Non più se, ma come: gli sforzi europei si stanno per tradurre in un blocco delle importazioni di petrolio russo, da inserire nel prossimo pacchetto di sanzioni. Intanto il Cremlino fatica a piazzare il prodotto – e i satelliti Nasa fotografano il declino della produzione
L’Unione europea si muove ufficialmente verso un embargo sul petrolio russo. La Commissione sta lavorando attorno alle reticenze di alcuni Stati membri (prima tra tutti la Germania) per garantire che il prossimo pacchetto di sanzioni, il sesto, conterrà “certamente” una misura per limitare le importazioni di petrolio da Mosca, come confermato da un funzionario della Commissione mercoledì. Al netto di un periodo di aggiustamento, l’impatto sull’Ue secondo Bruegel è pienamente gestibile.
Berlino ha già indicato che intende interrompere la fornitura russa di petrolio entro fine anno; a Bruxelles stanno cercando modi per velocizzare e abbattere i costi della manovra. Una fonte della Commissione ha rivelato a Reuters che la squadra guidata da Ursula von der Leyen sta dialogando con le nazioni produttrici di petrolio per facilitare l’organizzazione di accordi di fornitura, veloci e a prezzo contenuto, a livello nazionale. Contemporaneamente sta preparando una valutazione d’impatto sull’embargo al petrolio russo, da fornire ai Paesi membri forse già la settimana prossima.
L’opposizione più importante al blocco totale arriva dalla Germania, che nel 2021 ha importato un terzo del proprio greggio dalla Russia. Ma secondo le indiscrezioni ottenute da Reuters, far cadere il veto di Berlino porterebbe anche gli altri Stati contrari a cambiare idea. Così si considera un compromesso: prolungare il periodo di eliminazione graduale dell’importazione di petrolio russo, come avvenne per il carbone (fu la Germania a estendere la finestra di tolleranza da tre a quattro mesi). Von der Leyen ha parlato a Bild am Sonntag di “meccanismi intelligenti” per arrivare all’inclusione del petrolio nel pacchetto di sanzioni. Si parla anche di differenziare i diversi tipi di prodotti petroliferi.
È difficile sottostimare l’entità del danno che un embargo sul petrolio causerebbe al Cremlino, trattandosi della sua maggiore fonte di introiti assieme al gas, e considerando che l’Ue assorbe metà delle esportazioni russe. Anzi, diverse compagnie occidentali e non hanno già smesso unilateralmente di commerciare con la Russia. La sola prospettiva di un blocco europeo ha spinto gli operatori alla cautela, tanto che oggi il petrolio russo ha molto meno mercato – e Mosca deve offrirlo a prezzi stracciati a chi è disposto a comprarlo. Per questo motivo, secondo la Commissione, il Cremlino “sta già perdendo soldi”.
L’impatto delle sanzioni “spontanee” è già misurabile senza passare dai dati ufficiali russi, soggetti alla deformazione del Cremlino, che sta facendo di tutto per nascondere i danni subiti dall’economia russa. Ma Vladimir Putin non può occultare il comportamento delle sue compagnie petrolifere dagli occhi dei satelliti, in grado di rivelare che (a quasi due mesi dall’inizio dell’invasione) Mosca “sta soccombendo” sotto i colpi delle sanzioni governative e le auto-limitazioni delle compagnie occidentali.
Sfruttando le foto della Nasa, gli analisti di OilX hanno misurato la luminosità delle vampe prodotte nei campi petroliferi della Siberia. Questi dati, uniti a delle informazioni aneddotiche degli operatori di mercato e delle indiscrezioni filtrate da ufficiali russi, hanno portato Bloomberg a stimare che la produzione media di petrolio russo sia crollata a poco più di 10 milioni di barili al giorno rispetto agli 11 di marzo. E gli analisti si aspettano che il declino continui.
Le sanzioni in arrivo non toccheranno solo il petrolio. Secondo le indiscrezioni, si prevede anche un blocco al combustibile nucleare russo, da cui dipendono diversi Paesi nell’Est Europa, su proposta tedesca. In fase di considerazione anche l’esclusione di altre due banche, Sberbank e Gazpromneft, dal sistema di pagamenti internazionali Swift (mossa che lascerebbe solo Gazprombank “allacciata” al sistema), la sospensione dei visti russi e la chiusura di altre emittenti russe, tra cui RTR-Planeta e R24. Intanto si avvicina la data del 4 maggio, che probabilmente segnerà il default di fatto della Russia.