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Berlusconi, Putin e i conflitti in Forza Italia letti da Tarchi

Il politologo e docente all’Università degli Studi di Firenze Cesare Alfieri: “Finché Berlusconi sarà in vita, la questione della guida (e della linea) di Forza Italia rimarrà irrisolta e i regolamenti di conti non potranno mai avvenire in modo chiaro”. E sulla Russia: “La Russia di Putin è, agli occhi di molti elettori che si considerano di destra, il Paese che con più forza si oppone all’egemonia del politicamente corretto nella società odierna”

Ri-allineati. Silvio Berlusconi alla convention di Napoli ha ribadito che “l’Ucraina è il Paese aggredito e noi dobbiamo aiutarlo a difendersi”. Il riassestamento dopo le scivolate che gli sono valse le accuse di filo-putinismo non basta a placare gli animi. Il fatto che Maria Stella Gelmini abbia disertato l’appuntamento partenopeo la dice lunga sul clima che aleggia tra gli azzurri. Così come le dichiarazioni del ministro Renato Brunetta. Insomma, che sta succedendo ai liberali di Forza Italia? Una possibile risposta a questo interrogativo prova a darla a Formiche.net, Marco Tarchi, politologo e docente all’Università degli Studi di Firenze Cesare Alfieri.

All’interno di Forza Italia serpeggiano ambiguità. Brunetta e Gelmini sostengono con convinzione la posizione filo atlantica nell’ambito del conflitto ucraino. Berlusconi ha posizioni ondivaghe, anche se a Napoli ha aggiustato il tiro. Che sta succedendo?

Si ampliano conflitti che sono in gestazione da anni e che rivelano l’insofferenza di buona parte della classe dirigente del partito verso un leader senza il quale il partito probabilmente deflagrerebbe in pochi giorni, ma con il quale è destinato a non riprendersi più dalla situazione di subalternità in cui è caduto. Finché Berlusconi sarà in vita, la questione della guida (e della linea) di Forza Italia rimarrà irrisolta e i regolamenti di conti non potranno mai avvenire in modo chiaro. Da ciò discende l’utilizzo di ogni spunto di polemica possibile per rimarcare le distanze e anticipare futuri posizionamenti, anche fuori del perimetro del centrodestra. Una mossa che alcuni rimandano solo per non attirarsi l’accusa di tradimento e la scomunica da Berlusconi in persona, che finirebbe con il danneggiarli. L’atlantismo è un pretesto: in Forza Italia nessuno lo ha mai seriamente criticato e mai lo farà.

Quanto pesa secondo lei l’antica amicizia tra lo zar e il Cavaliere nel posizionamento degli azzurri in questa fase?

Certamente un peso lo ha, soprattutto perché Berlusconi ha sempre considerato Putin un uomo di Stato di grandi capacità e – come in tutti gli altri campi – non intende neanche prendere in considerazione l’ipotesi di aver sbagliato in giudizio. Un peso lo ha però probabilmente anche un residuo di realismo di chi sa che lanciarsi a capofitto nella non dichiarata cobelligeranza contro la Russia comporta, in prospettiva, molti più danni che vantaggi.

In generale, nella coalizione di centrodestra il conflitto ha creato lacerazioni evidenti. Come se lo spiega?

Con il fatto che le cosiddette anime della coalizione hanno sempre avuto molte divergenze sul piano dei principi e dei programmi. Sebbene tutte, quale più quale meno, oggi si schierino dalla parte della Nato e di chi la ispira e la indirizza, c’è sempre stata una differenza fra chi riteneva che gli interessi italiani non coincidessero con quelli statunitensi (nel Dna della Lega questa convinzione, ai tempi di Bossi, era radicata, e nella cultura politica che, attraverso varie diluizioni, ha portato sino a Fratelli d’Italia era ancora più marcata) e chi pensa il contrario (Forza Italia, Udc, centristi vari). Inoltre, la Russia di Putin è, agli occhi di molti elettori che si considerano di destra, il Paese che con più forza si oppone all’egemonia del politicamente corretto nella società odierna. Ed è improbabile che la guerra possa, di per sé, sradicare questa simpatia. Al massimo, possono tacerla.

Salvini sembra vestire i panni del pacifismo, ponendo non poche riserve in ordine all’invio delle armi in Ucraina. Conte fa lo stesso. È di nuovo amore?

No. È solo convinzione comune che una porzione significativa dell’opinione pubblica – e quindi dell’elettorato – ritenga che non sia il caso di combattere quella che considera una guerra per procura degli Stati Uniti contro la Russia e sia contraria ad ogni forma di coinvolgimento nello scontro. E che quegli elettori, al momento opportuno, nelle urne peseranno.

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