Nonostante la teorica neutralità, la Cina rimane vicina alla Russia. E su Douyin, la gemella cinese di TikTok controllata dai censori di regime, non si può tifare per l’Ucraina. Ma si può glorificare Vladimir Putin a livelli inquietanti
Sui social media occidentali e nella subcultura dei meme e dei video brevi, Vladimir Putin tende a essere caratterizzato in relazione all’invasione russa dell’Ucraina: un brutale dittatore e un assassino. Non è così su Douyin, la versione cinese (e originale) di TikTok, dove viene dipinta tutt’altra immagine: “papino Putin”, un leader valente e capace che lavora per la pace nel mondo.
L’inchiesta di Foreign Policy ha esplorato i meandri di Douyin, che è perlopiù inaccessibile a chi non è un cittadino cinese (per registrarsi serve il documento d’identità) e opera, come il resto dell’internet cinese, rispettando il pugno ferreo dei censori. Questi, a loro volta, rispondono alle sensibilità politiche del Partito comunista cinese, la cui propaganda ricorda molto da vicino quella di Mosca.
Tutto questo si riflette sui contenuti. Da marzo i commenti pro-Ucraina hanno iniziato a scomparire dai social media cinesi, mentre agli organi di informazione in Cina è stato detto di evitare di pubblicare qualsiasi cosa “sfavorevole nei confronti della Russia” sugli account social. I contenuti anti-ucraini o filo-russi, a prescindere dalla gravità, non vengono controllati, mentre i media statali continuano a sostenere che gli Stati Uniti e la Nato sono i veri istigatori del conflitto.
Quindi, se da una parte gli utenti che provano a diffondere gli orrori della guerra vengono censurati, dall’altra ci sono la massa di adoratori di Putin. “Bel papà”, “fratello maggiore”, persino “principe azzurro” o “dio mascolino” sono alcuni epiteti riscontrati da FP. Non si contano i contenuti che acclamano l’onestà e la laboriosità del dittatore, che diventa una figura quasi messianica. Spesso accumulano centinaia di migliaia di like e migliaia di commenti.
C’entra l’idolatria per le celebrità, un fenomeno culturale cinese che pure preoccupa le autorità. Ma non tutto questo entusiasmo è genuino. “Ci sono due gruppi di persone nel mercato cinese,” ha spiegato Finn Lau, analista di Hong Kong e Cina, a FP: “quelli che provano sincera ammirazione per Putin” e “alcuni account che sono naturalmente controllati dal cosiddetto braccio internet del governo cinese. Ecco perché ci sono così tanti video che diventano virali”.
Altra storia per TikTok “all’occidentale”, dove gli utenti (seppur esposti alla disinformazione) possono condividere contenuti anti-Putin e addirittura raccogliere donazioni a favore delle organizzazioni ucraine, in linea con gli altri social non censurati. Ma l’esempio di Douyin è un utile ammonimento del potere che hanno i social nel formare le menti, specie quelle più giovani, e veicolare i contenuti favorevoli verso chiunque ne controlli il flusso.