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Kim l’atomico resta una minaccia per l’intelligence Usa

Per la Comunità di intelligence statunitense un nuovo test atomico di Kim ci sarà entro il 2022. Ci sono immagini satellitari che mostrano attività di scavo tra i tunnel del poligono di Pungyy-rie

Ci sono segnali che portano a supporre l’inizio dei preparativi di un test nucleare per la Corea del Nord. Il satrapo Kim Jong-un potrebbe sfruttare il caos globale prodotto dall’invasione russa dell’Ucraina e provare a che punto è la tecnologia costruita e la risposta statunitense. Questo tipo di test sarebbe il primo di questo genere dal 2017. Vediamo perché si arriva a queste supposizioni.

La Corea del Nord ha recentemente ripreso a scavare tunnel e attività collegate in un noto sito sotterraneo di test nucleari, secondo cinque funzionari statunitensi che hanno parlato con la Cnn. L’intento di uscire sui media con queste informazioni è anche far sapere a Pyongyang che Washington osserva ogni movimento, una psy-ops pensata per scoraggiare il nemico.

Attraverso osservazioni di superficie, le immagini satellitari confermano le indicazioni sull’attività a Punggye-ri, un poligono nucleare nella regione montuosa di nord-est (quasi a metà strada tra Pyongyang e Vladivostok). Per capire quanto presto il regime sarà in grado di testare un dispositivo atomico occorre aspettare ancora qualche settima e avere un quadro più chiaro del ritmo con cui procedono queste attività, utile anche per comprendere se effettivamente sono preparativi o si tratta di una sorta di bluff.

A mettere ulteriore interesse su questo genere di movimenti c’è il lancio del primo missile balistico intercontinentale (Icbm) nordcoreano dal 2017, avvenuto due settimane fa. Si tratta di un vettore che ha le potenzialità di gittata per colpire gli Stati Uniti; lancio su cui la Difesa americana sta ancora lavorando per determinare, dai dati disponibili, le caratteristiche e le eventuali migliorie rispetto all’ultimo che è stato possibile osservare, quattro anni fa.

Se Kim ha deciso di violare quella regola sugli Icbm che si era auto-imposto ai tempi in cui trattava con Donald Trump, allora potrebbe violare anche il capitolo riguardante gli ordigni atomici.

“Restiamo preoccupati per i nordcoreani, per il tentativo di continuare a migliorare la loro capacità nucleare e la loro capacità nei missili balistici”, ha detto nei giorni scorsi l’addetto stampa del Pentagono in conferenza stampa, ma alle domande dei giornalisti ha rifiutato di essere più specifico.

Queste preoccupazioni sono state affrontate nell’incontro a Washington tra l’inviato speciale americano per la Corea del Nord, l’ambasciatore Sung Kim, e il rappresentate per la Pace e la Sicurezza nella penisola coreana della Corea del Sud, Noh Kyu-duk.

Nel 2018, la Corea del Nord sembrava aver distrutto almeno tre tunnel nucleari, edifici di osservazione, una fonderia di metallo e alloggi nel sito di Punggye-ri, in un processo osservato da giornalisti internazionali. In particolare, c’era stato uno show mediatico durante una delle demolizioni: tutto organizzato da Kim per dimostrare la sua apparente buona volontà nei colloqui con Trump.

Già ai tempi si sapeva che era molta immagine e molta meno sostanza, tuttavia veniva percepito come un passo positivo; e soprattutto veniva raccontato come tale dall’amministrazione Trump, che ai tempi aveva in mente di poter incastrare Pyongyang in una denuclearizzazione, abbinando a questo la volontà del presidente repubblicano di usare quegli incontri con Kim nella sua narrazione da statista-dealer.

Adesso i funzionari hanno detto alla Cnn che le agenzie di intelligence statunitensi e alleate (leggasi sudcoreane e giapponesi, le più informate sul dossier) valutano che sono in corso cantieri di scavo nelle zone in cui quei tunnel sotterranei erano stati chiusi, il che sarebbe fondamentale per la ripresa dei test nucleari sotterranei. Ci sono anche indicazioni che nelle prossime settimane potrebbe esserci un nuovo test su un missile balistico nordcoreano.

Quanto rilevato a proposito dei lavori preparatori a Punggye-ri segue un’analisi che gli Stati Uniti hanno già tracciato: il report sulle valutazioni delle minacce del Director of National Intelligence (Dni) uscito a marzo – un’analisi ad ampio spettro redatta da tutte le agenzie dei servizi segreti statunitensi – mette nero su bianco la possibilità di un test nucleare entro il 2022 nel capitolo dedicato alla Corea del Nord.

Il Dni definisce Pyongyang un “disruptive player” nel palcoscenico globale e regionale, valuta che si stanno “ponendo le basi per un aumento delle tensioni” da parte del Nord, con Kim che “crede” che prima o poi il suo Paese verrà accettato come una potenza nucleare, e non “vede il livello di pressione sul suo regime” prodotto anche dalla crisi economiche.

La continua ricerca e sviluppo sugli armamenti, spiegano le intelligence statunitensi, dimostra l’intenzione di Kim di rafforzare la sua capacità nucleare. La produzione di materiale fissile continua: il programma di plutonio è rimasto tale anche durante i negoziati con Trump, e “probabilmente sta espandendo il suo programma di arricchimento dell’uranio”.

Anche le capacità di armi chimiche e biologiche sono considerate una minaccia, perché il Nord potrebbe usarle in conflitti non convenzionali. Il programma informatico della Corea del Nord rappresenta inoltre “una sofisticata e agile minaccia di spionaggio, crimine informatico e attacco”: “Pyongyang – scrive il Dni – possiede probabilmente l’esperienza per causare interruzioni temporanee e limitate di alcune reti infrastrutturali e commerciali negli Stati Uniti”.

Davanti a questo il Pentagono sta valutando dimostrazioni di forza e capacità operativa per rispondere al recente test Icbm di Kim e anticipare eventuali passaggi ulteriori: un modo per mandare un messaggio diretto al regime, dopo che per anni sia la postura, che l’interesse americano si sono alleggeriti. Giappone e Corea del Sud sarebbero parte di questa risposta. Il Pentagono all’inizio di questo mese ha annunciato che stava intensificando la raccolta di intelligence, sorveglianza e ricognizione nel Mar Giallo e che avrebbe aumentato la prontezza delle difese missilistiche balistiche nella regione.


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