Il governatore di Bankitalia alle sue undicesime Considerazioni finali. Filo conduttore la guerra in Ucraina, che ha fatto saltare per aria i piani per una ripresa tonica e di lunga durata. L’inflazione è un problema, ma nel 2023 comincerà la discesa. E comunque la Bce non ha scelta sui tassi. Il Pnrr? Servono riforme, non trucchetti di magia
La guerra divora tutto, senza fare prigionieri. Pil, posti di lavoro, infrastrutture, imprese. E, giunto alle sue undicesime Considerazioni finali (qui il testo intergrale), per il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, non poteva non essere il conflitto scatenato dalla Russia ai danni dell’Ucraina il filo conduttore delle sue riflessioni.
Poco meno di 40 pagine in cui sono stati condensati tutti i principali temi del momento, affrontati con minuzia dallo stesso Visco: l’inflazione, proprio oggi balzata all’8,1% nell’eurozona, segnando un record assoluto, la tenuta del sistema bancario, la capacità delle imprese di generare ricchezza, il costo dell’energia e sì, quel Pnrr che per poco la politica italiana non manda in malora.
UN GRANDE BUCO NERO
Primo passaggio, la guerra in Ucraina che tutto inghiotte. E che va fermata, adesso. “L’Europa, che ha sempre puntato su un assetto mondiale basato su regole condivise, avrebbe da perdere più di altri da un mondo dominato da divisioni e conflitti. La cooperazione internazionale non deve cedere il passo. La necessaria riflessione sul governo della globalizzazione non deve venire offuscata dalla sfiducia e dalle tensioni che derivano dal conflitto in atto, va invece coltivata con il massimo impegno, mantenendo aperto il dialogo, la speranza che la guerra, per la quale esprimiamo netta e totale condanna, cessi al più presto”, ha messo subito in chiaro Visco.
“Il nostro primo pensiero è oggi rivolto alla popolazione ucraina, a chi ha perso la vita, alle persone costrette ad abbandonare le loro case, a coloro che hanno visto sconvolta la propria quotidianità. La guerra ha anche peggiorato di colpo le prospettive di crescita dell’economia mondiale, in una fase in cui i danni inferti dalla pandemia non sono ancora del tutto riparati. L’incertezza è drasticamente aumentata a livello globale, investe i pilastri sui quali si basa l’assetto economico e finanziario internazionale emerso dalla fine della Guerra fredda: la convivenza pacifica tra le nazioni, l’integrazione dei mercati, la cooperazione multilaterale”.
ITALIA INDEBOLITA DAL CONFLITTO
Ma chi ha da rimetterci più di tutti dalla guerra? L’Italia dalla perenne dipendenza energetica, senza dubbio alcuno ha precisato il governatore. “Il conflitto ha ulteriormente spinto i prezzi di energia e materie prime e l’economia italiana è, con quella tedesca, tra le più colpite dall’aumento del prezzo del gas per la quota elevata di importazioni dalla Russia e per la rilevanza dell’industria manifatturiera, che ne fa ampio uso”.
Il governatore ha ricordato che lo scorso gennaio si prevedeva che il Pil tornasse sul livello precedente lo scoppio della pandemia intorno alla metà di quest’anno “e prefiguravamo una solida espansione, superiore in media al 3 per cento, nel biennio 2022-23”. Ma ad aprile “valutavamo che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare circa due punti percentuali in meno di crescita, complessivamente, per quest’anno e il prossimo”. E, “se la guerra dovesse sfociare in un’interruzione nelle forniture di gas dalla Russia il prodotto potrebbe ridursi nella media del biennio”.
DI INFLAZIONE SI MUORE
Altro tema, che più caldo non si può, l’inflazione. Nel giorno del dato storico al livello di area euro, Visco ha ostentato comunque un certo ottimismo. “Secondo le ultime previsioni delle maggiori istituzioni internazionali, l’inflazione nell’area euro si manterrà elevata quest’anno, per poi flettere in modo deciso nel 2023 e tornare successivamente su valori coerenti con la definizione di stabilità monetaria della Banca centrale europea, che punta ad un caro vita al 2%nel medio termine”.
Ora, “le aspettative degli operatori di mercato, desumibili dalle quotazioni delle attività finanziarie indicizzate ai prezzi al consumo, sono coerenti con questo profilo”. Attenzione però, c’è sempre la guerra in agguato. “Anche con il conflitto in Ucraina e le misure contro le esportazioni di energia dalla Russia, secondo le quotazioni di mercato, i prezzi di questi prodotti resterebbero molto elevati nel 2022, diminuendo solo di poco nei prossimi due anni. I rincari dei beni agroalimentari e le difficoltà nel loro approvvigionamento rischiano di colpire soprattutto gli strati più vulnerabili della popolazione mondiale e i paesi più dipendenti dalle loro importazioni”.
IL METODO LAGARDE
Già, la Bce pronta a invertire la rotta e a far atterrare i tassi, un poco alla volta. Visco è d’accordo con la cessazione della fase ultra-espansiva. “La politica monetaria non può contrastare l’aumento dei corsi delle materie prime, ma deve puntare ad assicurare la stabilità dei prezzi nel medio termine. Il quadro congiunturale, cambiato profondamente in pochi mesi, rende opportuno abbandonare la politica di tassi ufficiali negativi”.
Ma “data l’incertezza delle prospettive economiche il rialzo dovrà avvenire con gradualità”, ha puntualizzato. Visco ha poi rilevato che la manovra della Bce “sarà più agevole se le pressioni per incrementi salariali connesse con la risalita dell’inflazione saranno contenute, anche grazie a misure di bilancio volte a frenare il rincaro dell’energia e sostenere il reddito delle famiglie più colpite”.
GUARDIA ALTA (SUL DEBITO)
L’altro spauracchio è il debito pubblico. L’Italia non deve mai e poi mai dimenticare che sì, il Patto di Stabilità non tornerà, ma il Bel Paese vanta sempre il terzo debito globale. E nel giorno in cui i rendimenti sul Btp decennale sfondano il 3,1%, è doveroso fare un’annotazione. “L’elevato debito pubblico espone la nostra economia ad ampi rischi, inclusi quelli connessi con la volatilità dei mercati. In prospettiva, per una sua significativa riduzione saranno necessari ritmi di crescita stabilmente più elevati che in passato. Dovranno inoltre essere conseguiti adeguati avanzi al netto della spesa per interessi, anche per tenere conto dell’aumento atteso degli oneri connessi con l’invecchiamento della popolazione. In questo quadro il ricorso al debito per finanziare nuovi programmi pubblici, tranne per quanto necessario per fare fronte a situazioni di reale emergenza, va evitato”. E uno spread costantemente a ridosso dei 200 punti base, non può non far riflettere.
NIENTE SCHERZI SUL PNRR
Ultima questione, quel Pnrr di vitale importanza. “I fatti dimostrano che l’economia italiana ha la possibilità di superare le debolezze che ne rallentano lo sviluppo, per interrompere il ristagno della produttività, contrastare l’effetto delle tendenze demografiche sull’offerta di lavoro, ridurre il peso del debito pubblico, salito in misura considerevole”. E il Piano nazionale di ripresa e resilienza “costituisce uno strumento decisivo per affrontare con successo questa sfida”.
E “per assicurarne il successo, le riforme dovranno essere in grado di cambiare profondamente il contesto in cui si svolge l’attività economica”. Come a dire, niente trucchi.