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Nella corsa verso l’IA, l’Ue zoppica rispetto a Usa e Cina. Il rapporto

Allarme IA: l’Ue è in ritardo su investimenti e sviluppo. Il rapporto

L’Intelligenza artificiale avrà un’importanza sempre più strategica, ma i Ventisette sono indietro: mancano fondi e dunque ricerca, diminuisce la competitività e aumentano i rischi di sicurezza, mentre s’indebolisce il proposito europeo di creare standard antropocentrici e democratici

L’Unione europea è in netto ritardo nella corsa globale allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA), nonostante la sua volontà dichiarata di anticipare il resto del mondo sulla sua regolamentazione. Martedì un gruppo di europarlamentari ha presentato un rapporto con le loro proposte per migliorare il cosiddetto AI Act, allo studio della Commissione, e lanciato un allarme sugli sforzi insufficienti dei Ventisette.

Dragoş Tudorache, presidente della commissione sull’IA, ha spiegato che l’Unione ha un “interesse geopolitico” a sviluppare approcci antropocentrici e creare standard globali. In controluce, le tecno-autocrazie come quella cinese, che già impiega gli strumenti IA di sorveglianza di massa che l’AI Act dovrebbe proibire.

“Sulla scena globale siamo in competizione con altri attori, che hanno anche una visione del mondo diversa per quanto riguarda il ruolo futuro dell’IA nelle loro società”, ha detto Tudorache in una conferenza stampa. Gli altri autori del rapporto (visto da EuObserver) hanno anche evidenziato il rischio di rimanere al palo nella ricerca militare – altro campo in cui l’IA cambierà le carte in tavola, dalle armi letali autonome alla cibersicurezza.

In questa competizione, spiega il rapporto, l’Ue è in netto ritardo rispetto ai suoi due grandi concorrenti, Cina e Stati Uniti. Si stima che ogni anno in tutta l’Ue venga speso solo un miliardo di euro in ricerca IA, rispetto ai 5,1 americani e i 6,8 cinesi.

Si sente anche l’impatto della Brexit, dato che il Regno Unito era tra i Paesi europei più attivi sul fronte dell’IA. In più le frizioni irlandesi tra Londra e Bruxelles minacciano il futuro della collaborazione scientifica futura, dato che la partecipazione della Uk nel programma Horizon Eu non è affatto garantita. Ma è evidente, come rimarcano gli eurodeputati, che tutti i Paesi non abbiano investito abbastanza negli ultimi anni.

Questo spiega il fallimento degli sforzi europei nell’attrarre professionisti e neolaureati nel campo dell’IA, assieme ai ventisette regimi legali diversi e l’incertezza giuridica che rallentano ulteriormente sviluppo e adozione dei servizi IA in Ue. Dall’altra parte ci sono gli Usa e la loro cultura di venture capital e investimenti, che attraggono gli imprenditori europei a stabilirsi lì per espandere le loro attività IA.

Se è vero che il Consiglio commercio e tecnologia (Ttc) Ue-Usa prevede ampia collaborazione sul fronte IA (cosa che, se funzionasse negli anni a venire, consoliderebbe notevolmente il fronte tecnologico democratico), è anche vero che l’Ue non può continuare a rifugiarsi sotto l’ala dell’alleato. Un tema, peraltro, assonante a quello degli investimenti nella difesa secondo gli impegni presi nell’ambito della Nato. Dunque, nel rapporto sull’Ia Act, gli eurodeputati chiedono che ogni Stato europeo spenda almeno il 3% del proprio Pil annuo in ricerca e innovazione, “per raggiungere l’autonomia strategica nel campo digitale”.

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