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Merkel torna a parlare di Putin. Ecco cos’ha detto

L’ex cancelliera: “Grande errore l’invasione dell’Ucraina, ma se la Russia ora collabora con la Cina non sono sicura che per noi finirà bene”

“Se la Russia ora collabora con la Cina non sono sicura che per noi finirà bene”. Così l’ex cancelliera Angela Merkel, rompendo il silenzio durato cento giorni sull’invasione dell’Ucraina, ha lanciato un sasso nello stagno di analisi e considerazioni. Perché il punto, su cui ha messo parecchi accenti, non verte solo sulla secca e imprescindibile condanna dell’atto russo, ma abbraccia una serie di considerazioni più larghe che, piaccia o meno, Merkel ritiene che l’Occidente debba fare.

Premessa

La premessa del suo ragionamento è che l’aggressione russa all’Ucraina è stato un grave errore, “non ci sono scuse per questa brutale aggressione”, ha detto in un teatro berlinese a chi le chiedeva una lettura critica ma ampia della guerra in corso dallo scorso febbraio. Ha usato espressioni forti e precise, come “barbarica guerra di aggressione” della Russia, o come “profonda rottura” nella storia europea del dopoguerra. Ma è stata quella una fase preliminare obbligata della sua uscita pubblica, la prima sul tema, al fine di sminare il terreno da altre considerazioni che molti analisti stanno facendo sulle strategie europee dal 2014 ad oggi.

No isolamento

Il secondo tempo della sua riflessione è di tipo ovviamente geopolitico e muove i fili sul terreno delle prospettive (che sin dall’invasione dell’Ucraina sono mancate all’Ue). L’ex cancelliera tedesca ha avvertito che isolare la Russia non è possibile a lungo termine per una serie di ragioni legate all’economia, agli scambi commerciali, alle alleanze di oggi e soprattutto di domani. Anche perché nel suo paese circola da tempo la vulgata che la Germania possa diventare il nuovo malato d’Europa alla luce delle conseguenze delle sanzioni imposte alla Russia (si veda alla voce gas e petrolio). Non va però dimenticato che l’ultradipendenza dalle importazioni di energia russe è un dato costruito dalle policies merkeliane, il cui frutto finale si sarebbe dovuto cogliere nel gasdotto Nord Stream 2 (bloccato dagli Usa nell’ambito delle sanzioni).

Comunicazioni interrotte

Anche se da circa sei settimane Putin non risponde più alle chiamate di Merkel, con cui per sua stessa ammissione c’è stato un dialogo nella prima fase della guerra, la cancelliera non ha mai smesso di essere silente ma presente tra i leader coinvolti. Lo dimostra la sua presa di posizione sull’eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato, considerata una mossa equivalente a una “dichiarazione di guerra”. Quando Merkel aggiunge riguardo a Putin che “non posso rimuoverlo dal mondo” dà un’indicazione di massima a Berlino, Washington, Parigi, Londra e Roma con un riferimento al ruolo di Pechino. Che il quadrante su cui muovere le diplomazie sia gioco forza da allargare all’Oriente e al mare cinese meridionale è protofanico, ma ciò si somma al tenore delle analisi apparse sulla stampa tedesca.

Scenari

Il riferimento è al quotidiano richiamo che viene fatto sull’aumento spropositato del costo energetico, con conseguenze drammatiche sulle industrie e sui livelli occupazionali, anche su settori connessi alla produzione tedesca come alcune fette di industria italiana. Inoltre si sta coagulando un fronte contrario all’idea di un’excess profit tax sui players produttori, dopo che il parlamentino di Brema ha richiesto l’introduzione nel Bundesrat di una cosiddetta tassa sugli utili in eccesso. Chi contesta la proposta sostiene che i profitti in eccesso avrebbero anche una funzione utile nell’economia, consentendo l’ingresso sul mercato di nuovi fornitori e quindi un calo dei prezzi.

Ma al di là delle singole tesi macro economiche, lo storytelling teutonico è focalizzato sulle posizioni merkeliane anche come un monito alle prossime mosse del cancelliere Olaf Scholz, che in questi 100 giorni è stato criticato, nell’ordine: da Kiev per il mancato invio di armi all’Ucraina; dall’opposizione interna per una condotta troppo attendista; dalla fazione più pacifista del suo partito, la Spd, per via dei riverberi sociali del Nord Stream 2 chiuso; e infine anche da quei settori produttivi del Paese, vicini al numero uno della Cdu Friedrich Merz, che temono il “lockdown” putiniano sul gas russo verso la Germania. Insomma anche se fino ad oggi la Merkel non ha ufficialmente aperto bocca, le parole di ieri rappresentano una protesi di tesi e suggerimenti che comunque sono ampiamente circolati alle spalle di Scholz, Macron e Draghi.

@FDepalo



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