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Russi impantanati. Il capo della Cia a Roma per studiare le prossime mosse

“Repubblica” rivela una riunione tra i capi dei servizi di sicurezza esterni a Forte Braschi, sede dell’Aise. Obiettivo: arrivare in posizione di forza al 9 maggio, quando Putin tenterà di rivendicare i (pochi) successi sul campo in occasione della parata sulla piazza Rossa di Mosca. Segnali importanti per l’intelligence occidentale e per l’Italia

Le truppe russe stanno perdendo terreno in Ucraina, tanto che la Difesa di Mosca si è affrettata a ridimensionare gli obiettivi di quella che il leader Vladimir Putin ha presentato come un’”operazione militare speciale” di demilitarizzazione e denazificazione dell’Ucraina. Ora l’obiettivo è il Donbass. Se alla situazione sul campo si sommano l’isolamento internazionale a cui l’Occidente sta costringendo la Russia, ecco che la mossa di abbassare le aspettative sembra indicare la volontà del Cremlino di affondare il più possibile nel fronte Sud, verso Odessa, per poi rivendicare le conquiste in occasione della parata del 9 maggio, in occasione delle celebrazioni nella piazza Rossa di Mosca per la sconfitta della Germania nazista per opera, anche, dell’Armata rossa.

Della situazione sul campo così come di quella politica si è parlato tra i vertici dei servizi di sicurezza esterni del Quint giovedì a Roma, ha rivelato Repubblica. Presente anche William Burns, capo della Cia, seduto accanto a Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise, nella sede della stessa agenzia, a Forte Braschi. “Proveranno a raccontarla come una vittoria, ma in realtà tutto questo segna il trionfo della resistenza ucraina: per questo non dobbiamo lasciare assolutamente solo il governo Zelensky”, è il virgolettato non attribuito riportato dal quotidiano. Gli altri seduti al tavolo di Roma dovrebbero essere stati, alla luce dei loro incarichi, il britannico Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service, il francese Bernard Émié, direttore della Dgse, e il tedesco Bruno Kahl, presidente del Servizio federale per le informazioni.

La riunione si è tenuta mentre a Bruxelles il presidente statunitense Joe Biden incontrava i vertici dell’Unione europea e partecipava ai summit Nato e G7. Un viaggio servito, come aveva spiegato già prima della partenza del presidente da Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, per “assicurarsi che restiamo uniti, per cementare la nostra determinazione collettiva, per inviare un potente messaggio che siamo preparati e impegnati in questo per tutto il tempo necessario”.

Secondo la ricostruzione di Repubblica, a scegliere la sede dell’incontro sarebbe stato Burns, reduce da un giro in altri Paesi chiave nella partita ucraina, Turchia e Israele. Ciò conferma, scrive il giornale, “di come in questo momento l’alleanza atlantica, superate le perplessità emerse durante i precedenti governi, vede il nostro Paese come strategico”. A Roma, all’inizio della scorsa settimana, si era tenuta anche la lunga riunione tra Sullivan e Yang Jiechi, membro del politburo del Partito comunista cinese e direttore dell’ufficio della commissione Esteri.

Per l’Italia di Mario Draghi il significato politico dell’incontro a Forte Braschi è fondamentale, con il ritorno nel Quint – il tavolo con Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania – anche a livello di condivisione di intelligence.

Per gli alleati, invece, la buona notizia è rappresentata dal dialogo tra i servizi anglosassoni e quelli europei, che nei mesi scorsi erano arrivati a conclusioni diverse sulle mire russe verso l’Ucraina. I primi, infatti, già in autunno avevano concluso che il Cremlino avrebbe dato il via libera all’invasione, decidendo così una strategia iper-comunicativa fatta di dichiarazioni pubbliche e livelli di segretezza abbassati a favore dei Paesi amici. L’obiettivo: alzare la pressione sul Cremlino e l’attenzione degli alleati. Come scrive Repubblica, “l’incontro di Roma ha portato un dato politico: una risposta coordinata e unitaria da parte di tutte i Paesi occidentali”.

A dimostrazione dell’unità ritrovata, i cinque si dovrebbero riunire tra due settimane, forse a Londra o a Parigi, per analizzare la situazione sul campo e pianificare il post 9 maggio, quando Putin potrebbe decidere di sedersi ai tavoli. Ecco perché è stato detto di non lasciare solo il governo Zelensky e continuare gli sforzi tra lacerare la leadership russa: per arrivare a quel punto in posizione di forza.

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