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La rete unica prende (finalmente) forma. L’uscita di Tim, il timone a Cdp e il ruolo di Kkr

Firmato il memorandum che sancisce la nascita dell’infrastruttura nazionale per la banda larga. La regia andrà a Cdp. Kkr, fino a poco tempo fa in odore di Opa, sarà della partita. L’ex Telecom pronta al disimpegno e per i mercati è un’ottima notizia. Il titolo strappa a Piazza Affari

 

Pietro Labriola, in sella a Tim dallo scorso novembre dopo l’addio di Luigi Gubitosi, lo aveva detto giusto un mese fa: per la rete unica è questione di settimane. E così è stato. Ieri sera è stato finalmente aperto, ufficialmente, il cantiere per la creazione di un’infrastruttura nazionale per la banda larga. La prima pietra, a onor del vero, era stata posata sul finire dello scorso inverno, quando lo stesso Labriola aveva messo nero su bianco un piano industriale che prevedeva lo scorporo dei servizi di rete da quelli commerciali e la messa a sistema dei primi con quelli di Open Fiber. E, allora solo velata, la cessione della regia della futura società della rete a Cassa depositi e prestiti, ovvero lo Stato, azionista al 60% di Open Fiber.

RETE UNICA IN VISTA

Ora il puzzle è pronto, ma con due variabili destinate a diventare costanti: primo, Kkr, fino a poche settimane fa in odore di Opa dopo la manifestazione di interesse dello scorso novembre, sarà a tutti gli effetti della partita. Secondo, l’ex Telecom uscirà dai giochi dopo aver separato la propria infrastruttura, oggi incastonata in Fibercop di cui il fondo americano è azionista al 37,5% e averla fatta confluire nella nuova società. La cloche, dunque, sarà quasi esclusivamente pubblica, con la presenza dello stesso Kkr e di Macquarie, il fondo australiano socio al 40% di Open Fiber.

E così, nella tarda serata di ieri, è arrivato l’atteso comunicato. Cdp Equity, Kkr, Macquarie, Open Fiber e Tim hanno firmato un Memorandum of Understanding per avviare il processo di integrazione delle reti dell’ex monopolista e Open Fiber. Ora, l’accordo verte sulla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, “non verticalmente integrato, controllato da Cdp Equity e partecipato da Macquarie e Kkr, che consenta di accelerare la diffusione della fibra ottica sull’intero territorio nazionale, permettendo così l’accesso ai servizi più innovativi ed efficienti offerti dal mercato alla generalità della popolazione, agli enti pubblici e alle imprese, contribuendo in tal modo ad uno sviluppo più celere, duraturo e sostenibile del Paese”, chiarisce la nota congiunta.

LO STATO PADRONE

Il passaggio più delicato è però un altro. Quello relativo all’uscita dai giochi del gruppo telefonico. Il memorandum prevede sì la separazione delle attività infrastrutturali di rete fissa da quelle commerciali di Tim e l’integrazione delle prime con la rete controllata da Open Fiber. Ma ad esito di tale operazione Tim, sul mercato italiano, “potrà focalizzare in via prioritaria le proprie attività nei servizi di telecomunicazione e trasmissione di dati”. Tradotto, disimpegno dalla società per la rete in vista.

MERCATI (E ANALISTI) IN FESTA

Attenzione, bisogna capire se Tim rimarrà con una quota di minoranza nella nuova entità controllata da Open Fiber o se uscirà del tutto. Quello che è sicuro è che i mercati hanno accolto bene la notizia del memorandum, con il titolo Tim che ha strappato in Borsa a + 2,3% a 29 centesimi ad azione, fin dalle prima battute della seduta, per poi chiudere a +3,1%. Anche perché, secondo i calcoli di Equita Sim, l’operazione per la cessione dell’infrastruttura di rete potrà valere per l’ex Telecom fino a 12 miliardi di euro.

E secondo Bestinver Securities “considerata l’importanza e le potenzialità della rete di Tim, gli investimenti fatti fino a oggi nel segmento, e il possibile beneficio che si potrebbe generare dalla singola rete, la prima opzione è quella che ha più senso per il colosso tlc. Il gruppo si ritroverà con una posizione di bilancio più sana che potrebbe consentire all’azienda di tornare a competere nel segmento dei servizi”.

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