Il lancio del REPowerEU, piano per affrontare la crisi energetica e diversificare gli approvvigionamenti nell’ottica di sostenere la transizione energetica, dovrà affrontare la realtà di nuove e già esistenti dipendenze. Le questioni più importanti emerse al aw Materials Summit che si è tenuto dal 25 al 27 maggio a Berlino
Il concetto di autonomia strategica ormai circola da alcuni anni nei corridoi di Bruxelles e non solo. Seppur sia ritenuto, spesso, un concetto elusivo e di difficile implementazione, rimane uno di quei parametri chiave per provare a comprendere la torsione che ha subito, per necessità prima che per volontà politica, l’Unione Europea sulla scacchiera internazionale.
Dapprima la pandemia, con la fatica nel reperire dispositivi medici e poi la corsa ai vaccini, poi la crisi logistica simbolicamente rappresentata dalla chiusura del Canale di Suez, infine la crisi energetica già rampante ben prima che Vladimir Putin decidesse di lanciare l’ ‘operazione speciale’ e sconvolgere gli equilibri di sicurezza (e non solo) europei. Eventi che hanno impresso un’accelerazione dirompente a processi fino ad allora nell’ombra: il disaccoppiamento delle catene del valore, la spinta verso una maggiore presenza dello Stato su più domini e la corsa ad attrezzarsi per affrontare la duplice transizione energetica e digitale. In realtà, aldilà del dibattito accademico, il concetto di autonomia strategica già giaceva al cuore della EU 2019-2024 Strategic Agenda, la roadmap presentata congiuntamente dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, per poi essere ripreso nel Recovery Plan e, infine, nel lancio del Green Deal.
Sia esso declinato dal punto di vista tecnologico (sovranità digitale) che dal punto di vista energetico (sicurezza degli approvvigionamenti) o industriale, il punto chiave rimane quanto e come l’Unione europea riuscirà ad essere protagonista nei settori strategici del futuro. Creando ecosistemi industriali, investendo in ricerca e sviluppo e nelle nuove competenze, superando quegli ostacoli burocratici che la rendono ancora imperfetta dal punto di vista di soggetto politico maturo e consapevole, tanto dei suoi limiti quanto dei suoi punti di forza. Semiconduttori, batterie elettriche, turbine eoliche, pannelli solari, intelligenza artificiale, 5G e quantum computing richiederanno un mix di strumenti, per recuperare il terreno perduto e soprattutto superare gli ostacoli materiali: perché si tratta di tecnologie che richiederanno un accesso continuo, sicuro e, nella volontà della Commissione, sostenibile alle materie prime critiche, entrando nell’ottica che un mondo nuovo si sta delineando, in cui servirà equipaggiare l’UE per gestire un’interdipendenza in linea con i suoi interessi e valori e al contempo affrontare di petto la competizione geopolitica.
“L’obiettivo è assicurarci che la nostra dipendenza strategica venga ridotta perché se consideriamo i nostri piani di trasformazione digitale, verde e resiliente, senza un accesso alle materie prime non sarà semplicemente fattibile”. Sono le parole di Thierry Breton, commissario europeo al Mercato interno, durante il Raw Materials Summit che si è tenuto dal 25 al 27 maggio, a Berlino. L’evento, che ha raccolto numerosi stakeholder del settore in una tre giorni di panel e discussioni sul futuro del mercato interno per le materie prime, si è concluso poco dopo il lancio del piano energetico della Commissione, che si propone di avanzare obiettivi molto ambiziosi. Dall’aumento dell’efficienza energetica (dal 9 al 13%) già fissato con il Fit for 55, alla diversificazione delle forniture di gas fino all’aumento, dal 40 al 45%, dell’obiettivo al 2030 per la penetrazione delle rinnovabili, tra cui una strategia dell’UE per l’energia solare volta a raddoppiare la capacità solare fotovoltaica entro il 2025 e installare 600 GW entro il 2030.
E poi idrogeno, investimenti e semplificazione delle procedure. Una strategia complessiva per uscire, nel breve-medio periodo, dalla morsa russa. Ricordando le stime dell’International Energy Agency, secondo cui l’Europa ha importato 155 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia solo nel 2021, Bern Schafer, amministratore delegato di EIT Raw Materials (ente organizzatore e responsabile delle iniziative europee su vari progetti nel settore) ha ricordato che “per rimpiazzare questa dipendenza, l’Europa non ha altre alternative se non produrre energia da fonti rinnovabili. E la produzione di energia rinnovabile richiede turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, celle all’idrogeno, batterie e pompe di calore – tutte richiedono materie prime, la cui disponibilità oggi è fuori portata”. Allo stato attuale degli investimenti.
Il REPowerEU ha accennato alla possibilità che la Commissione, e gli altri organismi coinvolti tra cui il Parlamento e le commissioni/istituzioni competenti in materia (ITRE, Comitato Sociale delle Regioni, ERMA), possano arrivare a proporre la presentazione di un Critical Raw Materials Act sulla scia dell’European Chips Act, con l’obiettivo parimenti ambizioso di incentivare, tra le altre cose, gli investimenti minerari sul suolo europeo, spesso ostacolati dalla resistenza delle comunità locali. Come è stato ricordato su queste colonne, gli obiettivi europei di una maggior produzione industriali delle rinnovabili, seppur mossa da un duplice obiettivo – difendere l’industria europea, posti di lavoro e presenza sull’innovazione e al contempo svincolare il Green Deal da altre e pericolose dipendenze – aumenterà esponenzialmente la domanda europea di materie prime critiche, tra cui litio, cobalto, nickel, terre rare, platinoidi, senza contare i metalli non-ferrosi come rame e alluminio, o del magnesio (cruciale per l’industria dell’alluminio) da cui l’UE dipende per il 95% da Pechino.
“È dunque imperativo che ci sforziamo per assicurare una fornitura stabile, a lungo termine e sostenibile per i materiali critici per l’economia e la società europea”, ha aggiunto Maros Šefčovič, tra i principali artefici dell’European Battery Alliance, istituita nel 2017. Per farlo, servirà anche una maggior propensione agli investimenti privati e pubblici in un settore cruciale per gli obiettivi di decarbonizzazione. “La transizione all’energia pulita significa il passaggio da un sistema ad alta intensità di combustibili fossili ad uno ad alta intensità di metalli”, ha aggiunto Natalia Larcozana, Senior Banker dell’European Bank for Reconstruction and Development (EBRD).
Una visione che ormai accomuna gran parte dei leader europei, tra cui Philippe Varin, a capo della strategia francese per i materiali critici e di una task force per monitorare l’impatto della guerra in Ucraina sulle forniture di metalli strategici per l’industria transalpina. “La questione è meno appariscente di quella energetica o alimentare”, ha ricordato alla conferenza, “ma la fornitura di titanio, palladio, nickel o del gas neon rimane fortemente preoccupante”.
Dalle opinioni, serve passare ai fatti. Nel mezzo, un parere del Committee on International Trade (INTA), votato il 23 maggio sull’aggiornamento della Strategia Industriale europea offre alcune spunti: sviluppare una strategia sui materiali critici per identificare e monitorare le dipendenze lungo la filiera; promuovere investimenti upstream e downstream sui mercati esteri attraverso l’implementazione di un piano concreto di ‘autonomia strategica’; assicurare il consumo ottimale e efficiente di risorse nel mercato interno, incentivando le soluzioni circolari e filiere ‘amiche’, riducendo la dipendenza da singoli paesi per materie prime e prodotto intermedi; aumentare la presenza europea nel settore estrattivo e di processazione di litio, terre rare e cobalto; stilare un European Rare Earth Act; infine, promuovere questi dossier all’interno dello EU-US Trade and Technology Council.
Stati Uniti e Unione Europea, infatti, condividono debolezze e avversari comuni sul lato delle materie prime (Russia e Cina), seppur i primi si stiano già muovendo per rafforzare le partnership dell’anglosfera (Canada e Australia) nell’ottica di diversificare le importazioni da alleati, e le rispettive liste dei materiali critici differiscano per sensibilità strategiche e le basi industriali.
Tra mosse e contromosse, in un mercato già di per sé scosso da pressioni strutturali e rischi che aumenteranno nel nuovo ‘superciclo’, servirà “una nuova mentalità in Europa”, ha chiosato Schafer. “Dobbiamo essere chiari circa i nostri partner strategici e spingere forte per le giuste misure sul lato legislativo per raggiungere un piano livellato [sul commercio internazionale]. Infine, dobbiamo accorciare drasticamente i tempi di autorizzazione per consentire a importanti progetti minerari di consolidarsi rapidamente”. Portogallo, Spagnia, Serbia e Ucraina, paesi con potenziali minerari ancora sopiti, altri fortemente desiderati.