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La guerra sul campo è disastrosa. Tutte le difficoltà dei militari russi

Le truppe russe soffrono il freddo, gli attacchi non sono coordinati, i comandanti impreparati, i morti migliaia. Molte informazioni spiegano il blocco sul campo e lo stallo negoziale

Lo Stato maggiore ucraino ha reso pubblica un’altra intercettazione captata tra un ufficiale del comando russo e un comandante che si trova sul campo — a Mykolaiv, città nel sud del Paese, poco meno di cinquecentomila abitanti, dilaniata dagli attacchi del Cremlino perché tatticamente importante per prendere il porto di Odessa, sulla porzione di Mar Nero verso il confine con la Moldavia.

Dalla conversazione intercettata esce un racconto del fronte che aiuta a comprendere le ragioni del perché i militari russi siano bloccati. L’invasione che Vladimir Putin credeva rapidissima è da giorni ferma senza avanzate, anzi subisce dei contrattacchi e scatena la propria frustrazione contro i civili.

L’ufficiale di Mykolaiv dice che è “peggio della Cecenia”, che nelle memorie tramandate tra i militari russi è un momento buio, violento e non certo di successo militare pulito. C’è di più, chiaramente: molti commilitoni, dice il russo dal campo, stanno avendo episodi di congelamento perché non hanno un equipaggiamento adeguato per l’inverno. Questo conferma informazioni ottenute dall’intelligence militare statunitense — e inviate in questi giorni ai giornali. C’è poi la questione logistica che ancora non funziona, manca cibo (i casi di congelamento potrebbero legarsi anche all’indebolimento fisico dei soldati) e carburante per i mezzi.

Stando alle informazioni intercettate e diffuse, i russi avrebbero anche difficoltà nel recuperare i corpi delle vittime. Anche questa non è una novità, succede praticamente fin dai primi giorni ed è dovuto alla logistica sconquassata dell’invasione. Gli ucraini hanno usato la questione per interesse: hanno aperto un sito attraverso cui le madri russe (che negli anni delle varie guerre di Putin hanno formato un’organizzazione influente) potevano sapere se i loro figli erano vivi, morti, feriti; ha fatto circolare le informazioni sui cadaveri abbandonati per colpire Mosca.

Nei giorni scorsi la Komsomolskaya Pravda, il tabloid più pro-Cremlino di tutti, ha fatto uscire sul suo sito i numeri del ministero della Difesa russo che riportavano 9.861 soldati morti in Ucraina e 16.153 sono rimasti feriti. L’ultima cifra ufficiale dei kia (killing in action) è stata diffusa da Mosca il 2 marzo: il conto si fermava a 498. Che sono comunque tanti nella prima settimana di un’invasione raccontata come una passeggiata. Affascinante il fatto che qualcuno abbia pubblicato sulla Pravda il numero trapelato: è stato un errore oppure c’era una volontà di mettere in imbarazzo la presidenza e la sua narrazione? Oppure ancora è stata un’operazione cyber subita dalla Russia?

Di perdite altissime ha parlato anche il capo di Stato maggiore della Difesa italiana, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ascoltato in audizione davanti alle commissioni Difesa di Camera e Senato ieri, martedì 22 marzo. Le perdite russe sono calcolate intorno ai 15mila uomini, ha detto, e le forze a disposizione di Mosca sono rappresentate da “truppe che arrivano da lontano, giovani e poco motivate”, che stanno combattendo “una guerra di invasione”, al contrario invece della resistenza ucraina in cui si combatte “per casa propria”. Se certe valutazioni escono da una figura di così alto rango, e durante un’audizione pubblica, delle ragioni fattuali devono esserci.

Casi come l’intercettazione di Mykolaiv corroborano analisi come quelle dell’ammiraglio italiano (analisi simili arrivano da Londra, Washington, Berlino e Parigi). In ordine sparso sempre dall’intercettazione: ci sono stati episodi di fuoco amico, una colonna è stata bersagliata da razzi Grad e non riescono nemmeno a capire chi sia stato a colpirli; i medici hanno solo bende e pochi medicinali per curare i feriti; non ci sono fornelli per cucinare e scaldarsi, i soldati russi devono scavare trincee per dormire al riparo perché non hanno abbastanza materiale per gli accampamenti, mancano i giubbotti antiproiettile e quando un soldato si è lamentato gli è stato risposto dal suo superiore: “Figliuolo, sii forte”; il quarto giorno di attacco, il comandante della 49esima Armata meccanizzata avrebbe detto alle truppe che la guerra “sarebbe finita tra poche ore”; “in televisione so che dicono che stiamo andando avanti, ma non è così”, si sfoga quel comandante intercettato, “doveva essere una parata”, ma “procediamo senza controllo sulle aree in cui avanziamo” e “adesso dobbiamo difenderci da contrattacchi che arrivano da tutte le parti”.

Va fatta a questo punto una valutazione. Tutte queste informazioni uscite dall’intercettazione non sono una novità assoluta, ma sono interessanti perché a un mese dall’aggressione confermano ancora una volta la perpetrata presenza di circostanze molto problematiche per Putin. Val la pena aggiungere a questo punto che anche le difficoltà erano state previste negli assesment diffusi dalle intelligence occidentali.

Come detto varie volte, quello che succede sul campo guida la partita diplomatica e quella degli affari internazionali collegati — non viceversa. Se Putin avesse sfondato senza incontrare la resistenza ucraina e le difficoltà dei suoi, arrivando rapidamente fino ai palazzi del governo di Kiev, ora sul conflitto staremmo raccontando un’altra storia e pure le reazioni globali sarebbero state diverse.

Allo stesso modo va valutato che quando si raccontano certi passaggi c’è sempre il rischio di finire vittime dell’infowar. Ci sono molte informazioni alterate che si muovono dentro e fuori dal campo, ed è parte del lavoro bellico fornire una comunicazione forte. Ossia invadere l’ambiente informativo vale forse di più di conquistare una fetta di territorio. Contano le percezioni che si trasmettono, innanzitutto alle proprie collettività e poi al resto del mondo. In questo i russi sono maestri, ma anche qui hanno trovato un avversario di livello: Volodymyr Zelensky ha costruito su tale vettore di consenso la sua, breve quanto intensa, carriera politica. È un ex personaggio televisivo — un comico peraltro — che sulla percezione di sé sa come lavorare davanti alle masse.

Questo anche per dire che se si scoprisse che quell’intercettazione uscita dal comando ucraino è stata falsificata in qualche modo, non ci sarebbe troppo da stupirsi. Chi scrive ha cercato conferme per verificarne l’attendibilità e ha ottenuto feedback positivi, che si fermano però davanti alla cortina fumogena della guerra, dove tutto è vero fino a prova contraria.

Tra le conferme sulle difficoltà subite sul campo dai russi c’è per esempio un’approfondita analisi del sito specializzato Breaking Defense: “Molto è stato detto sulla sorprendente difesa ucraina contro quella che sembrava essere una forza militare schiacciante della Russia”, dice l’analisi, in cui si valuta che al centro della questione però c’è una mancanza di coordinamento (qualche riga sopra si parlava di un convoglio colpito forse da fuoco amico), pianificazione e addestramento tra le forze russe. Il testo è scritto dagli esperti della Rand Corporation Mark Posars e Khrystyna Holynska, che spiegano come la scarsa professionalità militare russa sia un problema che è stata vista per decenni.

Un altro feedback esplicito è dato da informazioni passate a Foreign Policy da funzionari (militari) americani ed europei: secondi queste uno dei principali fallimenti della Russia riguarda le comunicazioni. Come spiegava su Formiche.net Gabriele Carrer, questo ha facilitato molte intercettazioni: le truppe russe si sono trovate costrette a fare affidamento su sistemi non crittografati, consentendo all’Ucraina di spiare le loro mosse, spesso favorendo contrattacchi su truppe che pensavano di essere al sicuro.

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