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Perché si parla di sirianizzazione della guerra in Ucraina

La Russia sta cercando di trasformare il conflitto ucraino in una nuova Siria (in Europa)? Ci sono vari indizi, il principale l’uso di un playbook noto che preoccupa particolarmente la Nato

L’apertura violenta di un fronte più occidentale dell’invasione ucraina, l’annuncio dell’arrivo sul campo di mercenari siriani contrattualizzati dalla Russia, l’aumento delle violenze contro i civili (i carri armati ormai sparano deliberatamente contro i palazzi residenziali, gli ospedali vengono colpiti dai raid aerei), la spinta su certi elementi propagandistici (come le armi chimiche), sono alcuni dei fattori che portano analisti e funzionari a temere la sirianizzazione della guerra di Putin in Ucraina.

Come per giustificare – al mondo e ai proprio cittadini – l’onerosa campagna militare siriana, il presidente Vladimir Putin ha creato una serie di ragioni per vendere alle diverse collettività l’aggressione contro l’Ucraina. È un mix di informazioni alterate (per esempio tutto ciò che riguarda le dinamiche di cooperazione tra Kiev e la Nato) e altre completamente false. In continua evoluzione. L’ultima riguarda le accuse all’Ucraina di sviluppare armi biologiche etnicamente mirate per massacrare gli slavi abbinate a ricerche fatte dai laboratori ucraini sul coronavirus con cui arrivare a suggerire che Kiev sia stata responsabile della pandemia da Covid-19.

Il termine “fake news” è cresciuto nel contesto siriano. La diffusione di un ecosistema di bufale usato per portare avanti un’infowar mirata a costruire una propaganda pensata a sostegno della narrazione strategica (a Mosca, Damasco, Teheran) è una caratteristica di quel conflitto civile in cui la Russia ha salvato il regime assadista – responsabile della stragrande maggioranza dei 500 mila morti in undici anni di guerra. Le campagne sofisticate attraverso il cyberwarfare, potenziate dall’esplosione dell’Internet 2.0, hanno poi trovato terreno fertile all’interno di alcune narrazioni transnazionali (l’anti-americanismo e l’anti-occidentalismo, la tendenza al sostegno dell’uomo forte al comando, le dinamiche politico-sociologiche contro le istituzioni, la costruzione di verità alternative che si ispirano al cospirazionismo globale).

“Stiamo assistendo a un playbook simile a quello siriano. Questa apparente fase negoziale anticipa sviluppi peggiori”, ha spiegato un’altissima fonte della Nato, chiedendo condizioni di anonimato per affrontare un dossier molto delicato e che preoccupa in modo particolare l’alleanza. “Ci aspettiamo un continuo sforzo da parte della Russia per soggiogare l’Ucraina, prima di vedere un miglioramento ci aspettiamo un peggioramento significativo”, spiega ancora quella fonte.

Essenzialmente, il gioco adesso è quello di creare una narrazione in cui si sta sostenendo che l’avversario sta per usare armi atroci per giustificare una brutale azione militare contro di lui: è lo schema con cui Mosca giustificava (davanti al mondo e davanti ai propri cittadini) l’impegno siriano e le brutalità commesse nelle conquiste di capoluoghi come Aleppo. Assedi medioevali per affamare la popolazione civile, bombardamenti indiscriminati, azioni spietate perché i nemici erano tutti “terroristi”, così spiegava il Cremlino.

Lo spazio narrativo, esasperato in media come RT o Sputnik, lo concedeva la sovrapposizione all’interno dell’iper articolato conflitto siriano della lotta contro lo Stato islamico. Operazione di counter-terrorism di complessità unica che non è stata condotta dai russi – anche se Mosca la rivendica con la stessa forza propagandistica con cui rivendica un ruolo unico nella sconfitta del nazismo. Come nel caso della Seconda guerra mondiale, i nazisti del Califfato sono stati sconfitti da una Coalizione a guida americana. La Russia si è concentrata nel combattere altri gruppi di ribelli siriani che per altro hanno sempre visto i baghdadisti come nemici.

Ora il richiamo ai nazisti è usato per liberare Kiev dalla “giunta”, così la chiama la propaganda putiniana che la governa. “Denazificazione” è il termine inventato dai pensatori del Cremlino basando questo sull’alterazione del ruolo che all’interno dello scenario politico ucraino hanno alcuni partiti di estrema destra – del tutto marginali. Assurdo che questo possa essere venduto come plausibile, ma c’è una percentuale alta di russi continuamente indottrinata che segue ancora il presidente. Il richiamo alla liberazione dai nazisti è parte di quell’indottrinamento che dura da un ventennio. Nessuno che si fermi a riflettere che quella giunta, ossia la presidenza ucraina, è guidata da un ebreo, Volodymyr Zelensky. E che gli ebrei della città occidentale di Leopoli ospitino i profughi delle aree più a est nelle sinagoghe definendo Putin “il nazista”.

È perché, come con la Siria, la propaganda russa trova anche sfogo nell’incrocio di dinamiche politiche e mentali di estrema destra ed estrema sinistra – come con le fake news, l’emersione del rossubrunismo è piuttosto collegata al conflitto siriano. È perché la propaganda russa e le iniziative russe nel mondo cyber sono particolarmente attente a scavare certe faglie del modello antagonista all’autoritarismo putiniano, quello delle Democrazie liberali occidentali. Faglie che nel caso della risposta sull’invasione dell’Ucraina sono sembrate meno profonde, ma lo stesso presenti.

Un esempio concreto: la messaggistica usata dalla Russia intorno alle armi chimiche porta forti echi di un attacco con il gas nei sobborghi di Damasco nel 2013. Chi segue certe dinamiche ricorda che in un op-ed sul New York Times, il presidente Putin sosteneva ai tempi che i ribelli avevano inscenato un attacco false-flag per incoraggiare l’intervento internazionale, dopo che l’allora presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva definito le armi chimiche la sua “linea rossa” in Siria.

In quel testo Putin mostrava l’intero playbook propagandistico traslabile sull’Ucraina adesso, nove anni dopo. Obama non intervenne contro il regime siriano protetto dalla Russia, Mosca si pose come broker internazionale per mediare un disarmo (mai completamente avvenuto) dell’arsenale dei veleni assadista, e nel 2015 intervenne sul campo per salvare quel governo – di cui il Cremlino rivendicava la costituzionalità e la regolarità, nonostante Bashar el Assad sia di fatto un rais che governa da anni con la forza e per discendenza dinastica – dalla furia dei jihadisti, ossia delle opposizioni siriane.

Opposizioni che poi, col procedere della guerra e l’aumento della violenza sono diventate via via più violente loro stesse, hanno aperto a istanze estremiste, ossia hanno risposto come la Russia voleva. Nel piano di Mosca c’era infatti inasprire gli scontri per generare una reazione che permettesse di dare supporto alla propria narrazione. Qualcosa di simile potrebbe succedere in Ucraina. L’arrivo dei mercenari siriani e forse centrafricani, così come la presenza sul campo dei combattenti ceceni (il loro leader, Ramzan Kadyrov, noto per i modi spietati, annuncia di essere sul terreno a combattere), potrebbe servire anche a cercare di esasperare Kiev.

Portare la violenza a crescere per generare reazioni scomposte sulla quali basare pretesti. È questa la preoccupazione espressa dalla Nato. Le accuse della Russia per giustificare la guerra sono cambiate dopo che non è riuscita a ottenere la rapida vittoria che sembra essersi aspettata. L’obiettivo di salvare i russi di Ucraina dal regime “neonazista” sostenuto dagli Stati Uniti e che si preparava ad attaccare la Russia, è stato abbinato a dichiarazioni addirittura sulle “capacità nucleari molto più grandi di quelle dell’Iran o della Corea del Nord”. Una propaganda ritenuta pericolosissima, abbinata a quella sulle armi chimiche e batteriologiche perché si porta dietro il quesito sul cosa anticiperà.

Venerdì 11 marzo, la Russia ha portato il suo reclamo all’Onu, dove Vasily Nebeznya, il suo ambasciatore, ha accusato gli Stati Uniti e l’Ucraina di usare uccelli, pipistrelli e insetti per inviare “pericolosi agenti patogeni” in Europa. Confondere semplicemente le acque a tutti i livelli è utile per creare il dubbio: per varie ragioni – da questioni ideologiche a semplice disorientamento – in molti sulla Siria e ora sull’Ucraina sono portati a non dare per assolutamente fasulle certe affermazioni, soprattutto quelle più affascinanti e strampalate. E il rischio è che altri attori globali come la Cina, per interesse narrativo contro gli Usa e contro l’Occidente, inizino a cavalcare tesi e storie simili a quelle di Mosca. Inizino a intasarci l’ambiente informativo.

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