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L’India in equilibrio tra l’invito al G7 e i Brics che sfidano il dollaro

Il premier Modi arriva come invitato speciale al G7 dopo l’incontro dei Brics. L’India cerca un proprio spazio, non vuole un allineamento totale con l’Occidente né sganciarsi dal sistema “alternativo”, ma lo scontro tra modelli rischia di complicare certi obiettivi. La questione delle forniture militari: oggi l’85% è di derivazione russa, ma Mosca non riesce più a garantirle

Il primo ministro indiano, Nerendra Modi, arriverà al G7 in Germania come invitato speciale fresco dell’incontro dei BRICS. Ossia porta con sé un dilemma noto per Nuova Delhi, come muoversi tra Occidente — compattato dalla prima reazione all’invasione russa dell’Ucraina — e un blocco eterogeneo e disorganico che pensa da tempo a un’alternativa per l’ordine mondiale a trazione occidentale.

“Non si tratta di cercare di separarli o di allontanarli da qualsiasi altra associazione o partnership che potrebbero avere con un altro Paese”, ha detto il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale americano, l’ammiraglio John Kirby entrando nel vivo del dilemma strategico indiano: “Non è questo l’obiettivo. L’obiettivo è quello di unificarsi attorno a una serie di principi e iniziative comuni: il G7 vuole avanzare in termini di cambiamento climatico, energia e sicurezza alimentare”.

Sono argomenti che interessano il subcontinente, ma anche ciò che è uscito dai Brics può attirare l’attenzione indiana. Vladimir Putin ha per esempio ventilato un’ipotesi affascinante: il gruppo composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa potrebbe presto fare un ulteriore passo avanti sfidando il dollaro statunitense, creando una propria valuta di riserva internazionale basata sul “paniere di valute dei nostri Paesi”.

Quanto è (im)possibile non è chiaro, ma il tema della fine della dipendenza da un sistema globale unico (e sostanzialmente controllato da un Paese principale, gli Stati Uniti) è attraente per molti — a Teheran il ministro degli Esteri russo ha spinto una narrazione simile, per esempio. Il cinese Xi Jinping, nel suo discorso ai Brics ha invece addossato sull’Ucraina la responsabilità dell’invasione russa, definendola un “campanello d’allarme”, ricordando che “i tentativi di espandere le alleanze militari e di ricercare la propria sicurezza a spese di altri non faranno altro che portarci in un dilemma di sicurezza”.

Il messaggio era diretto alla Nato, ma l’India è parte di un’alleanza militare (basata su difesa e sicurezza) che ha una centralità simile: il Quad. Se la Nato è l’architettura di sicurezza europea, il raggruppamento a quattro tra India, Giappone, Australia e Stati Uniti ambisce a diventare l’architrave di un sistema che dalla sicurezza (e dalla difesa) guidi le dinamiche nell’Indo Pacifico.

L’India vive da attore di primo piano quel quadrante complicato. L’obiettivo resta attenersi a una politica di non allineamento per garantire la propria autonomia strategica impegnandosi essenzialmente con tutti. Ma con le evoluzioni degli affari globali, con la competizione tra grandi potenze che continua a scaldarsi, sarà sempre più difficile e delicato mantenere questo equilibrio.

Per esempio, Putin ha elogiato le possibilità commerciali che i Brics offrono, ricordando che la Russia nel primo semestre del 2022 ha incrementato del 38% gli scambi con i Paesi del gruppo. Tra questi, anche l’aumento delle vendite di petrolio: Mosca ha superato l’Arabia Saudita ed è diventata prima fornitrice della Cina, e ha anche venduto diversi barili in più all’India grazie agli sconti eccezionali che riserva a certi clienti — aspetto che ha fatto storcere il naso a Washington, chiaramente perché arriva mentre il petrolio russo viene colpito dalle sanzioni occidentali collegate all’invasione ucraina.

Per l’India, impegnarsi a sostenere pienamente tutto ciò che i Brics stanno facendo serve a mantenere un piede in quel mondo alternativo da cui non vuole uscire per non perdere aliquote di sovranità. Allo stesso tempo è molto probabile che i Brics non saranno in grado di spostare l’ago della bilancia in avanti su molte delle questioni e dei piani che vengono discussi. Ossia, l’impegno indiano non andrà troppo oltre da sacrificare gli altri con le realtà occidentali — tant’è che, per quanto noto, Nuova Delhi avrebbe lavorato per evitare wording scomodi e troppo anti-occidentali nel comunicato congiunto della recente riunione.

L’India, consapevole delle proprie potenzialità e dei rischi, vuole evitare di prendere decisioni scomode su quanto spingersi e perseguire politiche all’interno dei Brics che potrebbero metterla in contrasto con l’Occidente. Finora il governo Modi si è concentrato sulla gestione delle ripercussioni delle sanzioni occidentali, e un aspetto interessante riguarda il mondo militare. C’è da controllare la garanzia dell’operatività dei suoi hardware di origine russa (circa l’85% dei principali sistemi d’arma indiani).

Ad esempio, sono stati segnalati ritardi nella produzione dei carri armati T-90 e dei fucili d’assalto AK-203, nella fornitura di aggiornamenti per gli aerei e nella fornitura di ricambi per sottomarini ed elicotteri. Tutto conseguenza delle sanzioni occidentali, ragione che ha portato Nuova Delhi a sospendere anche ordinativi riguardanti 48 elicotteri Mi-17 e a interrompere le trattative per 10 Kamov Ka-31.

Contemporaneamente, come dimostrato l’anno scorso durante lo show “Aero India”, il più grande espositore è stato l’Ucraina, che ha (aveva?) in programma di aumentare la cooperazione nel settore della difesa con Nuova Delhi. Ma ci sono chiaramente problemi. Risultato diretto: la guerra blocca la volontà indiana di dotarsi di fregate Classe Tawr e di aggiornare gli aerei da trasporto militare An-32. Entrambi i sistemi sono infatti sviluppati dalla Russia, ma hanno motori di fabbricazione ucraina (le due industrie, nonostante tutto, sono rimaste collegate da linee produttive sovietiche).

Nasce da questo lo stimolo agli sforzi indiani per indigenizzare l’industria della difesa. Una situazione che crea un rafforzamento dell’iniziativa “Aatmanirbhar Bharat” con cui Modi immagina un’India autosufficiente.

Contemporaneamente si creano opportunità per i Paesi occidentali che intendono migliorare il loro impegno strategico con Nuova Delhi, anche se, come ha osservato Aditi Malhotra in un’analisi sugli effetti della guerra in Ucraina, “è improbabile che l’Occidente fornisca all’India le tecnologie di difesa avanzate che la Russia offre prontamente”.

“Per collaborare efficacemente con l’India nella creazione della sua prossima generazione di piattaforme d’arma, i partner occidentali dovranno convincere Nuova Delhi che queste partnership saranno affidabili e durature” ha spiegato Anit Mukherjee, professore associato presso la S. Rajaratnam School of International Studies della Nanyang Technological University di Singapore. “Fortunatamente, la guerra russo-ucraina sta portando alcuni occidentali a riconoscere che l’approfondimento dei legami tecnologici e di difesa con l’India è fondamentale per la loro visione di un futuro ordine mondiale”, ha aggiunto.

Resta da vedere se i politici indiani e occidentali riusciranno a realizzare una visione comune, sebbene alcune potenze occidentali, come la Francia, si siano spinte più avanti di altre, l’impegno con l’India richiederà comunque un salto di qualità. 

Punto di aggancio potrebbe essere la crescente sfida militare posta dalla Cina, che per l’India rappresenta una reale minaccia ai propri confini (diventata palese con gli scontri himalayani del 2020, in cui morirono 20 militari indiani). E la lezione ucraina pesa su queste che la presidenza indiana definisce “mosse espansionistiche” cinesi, tanto quanto sulla necessità di differenziare le catene di approvvigionamento. Anche militari. 

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