattative. Eppure le risorse ci sono, dai militari e le navi italiane prontamente mobilitate per le manovre della Nato in Est Europa e nel Mediterraneo ai sempre aperti canali diplomatici che fanno dell’Italia un interlocutore importante di Mosca.

Manca, o così sembra, la volontà politica di prendere una posizione netta, chiara, inequivocabile. Va detto che il telefono tra Palazzo Chigi e il Cremlino è sempre rimasto caldissimo. Il premier Draghi ha avuto più di uno scambio telefonico con Putin e recentemente ha chiesto al presidente russo di allentare le tensioni per evitare uno scontro militare. Un richiamo che però a diversi osservatori internazionali è sembrato fin troppo cauto se messo a confronto con quello degli altri leader europei.

Se infatti è innegabile che la Francia di Emmanuel Macron e la Germania di Olaf Scholz abbiano un rapporto a tratti ondivago con la Russia, è altrettanto vero che il protagonismo dei due leader negli ultimi giorni e settimane non è passato inosservato, soprattutto a Washington Dc. Piacciano o no, le mosse di Parigi e Berlino sono il segno di una volontà politica che in Italia si fatica a intravedere. Se al quadro si aggiunge il recente video-collegamento di un nutrito drappello di amministratori delegati italiani con Putin e le nuove intemerate filorusse di Salvini, che rischiano di riattaccare alla Lega l’etichetta del partito “amico” di Mosca, si ha un’idea della confusione che regna a Roma.

È un dato politico che fa discutere non poco chi in questi giorni fa “la conta” di amici e alleati. Riassunto in un pungente titolo di World Politics Review: “Draghi e l’Italia sono rimasti fermi sulla crisi tra Russia e Ucraina”. Ma non serve scomodare patinate riviste. Basta affacciarsi sulla bolla twitter di esperti e analisti internazionali intenti ad arrovellarsi sul ruolo italiano nella crisi.

Chi in questi giorni ha fatto capolino potrebbe essersi imbattuto in due cinguettii eloquenti. Il primo è una foto postata dal politologo Ian Bremmer: i parlamentari ucraini sono in piedi nell’aula a Kiev con in mano i cartelli dei Paesi che hanno dimostrato loro solidarietà. Sono una dozzina, dal Canada alla Turchia: Italia assente.

Il secondo: un video del Dipartimento di Stato americano rilanciato dall’ambasciata a Roma. “Gli alleati nel mondo hanno parlato”, recita un virgolettato in apertura. Seguono le dichiarazioni a sostegno di Kiev dei principali leader della Nato, dalla Germania all’Estonia, dal Regno Unito alla Danimarca. Anche qui, dell’Italia nessuna traccia. Un caso, forse, o forse no. Comunque un segnale che meriterebbe l’attenzione di chi sta in plancia di comando…


×

Iscriviti alla newsletter