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Green deal americano. Cosa c’è e cosa no

Capitol Hill

Focus estremo su ricerca, sviluppo e reshoring. Maxi sovvenzioni per rinnovabili e mobilità elettrica, ma anche compromessi sui combustibili fossili. Tassa sul metano ma non sulla CO2. Ecco le caratteristiche del Green Deal di Biden e le differenze con quelli europei

(Green) deal. Nel maxi-pacchetto approvato domenica dal Senato americano (a poche settimane dalle elezioni midterm, che probabilmente consegneranno il Parlamento al Partito repubblicano) ci sono 370 miliardi di dollari per la transizione ecologica. La svolta mette Washington su un iter ufficiale, parallelo a quello di diversi altri Paesi – tra cui quelli europei – con obiettivi e fondi ben delineati per decarbonizzare.

L’accordo è stato a dir poco sofferto. Dopo gli anni trumpiani, con l’uscita dagli accordi di Parigi, Joe Biden ha fatto inversione di marcia e lavorato per rendere gli Usa un leader – specie nei fora internazionali – nella lotta al cambiamento climatico. Ma la svolta dei democratici Usa ha incontrato molta più resistenza sul fronte domestico, soprattutto a causa di alcuni membri del partito (come Joe Manchin), più conservatori su clima ed energia.

Dopo mesi di contrattazione e una serie di accorgimenti per rispondere alle emergenze del 2022 – inflazione, crisi energetica, crisi sanitaria… – i dem hanno trovato la quadra. I fondi sono meno di quelli originariamente previsti, ma comunque abbastanza da imprimere una direzione e un’accelerazione al processo di transizione. Secondo il leader dem Chuck Schumer, il pacchetto “mette gli Stati Uniti sulla strada di una riduzione delle emissioni di circa il 40% entro il 2030”; altro obiettivo meno ambizioso del 50-52% promesso da Biden.

Occorre ricordare che gli Usa calcolano la riduzione delle emissioni sui valori del 2005, mentre la gran parte dei Paesi occidentali usano il 1990 come riferimento. Va anche considerato che gli statunitensi sono tra i primi emettitori pro capite al mondo. Tra gli analisti del settore esiste un certo consenso sul fatto che questa sia, nonostante tutto e date le contingenze del 2022, una svolta storica. Specie considerando che non sarebbe avvenuto con un Parlamento repubblicano.

COSA C’È NEL PACCHETTO CLIMA

In linea di massima, spiega il MIT Technology Review, si tratta di sovvenzioni, prestiti, appalti federali e crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, la decarbonizzazione di trasporti e altri settori (come l’agricoltura), la diffusione e la produzione di energia pulita. Quest’ultima è uno dei principali punti di spesa circa 30 miliardi di dollari in nuovi crediti d’imposta per la costruzione di progetti eolici, solari e di altre energie pulite.

Altri 60 miliardi di dollari arriveranno sotto forma di incentivi per favorire la rinazionalizzazione (o reshoring) delle catene di produzione dei prodotti green tech necessari per la transizione, l’efficientamento e la produzione domestica di elettricità. In breve, batterie, pannelli solari, pompe di calore. In certi casi, persino soluzioni per prevenire l’inquinamento climatico: si prospetta un ruolo più importante per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs).

Un ulteriore elemento fondamentale sono i quasi 30 miliardi di dollari riservati per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie pulite, che dovrebbero contribuire, in via definitiva, ad abbattere i costi del green tech (come avvenuto coi pannelli solari in Cina) e aumentarne la diffusione. Poi ci sono i 20 miliardi destinati a ridurre le emissioni nel comparto dell’agricoltura, più altri cinque per la conservazione e la riforestazione. E anche alcuni compromessi sui combustibili fossili, in particolare la messa da parte di vaste aree in terra e in mare per progetti di combustibili fossili.

Il pacchetto americano è attento anche alle quattro ruote. Sono previsti, entro certi limiti, 7.500 dollari di credito per chi ne acquista una nuova e 4,000 per l’usato – ma almeno il 50% dei componenti delle batterie di quelle nuove devono essere prodotti o assemblati in Nord America a partire dal 2024. Questo numero aumenterà fino a raggiungere il 100% alla fine del 2028. Infine, ci sono cinque miliardi per gli impianti che producono veicoli elettrici, ibridi o a idrogeno, uno per gli autocarri pesanti, tre per equipaggiare il servizio postale di veicoli a emissioni zero.

COSA NON C’È NEL PACCHETTO CLIMA

Rispetto alle versioni precedenti sono scomparsi i fondi per le linee di trasmissione dell’elettricità, che potrebbe complicare la costruzione di impianti solari ed eolici; generalmente l’investimento nelle smart grid è una delle voci di spesa più imponenti nei piani equivalenti in Ue. Tuttavia, ha spiegato Manchin, ci sono le premesse per una serie di riforme in materia di permessi che renderebbero più facile l’approvazione e la costruzione di grandi progetti energetici – tra cui trasmissione, gasdotti, ccs e centrali elettriche.

L’altra grande assente dal pacchetto Usa è una tassa sulle emissioni di carbonio, misura già in auge da anni nel Vecchio continente (con annesso mercato dei crediti di emissione e piano per imporre la tassa di aggiustamento al confine, o Cbam) e vista da molti economisti come uno dei metodi più efficaci per ridurre le emissioni. C’è una tassa sulle emissioni di metano (gas molto più climalterante della CO2 nel breve periodo), anche se solo oltre certi limiti. E non ci sono nemmeno dei mandati di riduzione delle emissioni che impongano alle aziende (elettriche e non) di ridurre l’inquinamento da carbonio.

CHE IMPATTO AVRÀ SUL CLIMA?

Sia il Repeat Project dell’Università di Princeton sia un’analisi del Rhodium Group stimano che il pacchetto dovrebbe riuscire a centrare l’obiettivo di ridurre le emissioni del 40% entro il 2030. Il secondo studio colloca la forbice tra 31 e 44%, rispetto al 24-35% secondo le politiche attuali. I valori oscillano così tanto perché in mancanza di obiettivi ben definiti è difficile prevedere come reagiranno i cittadini e le imprese alle sovvenzioni del pacchetto, sottolinea MIT TR.

“In breve, l’approvazione [del pacchetto] ci manterrebbe dentro la lotta per il clima e aprirebbe la possibilità che l’azione esecutiva, le politiche dei governi statali e locali e la leadership del settore privato possano farci tagliare il traguardo”, ha dichiarato alla rivista bostoniana la direttrice del Repeat Project, Jesse Jenkins. “Senza questa legge, saremmo irrimediabilmente lontani dai nostri obiettivi climatici”.


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