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Orso tuo, vita mea. La Cina torna attraente per gli investitori. Ma non è detto che basti

Dopo oltre due anni di repressione, Ipo saltate e lockdown indiscriminati ora i capitali sembrano essere tornati a scommettere sull’economia cinese. Merito di un atteggiamento meno repressivo del governo nei confronti delle aziende tecnologiche e demerito dei mercati occidentali, in caduta libera. Ma Foreign Policy fa notare che Xi Jinping arriverà al Congresso del Pcc con la crescita economica più “imbambolata” degli ultimi 45 anni

E pensare che fino a pochi giorni fa era tutto un fuggi-fuggi. Investitori, capitalisti, semplici risparmiatori, per due anni e passa non ne hanno voluto sentire di restare in Cina. Troppa repressione, troppe quotazioni fatte saltare all’ultimo miglio, troppi default nel mattone e, soprattutto, quella strategia zero Covid tutta lockdown, rivelatasi a dir poco fallimentare.

Ma adesso arriva, inatteso, il colpo di spugna. Magari, ma per il momento sono solo voci, anche quello sbarco in Borsa di Ant, braccio finanziario di Alibaba, un’operazione che due anni fa valeva 37 miliardi di dollari, un record assoluto. Pechino però non ha voluto e allora non se ne è fatto nulla, ora l’aria sta cambiando. E gli invesitori stanno tornando piano piano a rimettere piede in Cina.

La rivelazione è arrivata da Bloomberg, secondo la quale i fondi esteri stanno sempre meno timidamente scommettendo su una rinascita delle azioni cinesi e su un possibile ritorno di una crescita strutturale e sostenuta. L’agenzia di stampa americana cita in particolare l’indice Hang Seng China Enterprises, un indicatore legato alle grandi aziende cinesi quotate a Hong Kong, balzato del 18% in un mese piuttosto tremendo invece per i listini occidentali, entrati in bear territory, un mercato ribassista.

Ma come si spiega tutto questo? Come al solito, quando si parla di Cina c’è di mezzo la politica, o meglio il palazzo. Il 10 maggio scorso la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma e il ministero del Commercio cinese hanno pubblicato il Catalogo delle Industrie Incoraggiate per gli Investimenti Esteri il quale identifica i settori in cui gli investimenti diretti esteri saranno benvenuti e trattati con politiche favorevoli in Cina. I mercati debbono aver percepito il tutto come una sorta di rassicurazione, spingendo l’indice menzionato che dà la cifra della fiducia delle grandi aziende nell’economia del Dragone.

Anche perché il nuovo catalogo risulta essere più ampio di quelli precedenti, il che significa che un maggior numero di campi di investimento favorirà i capitali stranieri. I falchi del governo cinese stanno allentando la presa sulle loro prede. Un merito nel ritorno dell’appeal cinese lo hanno sicuramente le grandi industrie tecnologiche, le quali hanno sofferto di più per il pugno duro governativo.

Nei giorni scorsi, la Cina ha accelerato l’approvazione di nuovi videogiochi, ponendo fine a un blocco di otto mesi nel più grande mercato di intrattenimento mobile del mondo. Nel frattempo, secondo il Wall Street Journal, le autorità di regolamentazione si stanno preparando a revocare il divieto di accesso ai nuovi utenti dell’Uber cinese, Didi Global Inc. Secondo le stime di Goldman Sachs, nell’ultimo anno le società tecnologiche hanno perso ben 2 mila miliardi di dollari di valore di mercato, l’equivalente dell’11% del prodotto interno lordo cinese. Riuscirà la Cina ad aumentare la fiducia degli investitori prima dell’atteso 20° congresso del Partito Comunista che si terrà quest’anno? Forse, o forse no.

Un report di Foreign Policy getta delle ombre sull’economia cinese “in caduta libera a causa della cattiva gestione del leader Xi Jinping. Esempio calzante: quest’anno si prevede che l’ economia statunitense crescerà più velocemente di quella cinese per la prima volta dal 1976, con forti indicazioni che la Cina è entrata in un’era prolungata di crescita lenta. Più sorprendente è che Xi, nel tentativo di stabilizzare le finanze, abbia in gran parte abbandonato i suoi piani ambiziosi di rivedere il modello di crescita, scegliendo invece di raddoppiare le stesse politiche economiche che hanno portato la Cina nel vicolo cieco in cui si trova oggi”.

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