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Guerra e crisi economica viste da Paesi arabi e Nordafrica

Se non vorrà essere player secondario e quindi meno influente, l’Europa dovrà approfittare della vacatio “di pane” a certe latitudini con politiche mirate. Intanto i player del golfo e Turchia non mancano di allacciare relazioni e incontrare i governanti…

Una sfida nella sfida quella di gestire il post guerra in Ucraina nel fazzoletto di acque e di terra che va da Gibilterra all’Afghanistan: perché il dialogo tra Paesi arabi e Nordafrica (con l’Europa in posizione fin qui defilata) serve a sminare le possibili tensioni per la crisi del pane. C’è molto fermento nei Paesi attorno a Israele che, Qatar in primis, hanno capito come ci potrebbero essere tensioni in aree povere e già azzoppate da crisi politiche.

Relazioni e influenze

Per questa ragione, player del golfo e Turchia non mancano di allacciare relazioni e incontrare i governanti di Egitto, Libia, Libano, Algeria, Tunisia. Inoltre il rischio crisi nel brevissimo periodo è stato in parte stemperato dalla tregua in Yemen firmata dall’Onu, ma potrebbe non bastare.

Il Qatar è membro del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC) e, al di là della sua opposizione al Cremlino dopo i distinguo già andati in scena per Libia e Siria, ha nelle sue corde potenzialità ancora inespresse visto che a Doha si sta rivolgendo chi deve diversificare l’approvvigionamento energetico. Il Qatar è attore diplomatico, quindi, in un momento delicatissimo per l’intero Nordafrica interessato dalla visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken (Marocco e Algeria), lì dove crescono tensioni e frustrazioni.

Criticità

Da un lato l’Algeria chiede nuovamente al presidente Joe Biden di revocare il riconoscimento, avallato da Donald Trump, della sovranità marocchina sul Sahara occidentale. Dall’altro lo stesso Marocco preme perché Biden provi ad andare oltre il “riconoscimento” di Trump. Passando al Libano, lo spettro della fame non è lontano, con il costo del pane aumentato del 550 per cento: gli adulti iniziano a rinunciare al cibo per sfamare i più piccoli, dando fiato ad una spirale in cui potrà trarre grande vantaggio il terrorismo. Alla recessione economica libanese, che ha già causato la perdita di migliaia di posti di lavoro, ora si somma l’inflazione, la svalutazione della valuta e la crisi del grano ucraino, con la gente che rinuncia finanche a spostarsi per il caro benzina.

Qui Turchia

Che il momento sia delicato, lo dimostra anche la nuova postura della Turchia di Erdogan: il riferimento è ad un incontro storico, il primo da almeno dieci anni, avvenuto pochi giorni fa tra il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu e il suo omologo armeno Ararat Mirzoyan a margine del Forum della diplomazia di Antalya. Fino ad oggi Ankara ha affiancato l’Azerbaigian contro l’Armenia nel conflitto del Nagorno-Karabakh, ma le dinamiche geopolitiche post Ucraina si stanno evolvendo molto rapidamente, come dimostrano le parole di Çavuşoğlu che ha descritto l’incontro con Mirzoyan come “estremamente fruttuoso e costruttivo”. Stesso dicasi nel rapporto fra Turchia e Grecia, con i due governi che si scambiano ramoscelli di ulivo dopo anni di scontri per il gas nell’Egeo e a Cipro.

Qui Kurdistan

Nota positiva quella che giunge dal Kurdistan iracheno, che ha registrato due fattori positivi: secondo i dati diffusi dalla società di consulenza americana Deloitte, la trimestrale del settore petrolifero nel Kurdistan iracheno è molto incoraggiante perché i giacimenti petroliferi hanno prodotto 37 milioni di barili di petrolio nel quarto trimestre del 2021, cifre uguali a quelle del terzo trimestre del 2021. In secondo luogo Gulf Keystone Petroleum, che gestisce il giacimento di Shaikan nella regione del Kurdistan, ha dichiarato che i suoi profitti per il 2021 sono quasi triplicati.

Chi ci guadagna?

Senza cibo, sicurezza e con scarsità perfino della elementare elettricità nelle abitazioni, sarà verosimilmente Hezbollah a ottenere più dividendi in Paesi come Iraq e Libano. Per cui un cambiamento strategico tanto nel Nordafrica che nel Medioriente è già nelle cose, dopo appena un mese di guerra in Ucraina, perché figlio di elementi in necrosi già prima dell’invasione russa che sta accelerando dinamiche e riallineamenti.

In questo senso il ruolo dell’Europa dovrebbe essere quantomeno alla pari rispetto all’attivismo dei player del golfo, che come detto sono molto attivi: va bene che Bruxelles è alle prese con l’emergenza militare in Ucraina, con quella umanitaria e anche con quella energetica, ma l’evoluzione della sponda africana del Mediterraneo deve essere altrettanto una priorità programmatica.

@FDepalo

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