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Una deterrenza basata sulla tecnologia. Il punto di Cavo Dragone

Con uno scenario geostrategico internazionale sempre più fragile, c’è la necessità di sviluppare un nuovo modello di deterrenza, basato su uno strumento militare tecnologicamente all’avanguardia. Ad affermarlo, il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nel corso della sua audizione al Senato

Il mantenimento della pace e della stabilità ha bisogno di una deterrenza credibile, che non può prescindere da uno strumento militare tecnologicamente adeguato e all’avanguardia. Parola del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ascoltato in audizione alla commissione Difesa del Senato per affrontare la discussione sul disegno di legge n.2597 che rivede il modello delle Forze armate, a cui è collegata la delega al governo per la revisione dello strumento militare nazionale. L’audizione dell’ammiraglio arriva a conclusione delle indagini della commissione Difesa sul decreto per la revisione del modello militare che ha visto comparire davanti ai legislatori i capi di Stato maggiore di Esercito, Marina e Aeronautica militare.

La rivoluzione tecnologica

Secondo l’ammiraglio Cavo Dragone, dunque, l’elemento centrale è la deterrenza basata sulle tecnologie all’avanguardia “che abbia come corollari l’adozione di un modello operativo interforze e multi-dominio e la capacità di partecipare a pieno titolo alla rivoluzione in atto nel settore delle tecnologie militari”. Per l’ammiraglio, le Forze armate devono “accettare le sfide poste da ambienti e tecnologie emergenti, pianificando l’impiego delle risorse in una prospettiva di continuità e innovazione e, al tempo stesso, avere una visione di lungo termine, valorizzando le opportunità derivanti da programmi di cooperazioni europee e internazionali”. Proprio su questo punto, Cavo Dragone ha ricordato come la Difesa italiana debba essere pronta a inserirsi in quella che ha definito “rivoluzione tecnologica”, partecipando a quelle “iniziative industriali che nel prossimo decennio daranno vita a una rivoluzione tecnologia: piattaforma aerea di sesta generazione, i nuovi assetti ad ala rotante Future vertical lift, i progetti e servizi per lo spazio, la piena operatività degli F-35.

Le minacce della guerra ibrida

Gli scenari in cui si muoveranno le Forze armate italiane, infatti, sono sempre più complicati, con lo strumento militare chiamato sempre più a mantenere “la stabilità e la pace a livello internazionale e la salvaguardia dei diritti umani”. Lo sforzo italiano, tra l’altro, ha visto l’attivazione di quattro nuove missioni in Iraq, Libia, Niger e Lettonia, seguendo l’evoluzione del quadro geostrategico, e “il campo di azione non smette di ampliarsi e la tutela e la salvaguardia dei diritti sono una vera e propria emergenza globale”. Il conflitto in Ucraina ne è, del resto, un esempio lampante, dove è emerso con forza il ruolo dirompente della guerra “ibrida”, nella quale “la sinergia fra diverse dimensioni offre al potenziale aggressore innumerevoli opportunità di attacco ed estende il teatro di guerra alle popolazioni civili”.

Deterrenza Nato

Sempre in riferimento alla crisi ucraina, l’ammiraglio ha registrato come “l’impegno della Nato sul fianco Est si profila in aumento e potrebbe assumere anche carattere permanente” con l’Alleanza che potrebbe decidere di stabilire una presenza militare stanziale nei Paesi alleati a ridosso della Federazione russa. “Nella Nato – ha concluso il capo di Stato maggiore – si è diffusa la convinzione che l’estendersi della guerra ibrida abbia reso urgente la necessità di elaborare un nuovo modello di deterrenza coerente e credibile, con un occhio alla prevenzione delle nuove minacce”.



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