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Pos obbligatorio? Abbattere i costi delle commissioni. Parla Musacci (Fipe)

Il vice presidente nazionale dei giovani Confcommercio: “Senza un intervento delle banche, si rischia che i costi delle commissioni – se i pagamenti, come è auspicabile, saranno sempre più attraverso transazioni pos – limitino anche la capacità assunzionale delle imprese”

Il pos per un bicchiere d’acqua. L’obbligo di accettare, da parte degli esercenti, il pagamento con carte di credito e bancomat è in vigore dal 2014. Da giovedì, però, per ogni attività che non dovesse accettare la transazione elettronica, potrebbe scattare una multa. Ma al di là dell’ammenda, quello che preoccupa gli imprenditori sono i costi delle commissioni ritenute dai più “esorbitanti” specie in relazione alle grandi transazioni. Tra i primi a sollevare il problema sono stati i rappresentanti di ristoratori e bar, che fanno capo alla Fipe-Confcommercio. Per chiarire le ripercussioni sulle aziende, abbiamo fatto il punto con Matteo Musacci, vice presidente nazionale dei giovani imprenditori di Confcommercio.

Musacci, cosa non convince gli imprenditori rispetto questo nuovo obbligo?

Una premessa: noi siamo favorevoli ai pagamenti con carte di credito e bancomat. Ma ciò che non possiamo economicamente sostenere sono commissioni elevate, sulle transazioni più esigue così come su quelle più cospicue. Occorre, in questo senso, che si intervenga.

Andiamo con ordine. Per una transazione, a quanto ammonta la commissione?

Dipende dal tipo di strumento che il cliente decide di utilizzare. In generale, con i bancomat la commissione minima per ogni transizione ha un minimo di costo dello 0,50% dell’importo complessivo (ovviamente a carico dell’azienda), mentre con la carta di credito il minimo è di un punto percentuale di commissione sull’intero importo. A questi, vanno sommati i costi relativi al noleggio degli strumenti per accettare il pagamento elettronico.

Fipe ha stipulato una convenzione con Nexi, attraverso cui si azzerano le commissioni per importi di transazione fino a dieci euro.

Sì è un primo passo che abbiamo fatto per i nostri associati, ma non è certamente risolutivo. Il problema andrebbe risolto alla radice.

Dalla politica?

La politica in realtà si è limitata a legiferare, con l’obiettivo di traghettare il nostro Paese al pari degli altri competitor europei. Al tavolo da cui è scaturita questa norma, manca però un interlocutore fondamentale.

Ovvero?

Gli istituti di credito. Sarebbe stato opportuno coinvolgere le banche, tanto più che sono loro a stabilire le percentuali delle commissioni sui singoli importi e in relazione allo strumento di pagamento. Senza un loro intervento, si rischia che i costi delle commissioni – se i pagamenti, come è auspicabile, saranno sempre più attraverso transazioni pos – limitino anche la capacità assunzionale delle imprese. Un esempio pratico: se un ristorante di medie dimensioni (70 coperti) che fattura circa 1,5 milioni all’anno si trova a dover pagare oltre dieci mila euro di commissioni, può trovarsi in grossa difficoltà.

Dunque secondo lei come si potrebbe uscire da questo impasse?

Ci sarebbero almeno due strade. La prima è quella di azzerare le commissioni per tutte le transazioni con importi fino a cento euro. Oppure fissare un tetto massimo a qualsiasi transizione che sia attorno allo 0,5% dell’importo.

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