A quasi cinque mesi dall’inizio dell’invasione russa le quotidiane devastazioni e le stragi compiute in Ucraina fanno sempre meno notizia. Eppure la guerra è a una svolta strategica e internazionale. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Buio e silenzio su massacri e distruzioni. L’Ucraina muore ogni giorno di più, incessantemente bombardata e devastata, ma l’invasione scatenata dalla Russia di Vladimir Putin non è più sulle prime pagine della stampa mondiale.
Gas, grano petrolio e tempo rappresentano il poker mediatico strategico che si sovrappone alle news sulle battaglie in corso. Battaglie che infuriano sul fronte meridionale, dove i russi tentano di conquistare la seconda provincia del Donbass, quella di Donetsk, per occupare così l’intero bacino minerario di Sloviansk e Kramatorsk, ma incontrano una crescente resistenza da parte delle forze ucraine, mentre gli sviluppi dell’offensiva sono sempre più strettamente connessi ai contraccolpi internazionali riguardanti le sanzioni contro Mosca e l’arma energetica alla quale il Cremlino sta facendo ricorso per ricattare e dividere l’Europa.
Dopo quasi cinque mesi di guerra si ha l’impressione che nonostante il continuo ricorso ai bombardamenti indiscriminati dell’artiglieria e del lancio di missili contro centri abitati e strutture civili, le forze russe più che proseguire l’avanzata su larga scala, tendano a consolidare le posizioni conquistate. L’analisi dell’intelligence è suffragata da vari elementi politici, economici, strategici e dalle ricognizioni dietro le linee russe. Sul piano politico il piano di interventi di misure economiche che Putin ha presentato alla Duma evidenzia l’urgenza di attuare provvedimenti a sostegno della produzione industriale e dei consumi per far fronte alle conseguenze delle sanzioni. Effetti che condizionano anche la produzione di armamenti e in particolare di missili. Da questo punto di vista il tempo dunque, nonostante i bluff e i proclami di sfida all’Occidente, gioca a svantaggio della Russia.
L’altro elemento economico strategico è quello dell’enorme surplus di gas e petrolio invenduti. Eccedenze che, sempre più ingombranti, continuano ad ammassarsi e che se da un lato provocano inflazione e gravi conseguenze economiche all’Europa, dall’altro azzerano per Mosca le entrate di valuta pregiata in euro e dollari. Entrate non compensabili con i yuan cinesi. Né per motivi di tempo e di costi con gli acquisti di India, Indonesia e altri paesi dell’Asia e del Sud America, come il Brasile, sempre in bilico sul default.
L’unica vera arma energetica in mano ai russi, con la complicità del doppio gioco della Turchia, è quella del grano e della produzione agricola ucraina. Secondo i rilevamenti dei satelliti della Nasa, l’ente spaziale degli Stati Uniti, l’armata russa controlla il 22% della produzione agricola ucraina e nel paese sono andate perdute un terzo delle aree coltivabili, con la conseguenza che quest’anno la produzione di mais scenderà del 54% e quella di girasoli del 40%. L’arma del ricatto del grano penalizza i paesi del terzo mondo e viene cinicamente usata da Putin per provocare nuove ondate migratorie verso l’Europa.
Contro il presidente russo si è levata, come una scomunica, l’autorevole voce del rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt, costretto a fuggire da Mosca e a rifugiarsi prima in Ungheria e poi in Israele per la coraggiosa condanna pubblica della guerra. “Non potevo rimanere in silenzio di fronte a tanta sofferenza umana” ha scritto su Twitter. Una scomunica pesante perché arriva dal capo della conferenza dei rabbini europei e in un Paese, la Russia, che conta quasi un milione di cittadini ebrei. Sul fronte militare, nonostante l’avanzata nel Dombass, l’andamento dell’invasione – sostengono le analisi dell’intelligence britannica e statunitense – è a un punto di svolta perché, come conferma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e attestano soprattutto i rilievi satellitari, i sistemi missilistici di ultima generazione inviate all’Ucraina dagli alleati occidentali stanno provocando ingenti perdite ai russi e consentono di colpire con precisione i loro depositi di armi, le linee di rifornimento, le batterie di artiglieria e missilistiche arretrate ed i carri armati che avanzano.
La prospettiva di una controffensiva ucraina non appare più un’utopia, come si sta verificando nella regione di Kherson, a Verkhnokamianske, Belogorivka e Gryhorivka dove i russi sono stati costretti alla ritirata. Nel silenzio tombale della stampa internazionale la guerra lascia intravedere ancora una lunga serie di colpi di scena. A meno di uno schianto improvviso dell’apparato militare moscovita. Un apparato burocratico senza ideali e motivazioni reali, gettato allo sbaraglio in un conflitto che divora le vite delle giovani generazioni russe. Uno schianto al quale nessuno crede, ma per il quale moltissimi pregano e molti altri si stanno discretamente adoperando.