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Sul tetto al gas occhio agli abbagli. L’alert di Di Taranto

L’economista della Luiss a Formiche.net: imporre un prezzo del metano a Mosca è una misura giusta ma rischia di far impennare ancor di più il prezzo e ingrassare le tasche di Mosca. E poi in Europa ci sono troppi interessi diversi. La via d’uscita è la diversificazione

Si fa presto a dire tetto al gas. Sulla carta, comprare il metano dalla Russia ma solo a un certo prezzo potrebbe essere la madre di tutte le sanzioni, perché toglierebbe a Mosca l’ossigeno senza il quale non può sopravvivere (il caso Gazprom sta lì a dimostrarlo). Ma nella realtà è tutto molto più difficile, più complesso. Per questo, dice a Formiche.net l’economista e storico della Luiss, Giuseppe Di Taranto, bisognerebbe prendere tutto con le molle. E aver bene presente cosa si può fare e cosa invece no.

L’Europa discute di tetto al prezzo del gas importato dalla Russia. A prima vista, una misura sensata?

La misura nel merito è giusta, ma è di complicata applicazione. Il problema non sta solo nel convincere i Paesi membri a sposare il price cap, ma anche sul versante di Gazprom. Accetterà il colosso russo un tetto al prezzo del gas? Difficile, perché ove tale misura riducesse notevolmente gli introiti di Gazprom, quest’ultima non accetterebbe una simile imposizione. Ma c’è un’altra questione.

Ovvero?

Il problema del gas è anche un problema di speculazione. Il prezzo, quotato sulla Borsa di Amsterdam, è sempre quello più alto. Dunque, le contrattazioni private, tra aziende europee e Gazprom finiscono sempre per adeguarsi a quel prezzo, che se sale troppo dà vita alla speculazione. Lo dimostra il fatto che nei primi quattro mesi dell’anno, le entrate russe sono aumentate del 37%, proprio grazie alla risalita del prezzo. Insomma, mettere un tetto potrebbe far impennare ancora il costo del gas.

Però converrà che il price cap è una delle poche sanzioni davvero letali per Mosca…

Lo è. Ma nei fatti, può esserlo meno di quanto si pensi, se il prezzo sale troppo. E a quel punto o compriamo gas o smettiamo di acquistarlo.

Di Taranto, sull’Europa aleggia lo spettro del razionamento. Dobbiamo prepararci?

Difficile dirlo, ad oggi gli stoccaggi italiani sono sotto il 60%, dovremmo arrivare almeno al 90%. Dobbiamo diversificare, comprare gas da altri Paesi, per esempio dall’Algeria. Senza dimenticare mai che molti Paesi fornitori subiscono l’influenza di Mosca.

Come si spiega un’Europa disunita, ancora una volta, dinnanzi alla questione del gas? L’Olanda, la Germania, solo per citarne due…

Ci sono sempre stati interessi diversi, lo abbiamo visto con il Patto di Stabilità. E poi la Russia sta tagliando il gas, ma in modo non omogeneo. Alla Francia l’ha azzerato, alla Germania ridotto del 60%, all’Italia un po’ di meno. Questa è una politica divisiva, che sta dando ahimè i suoi frutti.

Inutile sperare che la Russia vada in default. Tecnicamente lo è, però nella realtà forse no.

Ha detto bene, solo tecnicamente. Ma finché ci sono petrolio e gas da vendere non lo è. La Russia non può fallire perché, faccio un esempio, ha la terza riserva in oro al mondo. Parlare di default tecnico è qualcosa di risibile, parlare di default reale è invece del tutto errato.

Ma allora come se ne esce da questa situazione?

Diversificare i fornitori, attuare la transizione. Nessuno ha la bacchetta magica.

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