Il segretario generale del Partito democratico europeo: “Alla base di questo accordo c’è un progetto politico di ampio respiro, destinato ad approdare anche in Europa”. Le priorità? “La costruzione di un’Europa potente e democratica che si opponga alle logiche imperialiste di Putin o della Cina. A Letta dico: il 1994 è finito da un po’…”
“L’alleanza tra Calenda e Renzi rappresenta la vera alternativa europea al bipolarismo stantio e al sovranismo novecentesco”. Il segretario generale del Partito Democratico Europeo, Sandro Gozi, benedice il neonato terzo polo, i cui primi passi fanno ben sperare in una prospettiva programmatica che abbia come priorità “un’Europa potente”. Che dunque si ponga in maniera antitetica alla base programmatica di Giorgia Meloni per la quale “le leggi nazionali dovrebbero prevalere su quelle comunitarie: un modo per distruggere l’Europa”. Il promotore di Renew Europe coltiva grosse aspettative sul progetto centrista, nel quale identifica una forma di continuità “con il nostro progetto a Bruxelles”. Non a caso, sotto i simboli dei due partiti e il nome di Calenda che troneggia nel logo, il terzo polo ha scelto di inserire nel vessillo proprio ‘Renew Europe’.
In un tweet lei ha ripercorso il cammino di Renew Europe, dalla fondazione a oggi, dall’Europa a Roma. Chi, allora, vi sbeffeggiava?
Le voci critiche erano tante. In Italia ricordo benissimo esponenti del Pd che dicevano che avremmo fatto al massimo il ‘Micron’. Anche in Europa c’era l’idea che non si sarebbe mai potuto superare il bipolarismo tra partito socialista e partito popolare. Noi invece, grazie all’alleanza politica tra i democratici del Pde e i liberali dell’Alde oltre all’apporto fondamentale di En Marche!, siamo riusciti a diventare una forza imprescindibile nello scenario europeo. Abbiamo intercettato un vuoto che andava colmato, creando una realtà aperta anche alla società civile, ai conservatori europeisti e agli ecologisti
Il suo giudizio sull’alleanza Renzi-Calenda è chiaro. Ma quanto durerà il terzo polo?
Penso che quella fra Azione e Italia Viva non sia solo un’alleanza elettorale. Alla base di questo accordo c’è un progetto politico di ampio respiro, destinato ad approdare anche in Europa. La prima tappa è quella del 25 settembre. La seconda è il lavoro in parlamento. Senz’altro la terza è quella delle prossime elezioni europee. L’unico approdo possibile di Calenda, comunque, era affianco a Renzi.
Identità di vedute?
E’ innegabile che su alcuni temi ci sia assoluta affinità, a partire da quelli legati allo stato di diritto, la giustizia, l’europeismo marcato. Su questi pilastri penso ci ci siano ottimi presupposti su cui lavorare, intercettando anche un elettorato stanco sia della destra che della sinistra. Calenda e Renzi hanno creato l’alternativa, come è stata ed è Renew Europe, al bipolarismo artificioso e stantio.
Eppure Calenda in prima istanza stipulò un accordo con Letta.
Probabilmente il leader di Azione si è reso conto troppo tardi che in un’accozzaglia come quella che ha messo assieme Letta, sbilanciata sulla sinistra di Bonelli e Fratoianni, non avrebbe mai potuto portare avanti il suo programma. Ma il problema è più di Letta. Il segretario del Pd continua a fare politica con lo specchietto retrovisore. Bisognerebbe che qualcuno dicesse a Letta che il 1994 è finito da un po’.
A suo modo di vedere quale dovrà essere il posizionamento europeo del Terzo Polo?
La priorità deve essere la costruzione di un’Europa potente e democratica che si opponga alle logiche imperialiste di Putin o della Cina. Paese che, a mio giudizio, rappresenta il pericolo più insidioso per l’Occidente. Per tutelare i nostri interessi occorre che l’Europa si consolidi e si affermi con potenza militare, sovrana e digitale. Ma non il sovranismo in salsa meloniana, a cui tanto piace Orban. Un ruolo di primazia dell’Europa lo si otterrà soltanto rafforzando le istituzioni democratiche a partire dal parlamento, superando il diritto di veto e impostando una politica veramente transnazionale.