Prosegue l’ondata di revisionismo industriale nel Dragone, dopo due anni di repressione spietata sulle big tech. Nel 2020 Pechino fece fallire l’Ipo del secolo, che doveva portare il braccio finanziario di Alibaba in Borsa. Ora i lockdown, il rallentamento del Pil e la fuga dei capitali hanno fatto cambiare idea a qualcuno
Prima l’entrata a gamba tesa e il conseguente cartellino rosso. Poi il rientro in campo, magari con una pacca sulle spalle. La Cina non è nuova a capriole nella politica industriale. Il caso della repressione dell’industria tecnologica da parte del governo cinese ne è l’esempio più lampante.
Era il novembre del 2020 quando Pechino mandò a rotoli la più grande Ipo della storia recente, quella di Ant, braccio finanziario di Alibaba, il colosso dell’e-commerce fondato da Jack Ma. Oltre 37 miliardi di dollari di capitale da portare in Borsa, fermati all’ultimo miglio dal Partito comunista, spaventato dal fatto che la quotazione potesse dare a Ma un potere ancora più forte di quanto non lo avesse al tempo, e anche come punizione per certe dichiarazioni toste sul sistema finanziario cinese. Da quel momento sulle big tech, Tencent, Alibaba ma non solo, si è abbattuta la clava di Pechino.
Poi, come raccontato da Formiche.net, un mese fa, l’improvvisa conversione: basta con le multe, con le minacce. I lockdown hanno rallentato l’economia, il pugno di ferro contro le aziende tecnologiche hanno fatto scappare gli investitori stranieri. Ecco che il settore deve essere di nuovo valorizzato, sostenuto, protetto. E in queste ore le autorità finanziarie cinesi hanno avviato le prime discussioni su un potenziale rilancio dell’offerta pubblica iniziale di Ant.
La China Securities Regulatory Commission ha istituito di sana pianta una squadra per rivalutare i piani di quotazione. Non è tutto. Le autorità sono propense a rilasciare ad Ant una apposita licenza che nei fatti spianerebbe la strada a un’Ipo-bis, dopo quella fallita con il colpo di mano di due anni fa.
In una dichiarazione rilasciata giovedì scorso, la CSRC ha affermato di non essere al lavoro in questi termini, sebbene sostenga le quotazioni di società di piattaforma idonee in Cina e all’estero. Il mercato comunque ci crede, segno che ormai la decisione potrebbe essere stata presa, anche se manca il sì di Xi Jinping. I titoli tecnologici cinesi hanno infatti registrato un’impennata nelle ultime settimane, proprio sull’onda dei rumors circa una quotazione di Ant. Insomma, in Cina l’imperativo è sostenere il Pil. E dunque la tecnologia.