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Tra il Centro e Macron. Pantaleo racconta il Partito liberale

La segretaria nazionale della Gioventù Liberale italiana: “Per i liberali, l’economia deve vedere al centro l’individuo e mai l’apparato statale. Però, in questo momento, è bene che all’approvvigionamento energetico lo Stato abbia parte attiva”

Nonostante la giovane età ha un lessico che richiama la Prima Repubblica, della quale si sente ancora in qualche modo interprete. Senza nostalgie, con sguardo innovatore, ma con i piedi ben piantati su valori intramontabili. Giulia Pantaleo è la segretaria nazionale della Gioventù Liberale Italiana. Parla con disinvoltura di Renato Altissimo, di Giovanni Francesco Malagodi e si rifà alla dottrina di Benedetto Croce. Assieme a lei, abbiamo cercato di capire qual è il posizionamento del Partito liberale italiano oggi e quali sono le sfide del futuro. Con cento anni di storia alle spalle.

Pantaleo, nel 2018 la vostra scelta fu quella di schierarvi con il Carroccio. Oggi il Pli in che orbita gravita?

La scelta di quattro anni fa costò cara al partito. Ne uscimmo divisi e frammentati. Oggi possiamo dire di essere invece una formazione che guarda al Centro, cercando di dare una lettura attuale alla modernità nel solco di valori che non sono mai mutati.

Guardare al centro significa strizzare l’occhio a Carlo Calenda e a Matteo Renzi?

Molti dei leader che calcano la scena politica si definiscono liberali. Sicuramente, Calenda e Renzi sono due figure alle quali guardiamo con grande interesse. Senza dimenticare che, recentemente, sono state avviate anche interlocuzioni con Giovanni Toti. E, se la prospettiva dovesse essere la federazione centrista tanto paventata nei mesi scorsi, il Partito liberale sarebbe pronto a fare la sua parte schierando una prima linea di giovani preparati. Tanto più che il Pli è l’unico partito che, ancora, organizza la scuola di politica “vecchia maniera”.

Un’addio alla coalizione di centrodestra?

Non so se in realtà si possa parlare ancora di coalizione di centrodestra. O quanto meno non lo si può più fare seguendo lo schematismo a cui eravamo abituati fino a qualche mese fa. I fattori determinanti sugli equilibri del centrodestra sono stati la guerra in Ucraina e il voto in Francia.

Sulla guerra però c’è stata una coralità di appoggio alle istanze ucraine. 

Sì, ma spesso si è trattato di prese di posizioni tardive e uscite maldestre. Sul voto francese, ancor di più, si sono viste le grandi differenze tra le visioni dei tre leader: Salvini con Le Pen, Berlusconi con Macron e Meloni che mantiene una sostanziale ambiguità ma che comunque occhieggia ai populisti.

Pécresse, in Francia, che si poneva come rappresentante delle istanze liberali, ha fatto un buco nell’acqua in termini di consensi. 

Per me il vero leader liberale è Macron. Pur avendo assunto, nel corso del suo mandato all’Eliseo, posizioni non propriamente in linea con la dottrina, mi pare che sia l’unico leader che si possa definire liberale Oltralpe. Nonostante sia un leader storyteller (come è in voga attualmente), ci auguriamo che vinca lui al ballottaggio.

Un dato che emerge dall’esito del primo turno in Francia è il totale collasso dei partiti, non trova?

Certo. La fine dei partiti è un dato oggettivo, ma in qualche modo si ricollega alla figura delle formazioni leaderistiche che contano di stare a galla con proiezioni ottimistiche, spesso senza tenere in debita considerazione le frustrazioni che serpeggiano nel Paese. Prevedo, comunque, che nel breve termine assisteremo a un ritorno alle ideologie.

Tornando al conflitto in Ucraina. Si è posto con forza il tema dell’approvvigionamento energetico, del golden power e della ri-nazionalizzazione che presuppone una massiccia presenza dello Stato nella politica industriale. Come vi ponete voi sotto questo profilo?

In linea di massima, per i liberali, l’economia deve vedere al centro l’individuo e mai l’apparato statale. Tuttavia, la contingenza che ci stiamo trovando a vivere pone delle altre priorità. Per cui, in questo caso, siamo dalla parte di Draghi. Dunque bene che nell’approvvigionamento energetico lo Stato abbia parte attiva e primaria.

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