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Putin si chiude. Il peggio è in arrivo?

Secondo Dmitri Alperovitch stiamo assistendo all’aumento della repressione in Russia e delle violenze in Ucraina, perché Putin si sta chiudendo su sé stesso. E diventa difficile negoziare con lui

Il costo della guerra in Ucraina, sia in termini di perdite di vite umane che quello subito dall’economia, è enorme e con ogni probabilità la Russia ne uscirà a pezzi dall’invasione lanciata dal presidente Vladimir Putin. Il contraccolpo interno sarà inevitabile, tanto che la domanda da porsi adesso è se questo arriverà prima o dopo che i soldati russi sfonderanno la resistenza a Kiev. L’avanzata sulla capitale è per ora bloccata, e in vista di quello che l’Eliseo definisce “il peggio in arrivo”, iniziano le riflessioni sul dopo.

”Potrebbe pure radere al suolo Kiev come fatto con Grozny, ma non sarà in grado di installare un governo pro russo in Ucraina adesso e senza una massiccia forza di occupazione in futuro”, secondo Dmitri Alperovitch, russo nazionalizzato americano fondatore della società di cybersicurezze CrowdStrike e ora guida del Silverado Policy Accelerator, un’organizzazione focalizzata sulla risoluzione delle sfide politiche connesse alla competizione tra potenza che coinvolge gli Stati Uniti e i propri avversari.

“Il risultato più sensato per Putin è quello di negoziare un accordo che trovi punti di caduta su una serie di argomenti come la Crimea e la Nato per evitare distruzione e morte”, aggiunge in una conversazione con Formiche.net.

“Ma non credo che a questo punto gli ucraini siano interessati ad accettarlo”, spiega pensando anche alle parole con cui ieri il presidente russo ha fatto irruzione in televisione. Parlando alla sua nazione in un discorso televisivo durante una riunione del Consiglio di Sicurezza nazionale (istituzione già spettacolarizzata a uso e consumo della narrazione del presidente nelle scorse settimane), Putin ha detto: “Non rinuncerò mai alla convinzione che ucraini e russi siano un solo popolo” e ribadito come “l’operazione” — Mosca vieta a chiunque parole come guerra o invasione — serva a scacciare i “nazisti” dall’Ucraina.

È il centro della proponga putiniana, con l’obiettivo di dimostrare che ciò che sta facendo è un aiuto ai russi nel mondo (nello specifico dall’Ucraina); l’evocazione del nazismo serve a calcare sull’impalcatura revisionista sul ruolo russo durante la Seconda guerra mondiale. “La Russia non sta combattendo contro il popolo ucraino, ma solo la giunta di Kiev; il popolo ucraino non ha nulla da temere; la Russia ti garantisce pace e sicurezza”, dice uno dei volantini che gli elicotteri russi hanno fatto cadere su Melitopol, una città nell’entroterra del Mar d’Azov. Ma questa narrazione è molto poco credibile: basta considerare che proprio là i cecchini del Cremlino hanno sparato contro civili disarmati che manifestavano in strada contro l’invasione.

”La Russia ha iniziato a costruire un firewall protettivo” bloccando social come Facebook e Twitter: il blocco non è ancora del tutto efficace, ma lo sarà, spiega Alperovitch. La chiusura degli spazi online serve a stringere il controllo: Putin non vuole diffondere verità diverse dalle sue. Anche perché oltre le informazioni sulla guerra in giro ci sono le prime valutazioni come quella di JPMorgan, secondo i cui calcoli c’è da aspettarsi una contrazione dell’economia russa del 35 per cento nel secondo trimestre e del 7 nel 2022, con un calo della produzione economica paragonabile alla crisi del 1998.

Secondo Alperovitch stiamo assistendo alla repressione dilagante di una collettività russa “devastata” e “impaurita”, mentre il loro leader fa la guerra all’Ucraina: “Non si possono sottovalutare i cambiamenti che stanno avvenendo in Russia in questo momento. La repressione sta aumentando. Non siamo ancora tornati alla repressione dell’era di Stalin, ma siamo sulla strada giusta. E penso che questa sia l’unica scelta di Putin: o aumentare la repressione, per mantenere il dissenso al minimo, o sarà rovesciato potenzialmente da un colpo di stato”.

Rob Lee, un dottorando del dipartimento di Studi sulla guerra del King’s College di Londra, ha un punto: “La cosa migliore che gli Stati Uniti possono fare per aiutare l’Ucraina è convincere Putin che la riduzione dell’escalation è un’opzione meno costosa e rischiosa per lui rispetto al proseguimento della guerra”, ossia offrire al presidente russo una exit strategy potabile. Con una scadenza: modellare il tutto prima che l’attacco a Kiev diventi un massacro.

C’è anche questo elemento dietro al rallentamento delle forniture militari più importanti che l’Ue dovrebbe inviare all’Ucraina, come i 70 aerei militari? C’è una questione logistica, ce ne è una di carattere politico e poi potrebbe esserci anche questa fase di attesa strategica per lasciare spazi alla ragione?

Questo presuppone un elemento tuttavia: la volontà di dialogo, aspetto che Mosca ha dimostrato di ignorare finora, presentando richieste ambiziose che sapeva perfettamente non sarebbero state accettate dalle controparti (Washington, Bruxelles, Kiev). La domanda è anche se a questo punto può diminuire l’escalation di fronte al fallimento diplomatico, politico e militare dell’invasione e se l’escalation — in Ucraina come in casa — non sia preferibile all’umiliazione.

Ammesso che Putin sia in grado di comprendere in modo lucido la realtà che ha creato. Lo scombussolamento che l’attacco ucraino ha prodotto in Europa e nel mondo — tanto più in un momento delicatissimo in cui le varie collettività globali cercavano una faticosa uscita dalla pandemia — ha probabilmente innescato effetti irreversibili. È complicato immaginare vie di uscita positive dalla crisi, è più un sfumatura dal male all’incubo da evitare.

Nella notte appena trascorsa il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha chiesto via Twitter ai militari russi di fermare i combattimenti attorno al reattore di Zaporizhzhia e concedere un passaggio sicuro ai reparti speciali dei vigili del fuoco che devono andare a spegnere un incendio innescato dai colpi di artiglieria pesante. L’impianto nucleare di Zaporizhzhia è il più grande d’Europa e Kuleba ha detto che se dovesse esplodere la catastrofe sarebbe dieci volte superiore a Chernobyl. L’Ucraina ha comunicato che non ci sono variazioni di radiazioni e la situazione è sotto controllo, ma il pensiero su quel che potrebbe succedere è parte dell’incubo creato da Putin.

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