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Chi chiede ad Apple e Google di rimuovere TikTok dagli app store

L’inchiesta di BuzzFeed ha alzato un polverone negli Stati Uniti, impauriti dallo spionaggio dei dati americani che la Cina effettuerebbe tramite il suo social network. La lettera inviata a Tim Cook e Sundar Pichai dal commissario della Federal Communications Commission potrebbe rimanere inascoltata, ma l’azione politica non si fermerà qui

Il polverone alzato da BuzzFeed, con le 80 intercettazioni che dimostrerebbero come TikTok entri in possesso dei dati degli utenti americani, ha spinto la Federal Communications Commission (Fcc) a scrivere ad Apple e Google. Nella lettera fatta recapitare ai due Ceo, Tim Cook e Sundar Pichai, il commissario Brendan Carr ha espresso tutte le sue preoccupazioni per le attività del social cinese e ha chiesto espressamente di vietarli dagli app store. “È chiaro che TikTok rappresenta un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale” visto lo spionaggio di cui si servirebbe Pechino, scrive nella missiva.

Tra i poteri dell’Fcc non figura quello di chiedere la regolamentazione degli app store, quindi la richiesta sottoscritta dal commissario Carr potrebbe rimanere solo una preoccupazione inascoltata. E, in effetti, come si legge sul WashingtonPost, da parte di Apple e Google non c’è stato alcun commento in merito. TikTok, seppur sorvolando sulla questione, ha invece risposto su quanto emerso giorni fa. La sua posizione però è lontana dall’essere accettata dagli americani, visto che in una mail la portavoce Brooke Oberwetter specifica come l’inchiesta di BuzzFeed dimostrerebbe il contrario di quello che invece è stato recepito. Con quelle registrazioni, sostiene la spokeswoman, la piattaforma mostrerebbe il suo impegno nel voler risolvere i dubbi dei legislatori statunitensi e si dichiarerebbe più che collaborativa nel venirgli incontro.

L’azienda ha contattato diversi esperti per rafforzare i propri sistemi e, soprattutto dopo le tensioni con Washington, ha assicurato come i dati degli utenti americani non usciranno dal confine statunitense. Rimarranno lì, in appositi database. L’accordo con Oracle, mediato dal Committee on Foreign Investment in the United States (Cfius), prevede infatti che i dati rimangano negli USA, dove è stato sviluppato il Project Texas, su cui però il vero controllo cinese è ancora tutto da chiarire. “In effetti”, scrive Carr, “l’affermazione di TikTok secondo cui il 100% del traffico degli utenti statunitensi viene instradato a Oracle non dice nulla su dove è possibile accedere a quei dati”. Per sentirsi davvero sicuri, quei dati dovrebbero essere completamente separati, eliminati dai server cinesi per sfuggire dalla gestione di Pechino. Ma è ancora tutto in divenire.

La presidenza di Joe Biden ha particolarmente a cuore la questione, in quanto crede in un Internet “aperto, interoperabile, affidabile e sicuro, per proteggere i diritti umani online e offline a sostenere un’economia digitale globale e dinamica”. A differenza della Cina, che non condivide “questi valori” e cerca di “sfruttare le tecnologie digitali e i dati degli americani con rischi inaccettabili per la sicurezza nazionale e di far avanzare controlli e interessi autoritari”.

Fin quando non verrà fatta maggiore chiarezza, dunque, l’ansia degli americani non diminuirà e, al contrario, porterà a richieste simili a quella di Carr. Anche se l’amministrazione democratica attuale vede nella Cina la sua più grande rivale – nel lungo termine, visto che adesso la minaccia numero uno è la Russia – sono i repubblicani a pressare di più. In una delle registrazioni pubblicate da BuzzFeed si possono ascoltare funzionari di TikTok affermare che “ogni cosa viene vista in Cina” o che “ha accesso a tutto”. Lunedì, nove senatori repubblicani hanno scritto all’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, per chiedergli di giustificare queste parole e ciò che c’è dietro.

La posizione repubblicana si sposa in pieno con quella adottata – a parole – dall’ex presidente Donald Trump, che ha inserito TikTok all’interno della guerra con la Cina. Nel 2020 ha tentato, con due ordini esecutivi, di bandirlo dagli Stati Uniti.  Ha cercato di vietarlo anche all’esercito americano, sempre per ragioni di sicurezza legate allo spionaggio, ma vista la difficoltà nel trovare nuove reclute tra la generazione Z, i vertici militari hanno adottato il social come retino da pesca.

Ciononostante, non è un caso che a firmare la lettera sia stato Barr, uno dei tre commissari dell’Fcc nominati proprio dal tycoon, il cui mandato scadrà nel 2023. Quando mancherà poco più di un anno alle nuove elezioni e quando, in base ai sondaggi, i repubblicani avranno molto più potere dopo quelle di midterm del prossimo novembre. Quindi, anche se l’invito a rimuovere TikTok dagli app store si limiterà solo a una raccomandazione, la questione rimane politica e sarà sicuramente oggetto di propaganda elettorale nei prossimi mesi.


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