Un attacco missilistico preventivo, seguito dallo sbarco di migliaia di truppe per prendere Taiwan prima dell’inevitabile reazione americana. È uno degli scenari ipotizzati dal wargame del Center for strategic and international studies che simula il possibile andamento di un conflitto (convenzionale) tra Cina e Usa per Taiwan. La difesa dell’isola è possibile, ma avrebbe costi altissimi per tutti
Al Center for strategic and international studies (Csis) di Washington si sono tenuti una serie di “giochi di guerra” (wargame), vere e proprie simulazioni strategiche articolate e complesse, per testare la capacità degli Stati Uniti e di Taiwan di difendersi da una potenziale invasione cinese dell’isola. Vari scenari si sono susseguiti per un’intera giornata, dimostrando quanto distruttivo potrebbe essere un conflitto per l’isola, con danni inimmaginabili per tutte le parti coinvolte.
L’esercitazione ha coinvolto due squadre, rossa per l’attaccante e blu per i difensori, mappe accurate di Taiwan e dintorni, dadi a venti facce e complessi calcoli al computer. Più che un gioco è sembrata una simulazione di un possibile futuro. Il gioco si è svolto mentre, nel mondo reale, la Cina eseguiva le sue esercitazioni militari intorno a Taiwan, una massiccia dimostrazione di forza a seguito della visita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Taipei.
Giochi di guerra
Il wargame ha simulato tre settimane di combattimenti, dimostrando quanto sarebbe difficile per la Cina lanciare un’invasione anfibia attraverso le cento miglia che separano la sua costa continentale con l’isola. Secondo i risultati del wargame, nelle prime tre settimane di conflitto, la Cina riuscirebbe ad affondare due portaerei statunitensi, attaccare le basi Usa in Giappone e a Guam e a distruggere centinaia di caccia. Ma la situazione per Pechino peggiorerebbe rapidamente.
Dopo aver sbarcato le sue truppe sull’isola e essersi impadronita della parte meridionale dell’isola, la sua flotta anfibia berrebbe rapidamente decimata dalla reazione dei difensori, grazie soprattutto ad attacchi missilistici e dei sottomarini americani e giapponesi. Priva della sua forza di rinforzo, le truppe cinesi sarebbero impossibilitate a conquistare Taipei, rimanendo bloccate ed esposte alla controffensiva Usa.
Una simulazione dettagliata
Il “gioco di guerra” del Csis è stato progettato per essere simile ai sistemi (classificati) usati dal Pentagono per condurre le proprie simulazioni. Lo scenario di guerra ipotizzato parte dal presupposto che la Cina decida di attaccare effettivamente Taiwan e che gli Stati Uniti, che ufficialmente hanno una politica di “ambiguità strategica” sulla difesa militare dell’isola, decidano di intervenire. Il gioco non ha incluso il ruolo potenziale delle armi nucleari. Il conflitto immaginario è ambientato nel 2026 e ogni parte si limita alle capacità militari effettivamente possedute dai vari Paesi nella realtà.
Le squadre muovono le proprie pedine su diverse mappe, da quella della regione indo-pacifica fino a quelle dettagliate di Taiwan, e i computer calcolano tutte le diverse variabili, dalle dimensioni delle piste di atterraggio degli aerei al tempo necessario ai sottomarini per riarmarsi. Il gioco è stato progettato dal Csis insieme a esperti del Massachusetts institute of technology (Mit) e del Naval war college.
Fase 1: Preparare il terreno
Una delle simulazioni, la diciassettesima di una serie di 22, è iniziata con l’ipotesi pessimista (ma possibile) che gli Stati Uniti si ritrovino a gestire contemporaneamente una crisi in Europa, fattore che rallenterebbe l’afflusso di forze nel Pacifico. Anche le difese di Taiwan potrebbero essere rallentate dalle operazioni di infowar e sabotaggio cinesi. In questo scenario, la Cina condurrebbe un attacco aggressivo, sperando di occupare Taiwan nel minor tempo possibile per evitare la risposta americana. La prima fase delle operazioni vedrebbe un’offensiva missilistica contro le basi aeree statunitensi in Giappone e contro i gruppi navali Usa nel Pacifico, distruggendo intere squadriglie di caccia e affondando diverse navi statunitensi, portaerei incluse.
Fase 2: L’invasione
L’invasione vera e propria vedrebbe lo schieramento di un cordone difensivo di navi di superficie cinesi lungo la costa orientale di Taiwan, e un bombardamento delle infrastrutture dell’isola per interferire con il movimento delle truppe di terra di Taiwan. Lo sbarco vero e proprio vedrebbe l’afflusso di circa 22mila militari sulla costa sudorientale dell’isola, da dove comincerebbe la lenta avanzata verso nord, cercando di impadronirsi di un porto o di un campo d’aviazione strategico per i rinforzi ed evitando le città, e la guerriglia urbana che ne conseguirebbe.
Ma col passare dei giorni, lo slancio delle truppe cinesi verrebbe inevitabilmente rallentato dalla geografia dell’isola e dalla reazione dei difensori, permettendo l’arrivo dei rinforzi americani. L’iniziativa inevitabilmente passerebbe agli Usa e ai suoi alleati. Nonostante le perdite iniziali, le forze americane rimarrebbero capaci di bombardare i porti cinesi, eliminare le navi di superficie che bloccano l’isola ed eliminare con successo il punto debole dell’operazione: le navi anfibie di cui Pechino cui ha bisogno per trasportare truppe e rifornimenti a Taiwan.
La difesa è possibile, ma costosa
Per Mark Cancian, consulente senior del Csis e progettista della simulazione, il risultato più importante del wargame è che “gli Stati Uniti e Taiwan possono condurre una difesa di successo dell’isola”. Tuttavia, il costo sarebbe salato, con l’economia di Taiwan praticamente distrutta e le forze armate statunitensi estremamente intaccate dal conflitto, costrette a una ricostruzione che potrebbe richiedere anni e ripercussioni sul proprio potere globale. Ma il bilancio per la Cina potrebbe essere ancora più devastante. Nonostante Pechino sia intenzionata a riunificare Taiwan, considerata una provincia ribelle, senza escludere dell’uso della forza militare, il ricorso a un’invasione è tutt’altro che scontato, viste le difficoltà insormontabili dimostrate anche dalle simulazioni del Csis.
Lezioni Ucraine
Oltre alle oggettive difficoltà, ben presenti anche agli strateghi cinesi, a far riflettere la leadership cinese sulla fattibilità di un’invasione potrebbero essere intervenute anche le inaspettate battute d’arresto della Russia nell’invasione dell’Ucraina. Il timore, tuttavia, è che la lezione appresa dalla Cina possa essere opposta: usare la massima forza possibile rapidamente, decapitare la leadership di Taiwan e procedere ad una rapida occupazione dell’isola.
Anche sulle date possibili per un’operazione le ipotesi sono diverse, con alcuni che indicano il 2027, il centenario della fondazione dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese, come possibile data di invasione. Tuttavia, per Becca Wasser, ricercatrice del Center for a new American security (Cnas) e uno dei partecipanti al wargame, sostiene che “è improbabile che la Cina abbia la capacità di lanciare con successo un’invasione anfibia di Taiwan nel 2027, il che suggerisce che adotterà un altro approccio”, bloccando Taiwan, piegandone l’economia fino alla sottomissione.